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Le strategie di comunicazione di Hamas e Israele

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L'esercito israeliano è considerato la forza armata più avanzata nella comunicazione online, tanto da diventare un caso studio a cui si sono ispirati tutte le altre formazioni militari. Nel 2010 Il Ministero degli Affari Esteri dello Stato di Israele ha investito 15 milioni di dollari nella strategia di comunicazione social dell'esercito, cifra che all'epoca rappresentava un grande investimento. Il risultato ha prodotto una macchina da guerra social che oggi è presente su più di dieci piattaforme e in quattro diverse lingue.  Si contano 3,7 milioni di followers su Facebook e oltre due milioni di seguaci su Twitter. 450.000 iscritti su YouTube e oltre un milione di follower su Instagram. Charlie Garnett ha analizzato per due mesi la presenza su Twitter dell'esercito trovando quattro pillar di comunicazione: 
- I soldati sono mostrati duri da difendere sé stessi e gli israeliani, ma con un cuore tenero. 
- La maggior parte dei video dell'esercito israeliano insiste sulla diversità di genere dell'esercito stesso: tante ragazze in divisa vengono ritratte davanti a degli sfondi romantici, come un tramonto.
- Prima degli ultimi eventi (cioè quando venne analizzato la strategia di comunicazione dell’esercito da Garnett) la Palestina non era molto citata. 
- Il frame della minaccia.
Creare contenuti molto condivisibili per aiutare l'esercito israeliano ad ottener simpatie durante i periodi di pace, cosicché nei tempi di guerra, Israele potrà contare dell’appoggio della rete. Dall’altra parte c’è Hamas, che con l’attacco del 7 ottobre, sembrava voler far cadere Israele in una trappola: sotto la pressione dell’opinione pubblica, Netanyahu non poteva far altro che provocare un’escalation bellica. Tuttavia, nei piani di Hamas, questa risposta poteva avere lo scopo di cambiare l’immagine che avevano gli alleati di Israele. Costruendo bunker sotto gli ospedali, e provocando una risposta su una popolazione civile, avrebbe provocato l’indignazione degli occidentali. Proprio perché Netanyahu gode dell’appoggio di gran parte del mondo occidentale, Hamas aveva bisogno di cambiare la reputation di Israele. La comunicazione di Hamas si basa sulla manipolazione delle persone tramite la paura: una strategia spesso adottata da gruppi terroristici, consistente in video di terrore trasmessi quasi in tempo reale. La comunicazione in streaming di quanto avviene sul campo di battaglia è parte integrante della strategia di attacco. Hamas fa leva sulla paura psicologica sfruttando l'avanzata tecnologia di Israele, trasformando questo grande punto di forza di Israele in un punto di debolezza. Uno degli Stati con più connessione al mondo, con un uso intensivo di smartphone e social, avrebbe sicuramente visto le immagini che arrivano dalle GoPro dei soldati, e ne sarebbe stata influenzata. Clip video dei soldati rigorosamente in verticale, postate su X e Telegram, dato che le altre grandi piattaforme di social network in passato avevano eliminato in modo repentino queste tipologie di video. La questione fondamentale da comprendere è l'obiettivo alla base di questa strategia, cioè il terrore. Se teniamo bene a mente questo, riusciamo a comprendere anche il perché questi video sono diventati virali anche se fake. Infatti, se questi video siano veri oppure no, non è questione così importante. L’importante è influenzare gli utenti. Molti filmati riportavano immagini di altre guerre, tentando di giustificare il loro operato con attacchi subiti che in realtà non erano veri. Se un video è fatto apposta per provocarci indignazione, è molto probabile sia fake. Ma questo non conta, perché ha già provocato una nostra reazione.
Sono dinamiche della guerra moderna che vanno oltre il conflitto israelo-palestinese e non riguardano uno solo degli schieramenti: tutte le parti in causa utilizzano le immagini per raccontare il proprio punto di vista, giustificare le loro azioni, guadagnarsi l'appoggio dell'opinione pubblica mondiale e di un sistema di alleanze; il web, le immagini, le strategie di comunicazione, giocano un ruolo fondamentale nelle dinamiche di un conflitto. Basti pensare che fino a poco anni fa la guerra era sempre stata raccontata da persone terze: durante la Prima guerra mondiale un soldato in possesso di una macchina fotografica poteva finire a giudizio dalla Corte marziale. Oggi la situazione è completamente rovesciata: se spostiamo lo sguardo anche al conflitto in Ucraina, le truppe sono state incoraggiate a pubblicare i contenuti; allo stesso modo i soldati di Hamas indossano una GoPro sui caschi, come parte integranti del loro equipaggiamento. La guerra si combatte non solo a suon di bombe e munizioni, ma anche con immagini e indignazione.  
 
di Daniele Leonardi