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Il Servizio Postale Militare durante la prima guerra mondiale

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Nel corso della Prima guerra mondiale, dai diversi fronti europei (orientale, centrale, occidentale), si registrò un movimento  postale di circa quattro miliardi tra lettere e cartoline, spedite da e per il fronte. Scrivere era l’unico mezzo per i milioni di combattenti chiamati a combattere, di avere un contatto con gli affetti più cari. Scrivere significava non morire.
Di conseguenza, il Servizio Postale divenne uno strumento fondamentale per assicurare l’unico legame possibile tra il soldato e la propria famiglia. 
Già dal 1896 il Regio Esercito aveva sviluppato un primo e sperimentale Servizio autonomo di posta militare, che venne ufficialmente costituito nel successivo 28 dicembre 1913, con il Regio Decreto n. 1513, attraverso il quale se ne formalizzava la normativa. 
Una prima riforma del Servizio, a ridosso dell’entrata in guerra dell’Italia, venne applicata il 13 marzo 1915 con il Regio Decreto n. 655. Una Commissione nominata dal Ministero delle Poste e presieduta dal Comm. Emanuele Franco, venne incaricata infatti, di analizzare e rielaborare un nuovo Decreto più aderente alle future, prossime, esigenze belliche. Tra i vari aspetti trattati dal disciplinato, vi era anche l’istituzione di una Direzione Superiore della Posta Militare dipendente dall’Intendenza Generale dell’Esercito. La Direzione venne dotata tre compartimenti: Segreteria e Personale, Movimento e Trasporto di corrispondenza e pacchi, Ragioneria; il personale dipendente, dopo un addestramento mirato e mantenendo il proprio status di civile, venne assimilato al personale in forza all’esercito. Il servizio era sul territorio così articolato: 1 Ufficio presso il Comando Supremo Militare Italiano, 4 Direzioni d’Armata, 4 uffici presso i Comandi delle quattro Armate, 14 uffici di Corpo d’Armata, 41 uffici di Divisione, 1 ufficio presso la Zona Carnia, gli uffici postali sul campo. Per ragioni di carattere geografico, fu impiantato a Bologna l’Ufficio di Concentramento (operativo nello stesso giorno della mobilitazione dell’Esercito, 24 aprile 1915) che si occupava dello smistamento della corrispondenza dall’Italia verso le zone di guerra, a cui venne affiancato, immediatamente dopo, quello di Treviso, che si occupava del flusso inverso; nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, con la conseguente chiusura dell’Ufficio di Treviso,  tutta l’attività postale venne convogliata nelle sede bolognese. Ulteriori distaccamenti per lo smistamento della posta militare, chiamati Uffici di Concentramento secondari, vennero istituiti  ancora a: Bologna, per le missive indirizzate in Svizzera, America o nelle altre nazioni dove erano presenti prigionieri militari italiani; Napoli, per la corrispondenza per la Macedonia; Bari (dopo la chiusura dell’Ufficio di Napoli), per la corrispondenza per l’Albania e la Macedonia; Taranto, per i pacchi destinati in Albania; Genova e Milano.
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, con specifico riferimento alla posta spedita in raccomandata (fino al 31 luglio 1917), sulla stessa veniva impresso un bollo in stampatello “BOLLO NOMINATIVO” con i riferimenti specifici ai reparti militari di appartenenza. Per tale ragione, onde evitare di favorire l’intelligence nemica ad una facile ricostruzione dello scacchiere militare italiano dislocato sul terreno, attraverso la semplice lettura dei bolli, a partire dai primi mesi del 1917, a seguito di una Circolare “Riservatissima” (n. 48300 del 6 luglio 1917), i “BOLLI NOMINATIVI” vennero sostituiti dai “BOLLI NUMERALI”. Successivamente,  dopo il tracollo di Caporetto, dove vennero abbandonati anche ingenti documentazioni e materiali postali, si decise tornare all’utilizzo dei bolli numerali.
La posta ordinaria invece, veniva timbrata negli uffici postali presenti nelle zone di guerra,  attraverso l’applicazione di bolli tondi a due cerchi chiamati “guller”, dove si leggevano solamente la data e la dicitura “Posta Militare”; vennero istituiti degli appositi uffici postali mobili, dotati di propri bolli, che seguivano i reparti militari nei vari spostamenti. Per quanto concerne le forze navali, il timbro assegnato prevedeva anche la dicitura del tipo di nave.     
La corrispondenza prodotta dai soldati infine, poteva essere spedita in franchigia (gratuitamente) attraverso apposite cartoline militari, oppure, così come per le famiglie, utilizzando tariffe agevolate. A tal proposito, l’ingente mole di corrispondenza prodotta, provocò nei primi mesi di guerra, seri problemi di approvvigionamento di cartoline in franchigia, tanto che, le autorità militari autorizzarono l’accettazione di qualsiasi cartoncino riportante il timbro del reparto militare o dell’ufficio postale militare. Talmente copioso era il flusso postale prodotto, in alcuni periodi il numero delle cartoline spedite oscillava addirittura dalle 1.400.000 alle 2.500.000 unità giornaliere, tanto da rendere necessario l’obbligo dell’affrancatura.
La produzione postale gestita e movimentata nel corso della guerra dal servizio di Posta Militare, assicurato da circa 1.100 impiegati civili, inseriti nell’organico militare, fu di: 3.909.753.000 (corrispondenze ordinarie), 30.652.000 (raccomandate), 1.816.800 (assicurate); per un totale complessivo di 3.932.221.800 pezzi lavorati.
Terminata l’esigenza bellica, il servizio venne smobilitato nel 1923. 
 
di Antonio Salvatore