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Fuoco a Las Vegas durante un festival country

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Erano le 22:30 quando il 64enne, Stephen Paddock, affacciato dal trentaduesimo piano del casinò-hotel di Mandalay Bay ha iniziato a sparare sulla folla che assisteva al concerto del cantante Jason Aldean. Il bilancio attuale è di 50 morti e 500 feriti ma la motivazione del gesto è ancora ignota. Dopo la strage l’assalitore si è ucciso nella stessa camera da cui ha sparato. L'analisi sul comportamento dell’uomo ha rivelato che si era preparato in modo scrupoloso. Probabilmente ha eseguito dei sopralluoghi in precedenza e si è portato dietro molte munizioni arrivando ad imitare tecniche terroristiche. Paddock aveva nella camera d'hotel almeno otto armi da fuoco, così come riportato dalla polizia. Non ci sono altri sospettati in zona ma si è alla ricerca della compagna dell'omicida, Marilou Danely. Dagli ultimi aggiornamenti una donna risulta in stato di fermo e la polizia presume che possa trattarsi proprio della ricercata. E’ la più grande strage negli USA addirittura per numero di feriti superiore anche a quella del night club di Orlando del 2016 dove furono uccise 50 persone e ferite 53. 
 
di Alice Di Domenico
 

Una nuova leva obbligatoria

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La novantesima radunata nazionale degli Alpini tenutasi a Treviso ha fatto da scena al dibattito sulle funzionalità di nuovi servizi di leva civili obbligatori. Una leva obbligatoria nel servizio civile, ma che in futuro potrebbe “essere allargata alle forze armate”. È questa la proposta, dai contorni ancora poco chiari, che arriva dal ministro della Difesa Roberta Pinotti. Impossibile riproporre in Italia la naja, il vecchio servizio militare obbligatorio, archiviata il primo gennaio 2005, ma lo stesso ministro della Difesa Roberta Pinotti, presente alla manifestazione dell'Associazione Nazionale Alpini, ha sottolineato che “la riproposizione di una qualche forma di leva civile declinata in termini di utilizzo dei giovani in ambiti di sicurezza sociale non è un dibattito obsoleto”. Infatti l’argomento è stato toccato da molti candidati in Europa, compreso Macron. Il discorso è stato subito ripreso dal generale Claudio Graziano, per il quale il progetto “potrà essere molto utile” sia come “momento di formazione a servizi come la Protezione Civile” sia come “possibilità in futuro di allargare alle forze armate in caso di bisogno”. Forse però la Pinotti ignora che i giovani prestano già servizio civile gratuito attraverso i vari stage, tirocini, master, specializzazioni negli ospedali, e quant’altro. È davvero il caso di reintrodurre la leva obbligatoria andando ad appesantire una situazione già molto difficile per i giovani nel nostro Paese? “Non ho parlato di leva obbligatoria, ma di un progetto degli Alpini per coinvolgere i giovani al servizio civile universale”, ha poi chiarito successivamente con un tweet la ministra sostenendo di essere stata fraintesa. L’ipotesi di un ritorno a qualche forma di leva obbligatoria è un tema attuale e che vede coinvolti diversi paesi europei come la Francia o la Svezia. In Italia il dibattito continua a suon di cinguettii e di sfuriate politiche come quelle di Salvini spesso utilizzate come mero strumento di propaganda.  

di Daniele Leonardi

Yemen, una guerra dimenticata

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La vita oggi in Yemen è impossibile: acqua corrente ed elettricità scarseggiano, il cibo non si trova. È lungo l’elenco dell’orrore in Yemen: l’82 per cento degli yemeniti ha bisogno di assistenza umanitaria per poter sopravvivere. Oltre 1.000 bambini uccisi nei raid e oltre 740 morti nei combattimenti. Dopo due anni di sanguinosa guerra, lo Yemen sta morendo, non solo di bombardamenti, ma anche di fame. Anche prima della guerra, il 90% degli alimenti di base era importato. Da allora, i sauditi hanno bombardato ogni impianto di produzione alimentare. Non c'è più alcun modo di importare cibo a Sana’a ed in altre aree assediate. Secondo le strutture Onu sul Paese incombe “un grave rischio di carestia”: quasi 7,3 milioni di yemeniti avrebbero bisogno di un urgente aiuto alimentare e oltre 430.000 bambini soffrono di malnutrizione grave. Di fronte a questa situazione ormai insostenibile Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo hanno deciso di scrivere al Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Angelino Alfano per sollecitare un ruolo positivo dell'Italia nella guerra che non si limiti solo a lenti quanto inutili passi diplomatici. Occorre porre fine immediatamente al trasferimento di sistemi militari e munizionamento verso la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, per prevenire ogni rischio di commettere o facilitare serie violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani in Yemen. Sette giorni fa si è svolta una protesta a Sana’a, capitale dello Yemen, fatta da circa 1 milione di persone contro la guerra che Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti stanno conducendo contro di loro da due anni. New York Times e Washington Post non hanno riportato la cosa (tanto meno i giornali e le TV italiane). Gli Stati Uniti forniscono pianificazione, intelligence, spazio aereo e munizioni ai bombardamenti sauditi. Senza il sostegno americano questa guerra non ci sarebbe affatto. Il principale supporto fornito dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita riguarda il materiale militare e le attività di intelligence. Tra il 2011 e il 2015 l’Arabia Saudita è stata il maggior acquirente di armi statunitensi. Questo mercato copre circa il 9,7% delle esportazioni di Washington. Il coinvolgimento degli Usa in Yemen è stato incentivato anche dalla volontà di continuare la guerra al terrore: sul territorio dello Yemen, infatti, sono presenti sia Al-Qaeda che l’Isis.

di Daniele Leonardi

Musica e guerra

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“Se volete conoscere un popolo, dovete ascoltare la sua musica”, così diceva il filosofo greco Platone per indicare il fatto che si può ricostruire la storia politico-militare di un popolo attraverso i suoi canti, la musica, infatti, ha la capacità di unire intere popolazioni sotto un unico stendardo e di contribuire alla formazione di una identità nazionale. Per questo motivo essa è sempre stata fondamentale nelle operazioni militari per spronare i soldati e indurli a aderire totalmente alle cause di un conflitto. Si pensi, ad esempio, alle innumerevoli canzoni e inni nati durante la guerra civile americana, ai canti partigiani o ancora al fatto che durante la seconda guerra i soldati tedeschi dovessero ascoltare la cavalcata delle valchirie per affrontare con impeto il nemico per bombardare una città con adrenalina. Oggi, invece, cosa ascoltano i soldati impegnati sui vari fronti aperti nel mondo? E la musica deve ancora incitare o deve piuttosto aiutare i militari ad evadere dalle brutture della guerra? Purtroppo la musica è ancora il magico strumento grazie al quale un uomo viene spronato a fare carneficine di altri uomini. I testi che prediligono i soldati di oggi sono, infatti, violenti. Si predilige la musica metal, particolarmente aggressiva o il rap di Eminem, energico e veloce.

di Cristiana Basilone

Caso Regeni, la forza dei genitori

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Quattordici mesi dopo l’assassinio di Giulio Regeni, Paola Deffendi, madre del giovane ricercatore, insieme a suo marito Claudio Regeni non si perdono d’animo. Ad oggi mancano degli elementi importanti come i video di vigilanza della metropolitana del Cairo della sera del 25 Gennaio 2016 e le copie del fascicolo processuale dell'indagine egiziana sulla morte di Giulio, che, il 6 dicembre scorso, il procuratore Sadek, durante un incontro con i Regeni, si era impegnato a consegnare a stretto giro. Nonostante tutto i genitori non si abbattono e a testa alta cercano di andare fino in fondo per scoprire la verità. Nel frattempo però hanno avanzato due richieste in particolare. “Non solo chiediamo che il nostro ambasciatore non torni al Cairo ma ci auspichiamo che altri Paesi, europei e non solo, facciano lo stesso”; inoltre lanciano un appello al Papa affinché si ricordi di Giulio quando il prossimo 28 aprile farà un viaggio in Egitto. “Noi siamo sicuri, proprio perché l’abbiamo incontrato, dichiara la madre -riferendosi al Papa- che non potrà in questo viaggio non ricordarsi di Giulio”. Anche l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dice la sua riferendo che “l'impegno deve continuare in tutte le forme possibili, giovandosi dell'esemplare rigorosa e sobria sollecitazione e collaborazione dei familiari di Giulio che accrescono così l'autorità morale di ogni ricerca e iniziativa di parte italiana".

di Alice Di Domenico