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Le donne in guerra

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La durata della guerra, il suo trasformarsi in un conflitto logorante e l’enorme numero di morti imposero alle economie e alle società delle nazioni belligeranti un radicale cambiamento, che investì ben presto anche il mondo femminile.
Già dal secondo anno di guerra infatti fu necessario sostituire gli uomini inviati al fronte con le donne, le quali si trovarono così a svolgere per la prima volta lavori “maschili” come conduttrice di tram, postine, casellanti e soprattutto, operaie nelle fabbriche, impiego per il quale furono aperte apposite “scuole professionali”.
Anche se l’impiego di tale manodopera suscitò dello scetticismo, questa venne incoraggiata, tramite un’attenta propaganda dal Gen. 
Dallolio, fautore della modernizzazione dell’apparato produttivo italiano, il quale portò la presenza femminile in molte fabbriche a circa il 50% del totale, in un periodo in cui grazie alle commesse belliche, questa si era enormemente accresciuta giungendo, come nel caso della FIAT, a più che decuplicare il numero dei propri operai (da 1.300 a 16.000).
La partecipazione femminile in guerra non si limitò al solo fronte interno: altre donne si arruolarono nel corpo delle infermiere volontarie o “Crocerossine” che prestarono servizio negli ospedali e nei posti di medicazione delle retrovie come fondamentale supporto al Corpo della Sanità Militare.
Importante fu anche il contributo delle “portatrici carniche”, le 250 donne che trasportavano i rifornimenti ai reparti di prima linea, sugli impervi sentieri carnici, fra cui Maria Polzner, la prima donna a ricevere la medaglia d’Oro al Valor militare. 
Dopo la fine della guerra, nel 1919, ottennero in Italia la capacità giuridica.
 
di Antonio Salvatore