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L’insufficiente mediazione politica dell’ONU

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Lo scorso aprile la Russia ha presieduto la presidenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ad ognuno dei 15 Paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, infatti, tocca presiedere il Consiglio per un mese, secondo una normale turnazione alfabetica. 
Sebbene il presidente del Consiglio che presiede le riunioni abbia poca capacità di influenza sullo stesso, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di un "fallimento dell'istituzione", mentre il suo ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha parlato di "schiaffo in faccia alla comunità internazionale". Oltre al danno la beffa: l'ultima volta che la Russia ha avuto la presidenza è stato proprio a febbraio 2022, mese in cui ha lanciato l'invasione dell’Ucraina.
L'Assemblea Generale dell'ONU si è riunita il 2 marzo 2022 per votare la risoluzione di condanna dell'invasione russa dell'Ucraina. I voti a favore della risoluzione sono stati 141; quelli contrari sono stati solo 5: Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del Nord e Siria. Gli astenuti sono stati 35, tra cui i Paesi BRICS. 
I sostenitori dell'Ucraina vorrebbero l’espulsione della Russia dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ma affinché ciò accadesse, sarebbe necessario un voto del Consiglio di sicurezza e quindi anche della Russia, la quale mantiene il diritto veto. Infatti, secondo l’articolo 27 dello statuto, per approvare tutte le questioni che non siano procedurali (questioni relative alla pace alla risoluzione dei conflitti e a sanzioni e persino all'ingresso di paesi dell’ONU) occorrono 9 voti minimi favorevoli, i quali devono includere il favore di tutti e 5 i membri permanenti. 
Quindi il voto contrario di uno di loro diventa implicitamente una sorta di veto. I cinque membri permanenti dell’ONU sono Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina, cioè i cinque vincitori della Seconda guerra mondiale. L’articolo 27 consacra la superiorità di alcuni Stati su tutti gli altri; solo ai cinque membri permanenti spetta stabilire cosa sia una minaccia per la pace, un'aggressione o un atto di conquista. Nello specifico, nell'articolo 27 dello Statuto sono stabilite due diverse maggioranze a seconda dei due tipi di questioni da sottoporre al voto del Consiglio: le questioni procedurali, cioè quelle formali che stabiliscono lo svolgimento della seduta che richiedono il voto favorevole di almeno nove membri tra permanenti e non permanenti; poi ci sono le decisioni su ogni altra questione che richiedono sempre una maggioranza di nove voti, ma che comprenda i voti dei cinque membri permanenti. Il parere contrario di uno dei cinque non può bloccare la deliberazione sul nascere come permetterebbe un vero diritto di veto, ma può comunque annullarla in fase di voto. i membri non permanenti godono però di un simile potere, il cosiddetto veto di blocco, per cui anche se i cinque membri permanenti votano favorevolmente mancherebbero comunque ancora quattro voti per raggiungere la maggioranza di nove, e si eserciterebbe se il fronte di non permanenti si schierasse compatto per un voto contrario. 
Questo diritto di veto svolgerebbe una funzione di prevenzione per impedire che scoppi un conflitto tra i cinque membri permanenti. Eppure, il veto non è servito ad evitare crisi internazionali, anzi: è stato utilizzato per ostacolare la designazione dei segretari generali o per impedire l'ingresso di alcuni Stati nell’ONU. È stato il caso della Repubblica Popolare Cinese, che ricorse al veto per impedire l'ingresso del Bangladesh e di altri Paesi che riconoscevano Taiwan. Un consiglio così strutturato è impossibilitato a prendere provvedimenti in caso di conflitti di dimensioni globali perché in questi conflitti c'è sempre il coinvolgimento di almeno uno dei cinque membri permanenti. L’unico modo sarebbe la sospensione di un Paese dall’Onu, ma bisognerebbe passare dal voto del paese stesso. La Russia mise il proprio veto alla risoluzione che voleva aprire un'indagine sull'incidente della Malaysia Airlines nel Donbass, così come non passò la condanna per l'annessione della Crimea, così come non passarono nel 2011 nel 2012 le risoluzioni contro il regime di Assad in Siria, e ancora prima il veto degli Stati Uniti aveva respinto il riconoscimento del genocidio in Ruanda. 
"La verità è che se uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza è coinvolto in un conflitto armato non c'è nulla che il Consiglio di sicurezza possa fare per fermarlo, perché quello Stato eserciterà il proprio veto come la Russia sta facendo ora sull'Ucraina, come potrebbe fare la Cina su Taiwan e gli americani sull'Afghanistan e l'Iraq", ha dichiarato Andrew Macleod del King's College London's Department of War Studies.
Oggi aderiscono all’ONU 193 Paesi che avrebbero bisogno di un Consiglio di sicurezza più rappresentativo della popolazione mondiale; per farlo occorrerebbe aumentare la rappresentanza africana e dell’America latina, estendere il seggio permanente a Brasile, India e Germania oppure trasformare il seggio francese in un maxi-seggio dell’Unione Europea. Questi difetti di struttura determinano il mal funzionamento della macchina, una struttura che forse aveva senso nel dopoguerra ma che non rispecchia più gli equilibri geopolitici attuali, diventando un organismo sempre meno influente e di fatto sostituto nei suoi compiti dalla Nato. Tuttavia, l’Onu ha ancora un ruolo importante nei servizi di assistenza umanitaria ai profughi, come dimostrato anche a Gaza o attraverso l’UNIFIL (la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite. Il problema è che ha perso il grande ruolo per cui è nata, quello di mediazione la politica internazionale. 
 
di Daniele Leonardi