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Aldo Moro, dubbi ed enigmi sulle circostanze della sua morte

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Aldo Romeo Luigi Moro nacque a Maglie il 23 settembre 1916, frequentò la facoltà di giurisprudenza a Bari conseguendo il diploma di laurea. Successivamente ha insegnato Filosofia del Diritto in diverse università e intrapreso la carriera giornalistica, fondando il periodico “La Rassegna” nel 1943.
Aldo Moro ha avuto una lunga  carriera politica in Italia. È stato uno dei fondatori della Democrazia Cristiana (DC) e ha ricoperto diversi incarichi chiave. Moro è stato eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel 1948 e ha servito come ministro della Giustizia dal 1959 al 1963. In seguito, è stato eletto presidente del Consiglio dei ministri italiano per cinque volte, servendo in periodi diversi tra il 1963 e il 1976.
La sua politica era caratterizzata da un approccio di compromesso e dialogo, cercando di mediare tra le diverse forze politiche. Moro è particolarmente noto per aver proposto il concetto di "compromesso storico", un tentativo di collaborazione tra la DC e il Partito Comunista Italiano per affrontare le sfide politiche dell'epoca.
 
Il rapimento e l’uccisione
 
Aldo Moro fu rapito a Roma il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse, un gruppo militante di sinistra.
Quel mattino il parlamento avrebbe votato la fiducia al quarto governo di Giulio Andreotti, che per la prima volta avrebbe avuto l'appoggio del Partito comunista italiano. Quattro membri delle Brigate rosse, un'organizzazione terroristica rivoluzionaria, con indosso delle uniformi di piloti Alitalia, tesero un'imboscata al presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e alla sua scorta. Durante la sparatoria i terroristi assassinarono i cinque membri della scorta e sequestrarono il politico per condurlo in un nascondiglio all'interno della capitale. La notizia stravolse il Paese, che spontaneamente scese in piazza a manifestare. L'agguato di via Fani fu definito un'operazione «geometrica» e presenta ancora diversi interrogativi. Durante lo scontro a fuoco i terroristi abbatterono i cinque uomini della scorta senza arrecare alcun danno a Moro, anche se in seguito l'autopsia avrebbe rilevato una ferita alla natica che forse fu prodotta nel corso dell'agguato. La precisione dei colpi fece dubitare del fatto che a manovrare le armi fossero stati dei giovani con scarsissima formazione militare. Dalla prime indagini sembrò emergere che quarantanove dei novantuno spari effettuati provenissero da un'unica arma e fu suggerito che si trattasse di un membro della 'ndrangheta connesso ai servizi segreti. In seguito si chiarì che i quarantanove spari venivano sì dallo stesso tipo di arma, ma da due esemplari diversi. Un testimone affermò anche di aver sentito gridare degli ordini in una lingua straniera e altri dichiararono di aver visto fuggire due uomini a bordo di una moto Honda.
Questo drammatico episodio si svolse nel contesto della strategia della tensione, un periodo caratterizzato dalla violenza politica in Italia negli anni '70, i cosidetti “anni di piombo”. Dopo 55 giorni di prigionia, durante i quali vi furono negoziati complessi e appelli disperati per la sua liberazione, Moro fu tragicamente ucciso il 9 maggio 1978. La sua morte ebbe un impatto profondo sulla politica italiana, generando riflessioni sulle tensioni ideologiche e la sicurezza nazionale.
Il cadavere di Aldo Moro fu trovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa il 9 maggio 1978. La polizia rinvenne il corpo del politico rannicchiato sotto una coperta, con undici proiettili nel cuore.
Il luogo dove fu lasciato era strategico: si trovava a 150 metri dalla sede del Partito comunista e a duecento da quella della Democrazia cristiana, il suo partito. Ancora oggi molti dubbi ed enigmi avvolgono questo omicidio.
 
Cos’erano le Brigate Rosse?
 
Le Brigate Rosse erano un gruppo armato di estrema sinistra attivo in Italia negli anni '70. Fondato nel 1970, il gruppo fu coinvolto in una serie di attacchi, rapimenti e omicidi, principalmente contro figure politiche, forze dell'ordine e uomini d'affari. La loro ideologia era basata su una critica radicale al sistema capitalistico e imperialismo statunitense. Le attività delle Brigate Rosse raggiunsero l'apice tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80.
 
di Jacopo Bacci, Rosa Di Sarno, Beatriz Fagundo, Francesco Fusco, Carmen Parlato, Francesca Pollio.

Il terrorismo anarchico in Italia nell'ultima Relazione al Parlamento

Valutazione attuale:  / 8
Il terrorismo di matrice anarchica è caratterizzato da atti violenti e attentati perpetrati da gruppi o individui che aderiscono all'ideologia anarchica. Queste azioni spesso mirano a destabilizzare l'ordine sociale e politico, con l'uso della violenza come mezzo di protesta.
Questa tipologia di terrorismo si basa sull'opposizione a qualsiasi forma di autorità e governo, cercando di raggiungere obiettivi politici attraverso atti di violenza. Gli anarchici ritengono che la distruzione delle strutture di potere porti a una società più libera e autonoma. Tuttavia, è importante notare che l'anarchismo come filosofia politica non implica necessariamente il sostegno al terrorismo; molti anarchici respingono le tattiche violente.
Il terrorismo di matrice anarchica spesso si manifesta attraverso attacchi dinamitardi, sabotaggi, sequestri, o altri atti di violenza diretta contro istituzioni governative, infrastrutture o simboli del potere. I gruppi anarchici possono essere decentralizzati, rendendo più difficile per le autorità prevedere e prevenire tali attacchi. Le motivazioni possono variare, ma comunemente includono la protesta contro la repressività statale, l'ingiustizia sociale o la difesa di ideali di libertà individuale.
Nell’ ultima Relazione dei Servizi Segreti al Parlamento possiamo leggere che l'attivismo "contro la guerra", strumentalmente alimentato dalla lettura libertaria degli eventi bellici in Ucraina, ha visto gli anarchici impegnati nel riproporre appelli ad attivarsi contro strutture, aziende, istituti bancari ed enti di ricerca, pubblici e privati, riferibili a vario titolo al comparto della difesa e della tecnologia militare, anche mediante circostanziate opere d'individuazione sul territorio dei relativi target da colpire. Significativo, al riguardo, è apparso il plico esplosivo, non deflagrato, inviato il 27 giugno alla sede generale romana di Leonardo S.p.A., rivendicato in rete con esaltazioni alla prassi insurrezionale e con accuse a coloro che si arricchiscono con la guerra.
La lotta alla "repressione" ha, invece, registrato nuovo slancio sulla scia dei diversi pronunciamenti giudiziari emessi nel corso dell'anno a carico di militanti anarchici e, soprattutto, in relazione all'applicazione del regime carcerario del 41bis al leader della Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI) Alfredo Cospito, da ottobre in sciopero della fame.
Oltre a numerosi presidi nei pressi di penitenziari e palazzi giudiziari e cortei in centri cittadini, scanditi, in diverse occasioni, da episodi di vandalismo e momenti di tensione con le Forze dell'ordine, l'evento ha poi dato avvio a una veemente mobilitazione, sostenuta e animata da numerose sigle, italiane ed estere, che si rifanno, per metodiche operative, alla parabola eversivo-terroristica della FAI/FRI. L'eco della "solidarietà rivoluzionaria" per il noto esponente anarchico detenuto in Italia si è, infatti, repentinamente irradiato anche al di fuori dei confini nazionali, con molteplici sortite in vari Paesi europei, in Sud America e negli Stati Uniti.
Uno scenario che ha avvalorato valutazioni d'intelligence circa l'estensione e l'intensità dei collegamenti internazionali anarco-insurrezionalisti in grado di agire da moltiplicatore delle capacità offensive, non solo in conseguenza dell'effetto aggregante e amplificatorio della rete, ma anche grazie alla rilevata mobilità di militanti anarchici da un Paese all'altro in un'ottica di reciproco supporto in occasione d'iniziative propagandistiche e mobilitative, specie lungo l'"asse euro-mediterraneo" dell'anarchismo Spagna-Italia-Grecia, storicamente contraddistinto da importanti contatti d'area. È questo il clima che ha dato spunto all'attentato incendiario compiuto ad Atene, nella notte del 2 dicembre 2022, ai danni dell'autovettura privata di una rappresentante diplomatica italiana, rivendicato in lingua greca sul web, in solidarietà a Cospito, dall'evocativa sigla "Nuclei di Vendetta Carlo Giuliani".
 
di Marina De Angelis, Marco Mariano Di Martino,Francesco Sicignano, Nina Marrone, Alessandro Marone.

La minaccia dei Foreign Fighters in Italia

Valutazione attuale:  / 12
Dall’ultima Relazione dei nostri Servizi Segreti al Parlamento si legge che ancora ad oggi è presente, anche se in maniera residuale, un attivismo online o direttamente sul campo di alcuni “foreign fighters”.
I “foreign fighters” sono tutti coloro che vanno a combattere in un Paese straniero diviso tra parti in conflitto, in nome e per conto di una causa politica, ideologica e religiosa.
Quando si parla di “foreign fighters” non ci si riferisce a uno specifico gruppo di persone: i soldati combattenti cambiano infatti di volta in volta in base al conflitto e alle parti in causa. L’interesse informativo si è quindi focalizzato, come ogni anno, sulla presenza, il rientro e/o il transito di soggetti “a rischio”, inclusi nella “lista consolidata” redatta in ambito di Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo. Il numero complessivo di foreign fighters, a vario titolo connessi con l’Italia, è rimasto sostanzialmente invariato, pari a 146 unità, di cui 61 deceduti e 35 “returnees”.
Il 6 giugno 2022 un’operazione antiterrorismo della polizia di stato ha portato all’arresto di 14 cittadini pakistani facenti parte di una rete con finalità di terrorismo chiamata “Gabar group” attiva tra Italia, Francia, Spagna e Grecia. Tra i membri di spicco della rete figurava anche Zaheer Hassan Mahmood, il terrorista che il 25 settembre del 2020 attaccò l’ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di machete due persone. Il gruppo è risultato molto attivo su fecebook e tiktok dove condivideva foto e video di armi, munizioni e dove gli stessi membri brandivano coltelli e machete, con tanto di minacce nei confronti dei “miscredenti”, istigando a compiere atti di violenza contro infedeli blasfemi. Il punto di riferimento della cellula italiana è risultato essere il 24enne Yassen Tahir già arrestato nel febbraio 2021 dalle autorità francesi.
Le indagini erano state avviate grazie alle informazioni acquisite dal Comparto intelligence su un gruppo di pakistani, alcuni dei quali regolarmente soggiornanti in Italia. I membri sono accomunati da una propensione criminale e dalla matrice estremista islamica barelvi (movimento di orientamento sufi). L’attività ha seguito di pochi mesi un’analoga operazione, condotta nel febbraio 2022 in Spagna, che ha portato all’arresto di cinque cittadini pakistani, anch’essi appartenenti al “Gabar Group”, con l’accusa di apologia del terrorismo e addestramento con finalità di terrorismo.  
 
di Maria Giovanna Aiello, Alice Luna Amitrano, Marta Cinque, Fabiola Fatigati, Chiara Gargiulo, Giuseppe Francesco Punzo, Chiara Ruocco, Filippo Sorrentino.
 

Isis, origine e ascesa del gruppo jihadista

Valutazione attuale:  / 4

ISIS, acronimo di Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, è un’organizzazione terroristica estremista islamica, d’ispirazione salafita, che considera il jihād globale un dovere di ogni musulmano, emersa nei primi anni del 2000 e fondata da Abu Masab al-Zarqawi e da Abu Bakr al-Baghdadi. L’ISIS ha le sue radici nella resistenza irachena post-2003 e nella destabilizzazione della regione. Le cause del suo sviluppo includono tensioni etniche e confessionali in Iraq, l'instabilità in Siria e la crescente polarizzazione tra le comunità sunnite e sciite. La sua ascesa fu accelerata nel 2014 quando conquistò vaste aree in entrambi i paesi, proclamando il 29 giugno del 2014 “califfo” dello Stato Islamico dell’Iraq Abu Bakr al-Baghdadi. La brutalità delle sue azioni e la propaganda online contribuirono al reclutamento di combattenti stranieri. L'ISIS ha attirato l’attenzione per le sue attività violente, come attacchi terroristici. La comunità internazionale ha condannato le azioni dell'ISIS, cercando di contrastare la sua minaccia attraverso varie iniziative di sicurezza. L’ISIS ha attuato strategie brutali, coinvolgendo decine di migliaia di combattenti stranieri e attuando persecuzioni contro minoranze religiose. Le forze internazionali hanno combattuto contro di loro per sconfiggerne l’espansione territoriale. La comunità internazionale ha lavorato insieme per contrastare questa minaccia, ma il problema del terrorismo rimane complesso e in continua evoluzione. La bandiera dello Stato Islamico, finora usata sempre nella sua variante di guerra, è nera, con una scritta bianca in lingua araba tracciata nella parte superiore, sotto alla quale vi è una figura circolare di color bianco con all'interno una scritta nera sempre in lingua araba. La scritta superiore riproduce la prima parte della Shahādah "La ilàha illa Allàh", ossia "Non c'è dio se non Allah". Nel cerchio sottostante figura, partendo dal basso verso l'alto, è riportata la seconda parte dell'attestazione di fede islamica Muḥammad rasùl Allàh, ossia "Maometto è il suo profeta".

di Rosa Di Sarno, Beatriz Fagundo, Francesco Fusco, Carmen Parlato e Francesca Pollio.

Al Qaida, storia e obiettivi

Valutazione attuale:  / 273

Al-Qāʿida (in arabo القاعدة‎, al-qāʿida, "la Base", italianizzata in al-Qaida) è un’ organizzazione internazionale ispirata all’ideologia di Sayyid Qutb e Abd Allah-al Azzam. Fu fondata l'11 agosto 1988 e guidata da Osama bin Laden fino al 2 maggio 2011. È nota per aver pianificato e messo in atto gli attentati dell’ 11 settembre 2001 causando la morte di circa 3000 persone tra cui soccorritori, cittadini, lavoratori e gli stessi terroristi. Al Qaida è stata guidata oltre che dal miliardario saudita Osama bin Laden anche dal medico egiziano Ayman al-Zawairi, appartenente a una famiglia di dotti religiosi e di magistrati. Entrambi sono riferibili all'attivismo ideologico-politico dello shaykh al Azzam. Al-Qāʿida è stata classificata come organizzazione terroristica dal Consiglio di sicurezza delle nazioni unite, dalla NATO, dalla Commissione dell' Unione Europea dal dipartimento di stato degli Stati Uniti e da diversi governi.

 

ORIGINE DEL NOME

Il nome dell'organizzazione deriva dall' arabo qāʿida che significa "fondazione" o "base" e può riferirsi sia a una base militare sia a un database. L'iniziale al- è l'articolo determinativo. In arabo qāʿida bayānāt è il "database", dove la parola bayānāt significa "dati" e la parola qāʿida significa "base". Osama Bin Laden spiegò l'origine del nome in una registrazione di un'intervista concessa al giornalista di Al-jazeeraTaysir Aluni nell'ottobre del 2001.

STORIA

Secondo alcune fonti, al-Qāʿida nacque ai tempi dell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Il terrorista Jamāl al-Faḍl, in un'intervista alla CNS, afferma che al-Qāʿida nacque intorno al 1989. Nonostante gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita fornissero (tramite il Servizio Segreto Militare Pakistano) miliardi di dollari in assistenza ai gruppi ribelli che combattevano l'occupazione sovietica. Dietro la genesi dell'organizzazione si trova una teorizzazione religiosa di ispirazione wahhabita, che col tempo ha raccolto elementi di altre correnti religiose islamiche, appoggiandosi di volta in volta al "clero" locale, come i deobandi  e i talebani, preservando altresì la propria indipendenza.

OBIETTIVI

I suoi atti terroristici si basano su attacchi suicidi e omicidi e fanno ricorso all'uso simultaneo di esplosivi contro differenti obiettivi. Tali attività terroristiche sono sviluppate da uomini che hanno prestato giuramento di fedeltà (in arabo bay’s) a Osama bin Laden o da quanti siano comunque legati ad al-Qāʿida pur senza aver prestato detto giuramento e che non abbiano necessariamente ricevuto uno specifico addestramento in un campo di al-Qāʿida in Afghanistan o in Sudan. Altri campi di addestramento sarebbero stati attivati in Libano, Bosnia, Burkina. Il gruppo di al-Qāʿida predica e organizza da tempo il cosiddetto "jihad islamico ", espressione che va però intesa come attuazione di attacchi terroristici condotti nei confronti di obiettivi occidentali, con l'obiettivo di porre fine all'influenza dei paesi occidentali sui paesi musulmani e con il fine di creare un nuovo califfato islamico. 

di Marina De Angelis, Marco Mariano Di Martino, Nina Marrone, Alessandro Marone.

Boko Haram, la storia e gli attentati in Nigeria

Valutazione attuale:  / 36
Boko Haram è il nome con cui viene comunemente chiamato il movimento estremista islamico diffuso nel nord della Nigeria. È anche noto come Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e il Jihad. Nel 2015 si è alleato con l'Isis, meglio noto come presunto Stato islamico. Il leader di Boko Haram per lungo tempo è stato Abubakar Shekau, morto suicida in uno scontro a fuoco contro i combattenti jihadisti rivali nella provincia dell’ Africa occidentale. Il leader attuale è Abu-Musab al-Barnawi.
Il gruppo affonda le proprie radici religiose nella setta degli Yan Tatsine, attiva negli anni ‘80 nello stato di Kano. Boko Haram si è costituito nel 2002 sotto la guida di Muhammad Yusuf, un imam della moschea di Maiduguri, dotato di grandi capacità oratorie e divenuto in pochi anni molto noto tra la popolazione locale per le sue accese prediche contro la corruzione dei politici.
Il gruppo che opera prevalentemente negli stati del nord-est della Nigeria, è noto per la brutalità delle sue azioni, inclusa la pratica del reclutamento di bambini-soldato. Le attività di Boko Haram hanno causato una grave crisi umanitaria, con milioni di persone sfollate e gravi conseguenze sulla sicurezza nella regione del Sahel. Gli sforzi per contrastare Boko Haram coinvolgono operazioni militari, collaborazione regionale e iniziative per affrontare le cause socio-economiche del conflitto. La comunità internazionale ha espresso preoccupazione e sono stati compiuti sforzi congiunti per affrontare questa minaccia.
Dalla primavera del 2011 si sono susseguiti una serie di attentati a chiese cristiane e a sedi governative. Da allora l’attività terroristica non si è mai arrestata, insanguinando anche la Pasqua 2012 e provocando un ininterrotto stillicidio di vittime. 
 
di Maria Giovanna Aiello, Jacopo Bacci, Fabiola Fatigati, Chiara Gargiulo, Giuseppe Punzo, Chiara Ruocco, Francesco Sicignano, Filippo Sorrentino.
 
 
 
 
 
 

Controffensiva ucraina lenta ma violenta

Valutazione attuale:  / 4

Nelle prime settimane della controffensiva messa in atto dall’Ucraina, i soldati di quest’ultima nazione hanno perso mezzi anche corazzati, tanto che ora si spostano a piedi non con mezzi motorizzati, di conseguenza stando a piedi gli ucraini avanzano più lentamente e infatti sono state conquistate solo 5 delle 60 miglia in cui si dovevano svolgere le varie battaglie. Appunto per questo che ora le perdite ucraine sono diminuite grazie ad un cambiamento strategico basato sull’utilizzo di missili a lungo raggio e artiglieria. Inoltre tra il 15 e il 16 luglio si sono udite delle esplosioni nella regione di Karkiv da parte degli ucraini e a Sebastopoli da parte degli occupanti russi. Dopo l'invasione russa sono stati tantissimi gli sportivi che hanno deciso di difendere concretamente il loro Paese. Tra questi, anche Denys Boreyko, ex campione mondiale e campione europeo juniores di scherma. Boreyko è morto in battaglia il 3 luglio a 34 anni. Il ministro dell’interno ucraino Anton Gerashchenko è stato a comunicarlo, citando la federazione di scherma. «Denys è stato un campione mondiale giovanile ed europeo oltre che un maestro internazionale. Ha fondato il club di scherma Liberte a Dnipro. Intanto droni ucraini sono stati lanciati contro il ponte di Crimea, strategico per il trasporto di truppe russe, causando le solite parole minacciose di Medvedev, il quale definendoli terroristi ha dichiarato: "Quindi è necessario far saltare in aria le loro case e le case dei loro parenti. Cercare ed eliminare i loro complici", ha aggiunto Medvedev, evidenziando la necessità di "distruggere i vertici delle formazioni terroristiche".

di Michele Pio Tremonte

Il piano degli scafisti: uno sbarco fantasma

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Il viaggio della “speranza” finito in tragedia. Migranti partiti dalla Turchia, più precisamente da Cesme, e diretti verso le coste dell’Europa, non sono riusciti a sbarcare tutti sani e salvi. Dopo la strage sono state fermate quattro persone. Il 1 marzo il Gip ha convalidato il fermo per due di loro: un turco di 50 anni e un pakistano di 25 anni; la terza persona è un 17enne, competenza del Tribunale dei Minorenni di Catanzaro e un quarto presunto scafista al momento è irreperibile. Ai 27 cadaveri trovati sulla spiaggia si sono aggiunti quelli trovati in mare che devono ancora essere recuperati, raggiungendo la cifra di 72 morti. I migranti sono stati trovati sulla spiaggia in località "Steccato". Sul posto la Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili del Fuoco, insieme al personale del 118 e della Croce rossa. I corpi dei migranti sono stati recuperati dopo il naufragio avvenuto all'alba, davanti alle coste di Steccato di Cutro, a una ventina di chilometri da Crotone. A circa 200 metri dalla costa erano stati avvistati. A quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, hanno effettuato una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, ha urtato, con ogni probabilità, il basso fondale (una secca) e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, ha cominciato ad imbarcare acqua. Frontex sabato sera non aveva segnalato alcuna situazione di emergenza. Intorno alle 4 di domenica sull’utenza di emergenza 112 era giunta una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale. E’ stato questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si è concretizzata l’esigenza di soccorso per le autorità italiane. Non è molto chiaro il perché della mancanza della Sar, ma è diventato chiaro il motivo dell'assenza di SOS dal barcone: gli scafisti disponevano di un disturbatore di frequenza e non volevano farsi intercettare sperando di allontanarsi dopo lo sbarco. Verso le 4 il barcone è arrivato in prossimità della spiaggia, si è scontrato con la secca e le persone a bordo sono finite in mare. Alle 5:35 è giunta sul posto la prima pattuglia della Guardia costiera, riferendo di numerose persone in stato di ipotermia in spiaggia, trascinate a riva dalla risacca così come alcuni cadaveri. È allora che è scattata l'operazione Sar. Purtroppo troppo tardi per tante persone.
 
di Alessandra Escalona, Ginevra Festa
 

Catastrofico sisma in Turchia

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La responsabile del terremoto in Turchia è la faglia dell’Anatolia orientale. “Il suolo dell’Anatolia si è spostato di almeno 3 metri” così ha riferito il presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) Carlo Doglioni. La faglia sud-est anatolica è “probabilmente arrivata a deformare la costa”, secondo Alessandro Amato, sismologo e direttore del Centro Tsunami dell’Ingv.  Il geologo Mario Tozzi su “La Stampa” ha spiegato come le due placche sono in continuo movimento e sfregano lungo la faglia. “Quando si accumula abbastanza energia le due parti scattano lateralmente una rispetto all’altra, provocando uno spostamento. In questo caso stimato di circa tre metri in orizzontale. Contestualmente in profondità si liberano le onde sismiche che dispiegano in superficie gli effetti più gravi”. Al momento si contano più di 27mila morti. Il terremoto è stato talmente forte che si è sentito addirittura in Islanda. Tutti i paesi che affacciano sul Mediterraneo tra cui l’Italia, la Grecia, la Spagna e tanti altri stati più piccoli europei sono a forte rischio di tsunami. Tra le persone che ancora non sono state ritrovate compaiono volti europei come l’italiano Angelo Zen disperso da quasi 72 ore. Originario di Saronno ma attualmente residente a Martellago in provincia di Venezia, Zen è un consulente e tecnico specializzato in macchinari per l’oreficeria. Tra i dispersi anche un britannico e un cittadino danese scomparso da diversi giorni. Davvero commovente la storia di un ragazzino di 12 anni ritrovato dopo 60 ore sotto le macerie ancora vivo. Nella zona di Hatay la zona più colpita della Turchia, dopo più di due giorni dal terremoto si può ancora vedere l’incendio che ha provocato il sisma.  In seguito al terremoto tutte le nazioni hanno inviato squadre di ricerca e soccorsi. Soprattutto verso la Turchia si è immediatamente messa in moto la macchina della solidarietà e sono stati mandati diversi aiuti. Tuttavia nei confronti della Siria non è stato così. Alcune organizzazioni hanno chiesto a Bruxelles di sospendere le sanzioni almeno per questo periodo affinché si faciliti l'arrivo e la partenza degli aiuti. Questa richiesta però al momento non è stata accolta da Bruxelles.

di Ilaria Orsi, Cristel Russo, Claudia Kroumova

 

Il Metaverso, sviluppi e funzionalità

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Il metaverso è un universo digitale che comprende diverse tecnologie come video, social, realtà virtuale e realtà aumentata. Questo è composto da dati e informazioni, la sua struttura è spazio-temporale ed è composta da lunghezza, larghezza, profondità e tempo: il cyberspazio, sostanzialmente un universo creato e alimentato dalle reti globali di comunicazione. Per poter usare il metaverso si deve avere un avatar, una rappresentazione di sé stessi digitale, proprio come noi questi avatar vivono in una terra chiamata Avaterra. Per accedere al metaverso si ha bisogno di un visore VR (realtà virtuale) che si può acquistare in negozi di tecnologia al prezzo di 450 euro circa.  Esistono più metaversi, tutti con lo stesso scopo di far entrare gli utenti nel modo virtuale. Anche molte aziende stanno utilizzando il metaverso come Nike o Adidas con cui realizzano pubblicità, o per esempio aziende di videogiochi che lo utilizzano per dare un’idea di come sarà il gioco.

di Ginevra Antonelli

 

Zero Calcare in mostra a Milano

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Il 17 dicembre verrà inaugurata a Milano, nella Fabbrica di Vapore, una mostra personale di Zero Calcare dal titolo "Dopo il botto". Il titolo è riferito al post-pandemia, in uno scenario post-apocalittico. 
Michele Rech, 39enne nato a Roma, noto come Zero calcare, è un fumettista molto conosciuto soprattutto tra i ragazzi per via dei suoi tanti lavori che trattano temi quotidiani. Il suo nome deriva da una pubblicità di un detersivo. Il suo primo fumetto “La profezia dell'armadillo” uscito nel 2011, parla di un fumettista disoccupato che viene assillato costantemente da un armadillo gigante e da una sua ex compagna di classe che lo aiuta ad entrare nell’età adulta. Su questo fumetto è stato fatto anche un film da Emanuele Scaringi. Ma questo non è l’unico fumetto ad essere stato trasformato in un film, perché nel 2021, su Netflix, è uscita una serie chiamata “Strappare lungo i bordi”. La serie è un insieme di racconti e aneddoti di Secco e Sarah dalla loro infanzia fino ad ora.
 
di Ginevra Antonelli
 
 

Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado. La storia di Mario Francese

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Francese incominciò la carriera come telescriventista dell’ANSA, successivamente cominciò a collaborare come giornalista e scrisse per il quotidiano La Sicilia di Catania. Nel 1958 venne assunto dall’ufficio stampa dell’assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana e il 30 ottobre dello stesso anno sposò Maria Sagona, con la quale ebbe quattro figli, Giulio, Fabio, Massimo e Giuseppe. Nel frattempo intraprese una collaborazione con il Giornale di Sicilia di Palermo. Nel 1968 si licenziò dalla Regione per lavorare a tempo pieno al giornale, dove si occupò della cronaca giudiziaria, entrando in contatto con gli scottanti temi del fenomeno mafioso. Divenuto giornalista professionista si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell’omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e fu l’unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella. Nelle sue inchieste entrò profondamente nell’analisi dell’organizzazione mafiosa, delle sue spaccature, delle famiglie e dei capi, specie di quella corleonese legata a Luciano Liggio e Totò Riina. Fu un fervente sostenitore dell’ipotesi che quello di Cosimo Cristina fosse un assassinio di mafia. Un certo costruttore, don Peppino Garda, presunto “boss” di Monreale, vendette frettolosamente molti degli edifici, costruiti in via Sciuti in società con Peppino Quartuccio, e si ritirò in eremitaggio. Dalla vendita degli edifici si ricavarono circa cento milioni e questi soldi furono reinvestiti in un latifondo nei pressi del Lago Garcia. Il Garda realizza così un progetto che, nel giro di dieci anni, avrebbe fatto intascare ai clan quasi un terzo dei 17 miliardi stanziati dallo Stato per la costruzione della ”faraonica” diga. Così quando nel 1975, approvato il progetto dell’opera, cominciano le procedure per gli espropri, don Peppino e compagni vanno all’incasso: per i terreni pagati complessivamente due miliardi di lire, con i soldi della Cassa del Mezzogiorno ai nuovi e antichi proprietari, in tutto 240 possidenti, ne incassano diciassette, denaro che in gran parte finisce nelle casseforti mafiose in piccolissima parte agli altri proprietari e agli affittuari. Uno sfregio anche all’impegno di Danilo Dolci, che per la costruzione delle dighe si era battuto. L’affare però non riguarda solo i terreni, ci sono tanti altri soldi da agguantare: subappalti, forniture di cemento, pietrame e quant’altro, posti di lavoro da distribuire, mezzi meccanici da affittare. Un intreccio di appetiti che lascia sul suolo una dozzina di morti e una scia di attentati. Francese indaga, annota e scrive sul Giornale di Sicilia, dove è cronista giudiziario, quel che accade nel territorio, facendo nomi e cognomi; è il primo a farlo ed è ancora il primo a rivelare l’ascesa dei Corleonesi e a chiamare “commissione” il vertice della cupola. Collega anche alcuni morti ammazzati alla guerra nelle cave e uno dei primi delitti eccellenti quello del colonnello Giuseppe Russo nel 1977 a Ficuzza, a controversie per i subappalti. Francese paga con la vita, ad appena 54 anni, il suo coraggio e il suo fiuto di cronista. La sera del 26 gennaio 1979 venne assassinato a colpi di pistola a Palermo da Leoluca Bagarella, davanti a casa sua. Per il suo omicidio sono stati condannati: Totò Riina, Leoluca Bagarella (che sarebbe stato l’esecutore materiale del delitto), Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano. Le motivazioni della condanna nella sentenza d’appello furono: «Il movente dell’omicidio Francese è sicuramente ricollegabile allo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un’approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni ‘70. Il 3 settembre 2002 si suicidò il figlio trentaseienne Giuseppe, che per anni si era dedicato a inchieste sulla ricostruzione dell’omicidio del padre.

di Cristel Russo

Zio Paperone e Walt Disney

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Zio Paperone festeggia 75 anni. Sicuramente è uno dei più celebri personaggi della Disney, sempre pronto a far quadrare i conti e a vessare il simpatico nipote Paperino, poco portato verso il risparmio e verso il lavoro. Paperon de' Paperoni è apparso per la prima volta nel dicembre 1947 nella storia “Il Natale di Paperino sul Monte Orso” di Carl Barks, pubblicata sulla rivista Four Color n° 178 e da quel momento è sempre comparso nelle storie insieme al nipote Paperino.
Il magico mondo della Disney è legato sicuramente al suo creatore: Walter Elias "Walt" Disney. Un animatore, imprenditore, produttore cinematografico, regista e doppiatore statunitense.
Annoverato tra i principali cineasti del XX secolo, co-fondatore, presidente e amministratore delegato della Walt Disney Company, una delle più grandi compagnie al mondo, e riconosciuto come uno dei padri dell'animazione cinematografica, ha inoltre creato Disneyland, il primo di una serie di parchi a tema; è altresì noto per la sua grande abilità nella narrazione di storie, come divo televisivo e uno dei più carismatici artisti del XX secolo nel campo dell'intrattenimento. Con i suoi collaboratori ha creato molti dei più famosi personaggi dei cartoni animati del mondo; uno di questi, Topolino, è secondo molti il suo alter ego.
Detiene il record di Premi Oscar vinti, avendo ricevuto, in 34 anni di carriera, per i suoi cortometraggi e documentari, 59 candidature e 26 premi, di cui 3 onorari e un Premio alla memoria Irving G. Thalberg. Nel 1956 ha vinto il David di Donatello per il miglior produttore straniero per Lilli e il vagabondo. Gli Oscar onorari gli furono assegnati, nel primo caso, per la creazione di Topolino; nel secondo, per Biancaneve e i sette nani, «riconosciuto come un'innovazione cinematografica significativa che ha incantato milioni di persone ed è stato pioniere di una nuova area d'intrattenimento nel campo del cartone animato»; e, infine, «per lo sbalorditivo contributo all'avanzamento dell'uso del sonoro nel cartone animato, grazie alla produzione di Fantasia». Fu candidato per tre volte ai Golden Globes, ma ne ricevette solo due onorari, per Bambi (1942) e Deserto che vive (1953), oltre al Cecil B. DeMille Award nello stesso anno. Otto pellicole da lui prodotte sono state inserite nella Biblioteca del Congresso venendo ritenute «culturalmente, storicamente ed esteticamente significative»: Steamboat Willie, I tre porcellini, Biancaneve e i sette nani, Fantasia, Pinocchio, Bambi, Dumbo e Mary Poppins.
 
di Claudia Kroumova
 

9 novembre 1989-2022, l'anniversario del crollo del muro di Berlino

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La fine della seconda guerra mondiale sancì la divisione della Germania e della stessa città di Berlino in quattro settori controllati da Usa, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica. La divisione inizialmente era solo un segno, poi divenne un controllo armato, poi un filo spinato e infine un muro. Il muro di Berlino (in tedesco Berliner Mauer) fu un sistema di fortificazioni attivo dal 1961 al 1989. Con l'espressione “Muro di Berlino” s'intende, più comunemente, il lungo sistema di recinzione in calcestruzzo armato, lungo 155 km e alto 3,6 metri, che circondò dal 1961 la parte occidentale della città di Berlino, appartenente alla giurisdizione della Germania Ovest, ampia circa 480 km² e comunemente detta Berlino Ovest, per separarla dalla parte orientale della stessa città, divenuta capitale della Germania Est e comunemente detta Berlino Est. Il “Muro” fu considerato il simbolo concreto della cosiddetta cortina di ferro, ovvero l’immaginaria linea di confine tra le zone europee occidentali della NATO e quelle filosovietiche del Patto di Varsavia dell’Europa orientale, esistita durante la guerra fredda. La frontiera tra Berlino Ovest e Berlino Est era fortificata militarmente da due muri paralleli di cemento armato, separati dalla cosiddetta “striscia della morte”, larga alcune decine di metri. Durante questi anni, in accordo con i dati ufficiali, furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR almeno 133 persone mentre cercavano di superare il muro verso Berlino Ovest. In realtà tale cifra non comprendeva i fuggiaschi catturati dalla Germania Est: alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e in seguito assassinate. Nel 1989 erano cambiate tante cose rispetto al 1961: Erich Honecker, leader del partito comunista della Germania est, si era ormai dimesso, e l’intero blocco sovietico vacillava: sarebbe crollato definitivamente nel 1991. Dopo una serie di proteste spontanee dei cittadini di Berlino, il governo della DDR fece un annuncio improvviso: si poteva di nuovo viaggiare liberamente verso la Germania ovest. Il 9 novembre del 1989 i berlinesi accorsero armati di piccone per demolire una volta per tutte l’odiato muro, il cui crollo fu universalmente interpretato come un segno del fatto che la divisione in due blocchi dell’Europa stava definitivamente finendo. La caduta del muro venne accolta festosamente dagli abitanti di Berlino, che si riversarono per le strade della città in quello che probabilmente fu uno dei festeggiamenti spontanei in città più grandi della storia. Il muro venne abbattuto completamente tranne in 6 punti che furono mantenuti come monumenti. Poco meno di un anno più tardi, il 3 ottobre del 1990, la Germania venne definitivamente riunificata, assumendo i connotati che conosciamo oggi di ‘Repubblica Federale di Germania’.   
 
Il ruolo di Giovanni Paolo II nella caduta del muro di Berlino
 
Eletto papa nel 1978, primo straniero e proveniente da un paese oltre la cortina di ferro, Karol Wojtyla si recò in visita nella sua Polonia per ben 3 volte dal 1978 al 1989, sensibilizzando l'opinione pubblica europea e mondiale sulle storture del socialismo reale e diventando uno dei fautori del disgelo tra l’Occidente e l’Oriente europeo. Da ragazzo soffrì molto per le nefandezze naziste e poi per quelle comuniste, e la sua ferma opposizione ai regimi totalitari dell'est Europa ne fece uno dei fattori politici che determinarono il crollo del muro, oltre ad aver ispirato la condotta politica dei governi a far cessare i conflitti e a dedicarsi alla ricostruzione materiale e morale dei propri paesi. Il 23 giugno del 1996 Giovanni Paolo II visitò Berlino, passando sotto la porta di Brandeburgo e ribadendo il proprio dissenso per tutti i regimi.
 
di Ginevra Antonelli, Claudia Kroumova, Ilaria Orsi, Cristel Russo
 

L'autunno caldo e freddo

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In vista dell’autunno, del riscaldamento e dell’aumento delle bollette, l’ex primo ministro del Cremlino Medvedev, si è espresso mandando saluti caldi all’Europa dicendo che il prezzo del gas potrebbe aumentare fino a 5.000 euro a metro cubo. Ovviamente c’è stata una dichiarazione importante anche dal lato occidentale che potrebbe essere anche considerata più allarmante di tutte, cioè quella della candidata alla leadership conservatrice britannica Liz Truss. Quest’ultima ha dichiarato di essere pronta a premere il pulsante nucleare se necessario in caso di elezione alla carica di primo ministro. A proposito di nucleare, dopo 5 mesi dal primo bombardamento della centrale di Zaporizhzhia, c’è il rischio che i reattori di 3° generazione non resistano a missili o colpi d’artiglieria. Fortunatamente la IAEA (agenzia internazionale per l’energia atomica) ha inviato una squadra di tecnici incaricata di impedire un disastro nucleare. Ovviamente i 14 ispettori, tra cui l’italiano Massimo Aparo, sapevano dell’arduo compito e infatti sono stati bloccati a 20 km dalla centrale dai russi. Quest’ultimi hanno subito contrattacchi pesanti da parte dei loro nemici, in particolare quelli più recenti, come lo sfondamento delle prime linee verso Kherson, il bombardamento del quartier generale della flotta russa nel Mar Nero e il bombardamento di una base aerea in Crimea. La Crimea inoltre è la terra più contesa, infatti il presidente Zelensky, ha detto che la guerra finirà con la riconquista della stessa. Il presidente turco Erdogan, il principale mediatore tra le due parti, ha respinto l’annessione illegale di questa “mega piattaforma” nel Mar Nero, chiedendone a Mosca la restituzione, e sostenendo l’integrità territoriale dell’Ucraina, ritenendolo un requisito del diritto internazionale. Come precitato gli ucraini contrattaccano su entrambi i fronti, grazie a dei sistemi d’artiglieria conosciuti e potentissimi, gli M-142 HIMARS. Gli HIMARS sono progettati per distruggere bersagli conr una gittata di 80 km, e gli ucraini li utilizzano non solo per indebolire le postazioni russe ma anche i rifornimenti. Vista la loro potenza e la loro precisione i russi vogliono assicurarsi la loro distruzione, ma secondo fonti britanniche, gli ucraini camuffano camion “esca” normali come sistemi di lanciatori multipli in legno, lasciando coperti i veri sistemi in modo da far sprecare ai russi missili da crociera costosissimi Kalibr, 20 impiegati fino ad ora.

di Michele Pio Tremonte

 

Elezioni in Italia, favorito il centrodestra

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Dall’ultima rilevazione e dall’ultimo chiarimento di Tecnè sono emersi i dati dei sondaggi i quali premiano il centrodestra che sfiora il 50% attestandosi al 49,8%. Questi dati appunto premiano il centrodestra per le sue idee ma dall’altro lato fanno gelare il sangue al Partito Democratico, il quale con l’alleanza con Europa verde, Sinistra Italiana e Più Europa, si attesta al 30%. Inoltre sempre Tecnè evidenzia una crescita di quasi tutto il centrodestra, infatti Forza Italia ha superato il 12%, Fratelli d’Italia tra il 24 e il 25%, al quale viene riconosciuta la coerenza nel fare opposizione dal governo Draghi, mentre la Lega perde ancora qualcosa ma si mantiene tra il 12 e il 13%. Dall’altro lato, nel centrosinistra in particolare nell’alleanza precitata (PD, verdi, e SI, +Europa) non oltrepassa il 30% e decresce soprattutto il PD, infatti ha registrato un – 0,3% e non va oltre il 23%. Il Movimento 5 Stelle ha avuto finalmente una crescita dopo un periodo di negatività nei sondaggi, infatti ha registrato un +0,3% ma non sorpassando Forza Italia, che resta 2 punti più avanti. Il così detto terzo polo (Azione e Italia Viva) oscilla tra il 7 e l’8%. Ovviamente ci sono gli altri partiti che hanno un consenso bassissimo che si attestano al 2,5% facendo una somma di tutti. Tecnè ha inoltre evidenziato dei possibili scenari, nei quali viene evidenziato un possibile governo di centrodestra. Ovviamente ci sono molti dei fattori che determinano i sondaggi, per esempio lo schieramento a proposito della guerra in Ucraina, infatti solo il 9% degli italiani parteggia per i russi l’altro 91% sceglie di stare dalla parte ucraina condannando l’invasione. Altro fattore decisivo è l'Ambiente, infatti in questo periodo si sono visti gli effetti della politica del NO a tutto compreso il nucleare, mentre adesso gli italiani si stanno spostando verso coloro che davvero vogliono fare. Bisogna citare un altro elemento importantissimo. In questo periodo le bollette sono troppo alte, alcune addirittura milionarie o quasi, quindi i cittadini chiedono di stare meglio e vogliono premiare coloro che hanno idee migliori su politiche attive del lavoro, tasse, giustizia, famiglia, sicurezza, servizi, energia, quest’ultimo settore quello più importante secondo praticamente tutti gli intervistati. Negli ultimi mesi sono aumentati anche gli indecisi, mentre sono ancora di più coloro che hanno strappato la tessera elettorale e che sono delusi per la caduta del Governo Draghi e per l’instabilità politica derivata. Bisogna aggiungere il fatto, che dall’estero guardano con attenzione la campagna elettorale, dato che siamo una nazione importante in Europa, al centro del Mediterraneo e insieme a tutta la NATO diamo sostegno all’Ucraina. A proposito della questione Ucraina, l’ex presidente russo Medvedev è intervenuto sulle elezioni scatenando una polemica: “alle urne punite i governi idioti”. A queste parole sono seguite quelle di Letta che ha condannato l'ex presidente russo e la stessa Lega, la quale “deve sciogliere l’accordo con Russia Unita, il partito di Putin”.

di Michele Pio Tremonte

 

Guerra Russia vs Ucraina tra morti e minacce

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Nel 145° giorno della guerra tra Russia e Ucraina lo Stato Maggiore dell’Esercito Ucraino ha diffuso un rapporto sulla situazione. Secondo Kiev sono intorno alle 50.000 le perdite russe tra cui 38.300 morti, 10.000 feriti, 1.684 carri armati, 4000 veicoli corazzati, 846 sistemi d’artiglieria, 15 navi da guerra, 166  missili da crociera distrutti, 220 caccia, 188 elicotteri, e circa 700 droni abbattuti. Intanto, come da copione, l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev è tornato a minacciare, dicendo che se gli ucraini attaccheranno la Crimea per l’intera Ucraina arriverà il giorno del giudizio.  Non solo, la portavoce del ministero degli esteri Zakharova ha proferito parole allarmanti, accusando gli USA , principali fornitori di armamenti a Kiev, di aver aumentato la crisi in Ucraina e di barcollare verso uno scontro militare con la Russia tanto da poter arrivare ad un’escalation nucleare.

di Michele Pio Tremonte

Un progetto in ricordo di Michela Sau

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Il progetto “Un seme per il futuro – In ricordo di Michela Sau”, finanziato dal “Fondo Nazionale per le Politiche Giovanili” nell’ambito dell’iniziativa “Azione ProvincEgiovani” (APG) promossa dall’Unione Province d’Italia (UPI), vede come partner, oltre all’Istituto di studi giuridici internazionali (ISGI-CNR), la Provincia di Frosinone (capofila), Frosinone Formazione e Lavoro – SAV e l’Associazione “We Save the Water”. L’Azione ProvinceEgiovani ha come finalità quello di realizzare interventi in materie di politiche giovanili e di valorizzare strategie e politiche a favore dei giovani, coinvolgendo i diversi livelli istituzionali nonché l’associazionismo giovanile e tutti gli attori che, a vario titolo, si occupano di giovani. Nello specifico il progetto coinvolge 20 giovani dai 14 ai 19 anni provenienti dal mondo della scuola, dalle principali associazioni o dai gruppi giovanili presenti sul territorio provinciale di Frosinone. L’obiettivo del progetto è quello di supportare i giovani e gli operatori coinvolti a compiere scelte informate e consapevoli sull’ambiente, sia a livello pubblico sia nella sfera privata, e di preparare la futura “forza lavoro” ad affrontare le sempre più complesse questioni ambientali. Il progetto si concentra essenzialmente sulle questioni ambientali più rilevanti con un focus particolare su quei temi che ancora oggi trovano poco spazio a livello informativo, ma che interessano direttamente il mondo giovanile. Dopo una prima fase formativa, i giovani saranno coinvolti in attività laboratoriali volte alla creazione di contenuti multimediali e social in materia ambientale. Tutto il materiale prodotto sarà accessibile sul sito del progetto e sarà destinato al mondo della scuola. “Vedere i ragazzi entusiasti – è stato il commento dell’amministratore unico di FFL, Fabrizio Zoli – di partecipare a un progetto rivolto a loro coetanei e per giunta su un tema così sentito dai giovani è motivo di soddisfazione e di orgoglio per la nostra generazione. È anche per questo che, con assoluta disponibilità, abbiamo accolto con convinzione l’indicazione dell’Amministrazione provinciale e del presidente Pompeo di realizzare un progetto diretto ai ragazzi e pensato per la formazione dei giovani come futuri cittadini del mondo. Saranno loro, infatti, i testimoni del cambiamento che auspichiamo si realizzi concretamente in materia ambientale".

di Matilde Orrino 

 

Il discorso di Putin alla parata del 9 maggio

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Nel giorno in cui la Russia commemora la Giornata della Vittoria, il trionfo sovietico sul nazismo e il tributo di oltre 27 milioni di soldati sovietici per combatterlo, il presidente Vladimir Putin interrompe il suo tradizionale discorso per omaggiare, con un minuto di silenzio, i caduti nell'attuale "operazione militare speciale". "Le milizie nel Donbass e l'esercito russo stanno combattendo sulle loro terre che gli eroi della Grande Guerra Patriottica hanno difeso fino alla morte". Il leader del Cremlino ha presentato sin dal primo giorno l'offensiva in Ucraina come una nuova lotta al nazismo. Per indicarne gli obiettivi, ha riesumato la parola "denazificazione" che venne coniata dagli Alleati dopo il crollo del Terzo Reich. Nessun annuncio di "mobilitazione generale", come ipotizzato da funzionari ucraini e britannici, ma smentito da diversi analisti. Nessuna rivendicazione di successi militari in Ucraina o di future annessioni. "Lo scontro con i neonazisti, era inevitabile". Quel "non avevamo altra scelta" diventato un mantra nelle ultime settimane: la Russia aveva richiesto delle garanzie di sicurezza dall'Occidente, ma "la Nato non ha voluto ascoltarci", anzi, era pronta a "un'operazione punitiva nel Donbass" e a "un'invasione dei nostri territori" con Kiev che "invocava l'uso di armi nucleari". "La Russia è stata costretta ad anticipare il colpo. Era l'unica decisione possibile", ribadisce Putin. Ma il momento più inedito è stato quel minuto di silenzio riservato ai caduti nel Donbass, le cui cifre in Russia sono persino coperte da segreto di Stato. Così recita Putin "oggi commemoriamo tutti quelli che combatterono la grande guerra patriottica, inchiniamo la nostra testa di fronte ai martiri di Odessa bruciati, inchiniamo la nostra testa davanti alle vittime dei bombardamenti nel Donbass, inchiniamo la nostra testa di fronte ai morti nei combattimenti nel Donbass". E poi ancora un omaggio alle morti dei soldati, "un grande dolore, una perdita irrecuperabile". E un altro ai feriti: "Mi auguro che stiano meglio". Non basta chiamarla solo operazione militare speciale, anche l'offensiva in Ucraina sta chiedendo il suo tributo di sangue. Non si può più nascondere. Tanto vale commemorarlo. E sublimare quel sacrificio paragonandolo a quello compiuto durante la Seconda guerra mondiale".

di Sofia Orrino  

L'orso soldato

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Chi era l'orso Wojtek? La vicenda dell’orso bruno di origini siriane, distintosi per il sostegno dato alle truppe polacche nel corso della II^ Guerra Mondiale, sino a diventarne autentica mascotte, ha appassionato diversi storici. L'orso distintosi in occasione della battaglia di Montecassino e dei conflitti lungo la Linea Gustav nel centro Italia, avrà a Venafro un monumento che lo ricorderà ed omaggerà. Per la realizzazione del monumento si è prodigato il Centro Studi Politici d’intesa con l'associazione Winterline. Per rendere possibile l’iniziativa è stata avviata una raccolta fondi. Dal progetto si evince la realizzazione di una  statua dell’orso Wojtek ad altezza naturale in un contesto di verde ambientale, in modo da trasmettere alle generazioni future le conoscenze dovute e i messaggi che ne derivano. In breve, la storia dell’orso Wojtek, animale magnifico per quanto seppe fare: di origini siriane, era un orso bruno e venne adottato dalla 22^ Compagnia di rifornimento dell’artiglieria del II° Corpo Polacco comandato dal Gen. Wladyslaw Anders. Durante i preparativi della battaglia di Cassino aiutò a trasportare le casse di proiettili di artiglieria, risultando assai utile e prezioso. Negli anni a venire venne amorevolmente accudito, sino a concludere la propria esistenza circondato dall’affetto di tutti. Al termine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, l'orso venne trasportato nel Berwickshire, in Scozia, insieme a membri della II Armata. Stazionato nel villaggio di Hutton negli Scottish Borders, vicino a Duns, Wojtek divenne ben presto conosciuto tra i civili locali e la stampa. La Polish-Scottish Association lo accettò come membro onorario.  Dopo la smobilitazione della compagnia del 15 novembre 1947 fu deciso di alloggiare Wojtek nello zoo di Edimburgo, dove trascorse il resto dei suoi giorni, visitato spesso da giornalisti ed ex-soldati polacchi, alcuni dei quali gli lanciavano sigarette. Wojtek morì nel dicembre 1963 all'età di 22 anni. All'epoca della sua morte pesava quasi 250 kg ed era lungo oltre 1,8m.

di Matilde e Sofia Orrino

 

Le liriche di Piccirilli nella prima opera di Lorenzo Orrino

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"Mio bel paese natio, credevi tu di dover dare alla luce un figliolo si triste, mentre in te si pasce beato bocciolo fiorente ed odoroso?" Si tratta dell'incipit della poesia "A Cantalupo", scritta nel 1920, da Pompilio Piccirilli. Sabato 12 marzo presso la Sala Consiliare del comune di Cantalupo nel Sannio è stato presentato il volume "Un ragazzo del '99 a Cantalupo nel Sannio - Amando.... Liriche di Pompilio Piccirilli". Il testo nasce dall'idea dell'autore, Lorenzo Orrino, di riproporre al grande pubblico gli scritti, editi nel 1923, di Pompilio Piccirilli, un ufficiale del Regio Esercito Italiano che, nato nel 1899, parteciperà alla prima guerra mondiale, con i gradi di Tenente attribuitigli dall'allora Scuola Militare di Modena, combattendo insieme ai fratelli nelle ore tragiche di Caporetto e poi vittoriose di Vittorio Veneto. Pompilio, ragazzo molisano come tantissimi dell'epoca, partito per il fronte, scriverà delle poesie, dimostrando fin da subito una sensibilità profonda e non comune. Poesie ispirate per i fratelli in guerra, per il suo paese natìo, per i suoi amici d'infanzia morti al fronte, per l'Italia guerreggiante, ma soprattutto per i suoi amori. Questi ultimi contrastati, riconosciuti da Pompilio come fonte essenziale di vita. Amori rincorsi, sognati ma purtroppo, spesso, non ricambiati, generando l'ombra di una malinconica non-esistenza nell'animo del giovane molisano. Alla presentazione sono accorse numerose autorità civili e militari. L'evento è stato inaugurato dal vicesindaco di Cantalupo, Angelo Gianfrancesco, che ha portato i saluti ai presenti. Tra gli ospiti il generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri Luigi Robusto, l'assessore al Turismo e alla Cultura della Regione Molise Vincenzo Cotugno, il Presidente onorario dell’ Associazione Nazionali Alpini di Campobasso, colonnello Mario Capone, il presidente in carica Sebastiano Martelli, la rappresentanza delle Guardie D’onore alle Reali Tombe del Pantheon del Molise Michele Palange, il Presidente sezione Associazione Alpini Roccamandolfi Gaetano Mazzuto, il presidente dell’associazione Nazionale Carabinieri di Isernia Gino Rossi, il presidente della Croce Rossa Italiana Fabio Rea e infine il colonnello Maresca, il capitano Vera e l’associazione combattente Reduci di Cantalupo. Il volume rientra tra gli eventi, autorizzati, dal Ministro della Difesa, all’utilizzo del logo per la ricorrenza del centenario della traslazione del Milite Ignoto. Il testo ha ricevuto il patrocinio dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon di Roma e  quello della Croce Rosse Italiana – Comitato di Isernia. Come da accordi intercorsi con i vertici locali della Croce Rossa, tutti gli utili derivanti dalla vendita del libro saranno devoluti per aiuti in Ucraina.

di Matilde e Sofia Orrino

 

Mattarella bis, riconferma per il presidente uscente

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Il dovere della partecipazione. E' questo uno dei temi forti del discorso d’insediamento che Sergio Mattarella ha pronunciato a Montecitorio, dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica. È un richiamo, quello della partecipazione, coerente con l’idea di Stato-comunità su cui si è speso molto nel primo settennato e che diventa cruciale quando un Paese attraversa un periodo difficile come sta capitando da noi adesso. Basti pensare alla prova di disunità e inconcludenza offerta dalle Camere la settimana scorsa, quando si è trattato di decidere sul suo avvicendamento e, per uscire da uno stallo lacerante, non si è trovata altra soluzione che chiedergli la disponibilità a una riconferma. Mattarella ha accettato puntando i piedi e solo per spirito di servizio. Il capo dello Stato non farà echeggiare alcuna denuncia o ultimatum ai partiti, come capitò invece con Giorgio Napolitano nove anni fa, in coincidenza con l’unico altro bis mai scattato per un inquilino del Colle. Mattarella, per formazione culturale e per indole alla mediazione, preferirà incoraggiare il Parlamento dal quale si aspetta coesione e responsabilità su altri fronti assai delicati per l’Italia in questo momento. Per esempio, l’uscita dalla pandemia, di cui siamo ancora ostaggio sul piano sanitario. E naturalmente toccherà anche la ripartenza economica del Paese attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), offerto dall’Unione europea in base a precise condizioni che l’esecutivo di Mario Draghi è tenuto a rispettare. Il presidente ha ricordato l’ancoraggio dell’Italia all’Europa, che nel prossimo futuro dovrà affrontare diverse criticità, sulle quali dovremo far sentire la nostra voce senza disarmonie. Su tutte la questione Ucraina con il rischio di un conflitto non più soltanto diplomatico ma armato alle porte della Ue.

di Matilde e Sofia Orrino

Russia vs Ucraina, i militari di Putin alle porte di Kiev

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L’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe si intensifica. Nelle ultime ore i militari di Putin hanno iniziato a bombardare la capitale ucraina, Kiev, mentre le truppe di terra sono ormai arrivate alla periferia della città. Putin ha chiesto all'esercito ucraino di disertare e rovesciare il governo, così da prendere il potere.  Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha parlato in Parlamento spiegando che sono pronti 3.400 militari italiani per dare supporto al fianco Est della Nato (non per entrare in guerra sul campo ucraino), e che le sanzioni avranno un impatto sulla nostra economia. Il presidente ucraino Zelensky, in un drammatico messaggio televisivo, ha spiegato che non intende andarsene. Gli Stati Uniti stanno cercando di capire come metterlo in salvo. I russi parlano di successo dopo il primo giorno di operazioni in quanto controllano un aeroporto della capitale, l’Hostomel, dove avviene l’elisbarco di truppe aviotrasportate, inoltre le colonne militari sono già giunte nei sobborghi della capitale. Si combatte a Mariupol e nel Donbass, mentre a Odessa i russi controllano l’aeroporto. La difesa aerea dell’Ucraina appare compromessa, così come le forze aeree del Paese. Il bilancio provvisorio, comunicato da fonti ucraine, parla di almeno 137 morti tra le file ucraine e 800 tra i russi. Mosca non ha fornito alcun dato sulle vittime. Sui numeri non ci sono comunque conferme da fonti indipendenti. Intanto Papa Francesco stamani si è recato all'ambasciata russa presso la Santa Sede in via della Conciliazione a Roma per esprimere la sua preoccupazione per la guerra in Ucraina. Il pontefice è rimasto a colloquio per una mezz'oretta prima di prendersi qualche giorno di riposo per via di un forte e persistente dolore al ginocchio. Ha inoltre indetto una giornata di digiuno per la pace.

di Matilde e Sofia Orrino

Dieci anni dalla tragedia della Concordia

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Costa Concordia. la più grande nave da crociera mai costruita in Italia, il 13 gennaio 2012 urtò le Scole, un gruppo di scogli vicino all'Isola del Giglio, riportando un grosso squarcio lungo circa 70 metri sul lato sinistro. Dopo l'impatto, la navigazione si interruppe bruscamente e la nave si incagliò sul fondale, fino ad affondare parzialmente. La situazione fu aggravata dal forte ritardo con cui fu lanciato l'allarme. Nel naufragio morirono 32 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio, e altre 157 rimasero ferite. Francesco Schettino, comandante della nave, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione, che sta scontando nel carcere di Rebibbia, a Roma. Nei giorni successivi al naufragio le autorità iniziarono a preoccuparsi anche dello svuotamento dei serbatoi della nave, dove c'erano circa 2.400 tonnellate di carburante che rischiavano di causare un ulteriore disastro ambientale. Prima di pensare al recupero del relitto bisognava svuotare i serbatoi senza far fuoriuscire l'olio combustibile. Lo svuotamento ha avuto inizio verso la fine di gennaio e le operazioni sono terminate due mesi dopo, il 24 marzo. L'operazione venne affidata all'associazione di imprese Neri e Smit, che dopo le fasi preparatorie diede ufficialmente il via al pompaggio. In via precauzionale il tratto di mare circostante venne attrezzato con delle panne assorbenti antinquinamento. Le operazioni di rimozione e smaltimento del relitto hanno richiesto diversi anni di lavoro. Tra le fasi più delicate c'è stata quella del “raddrizzamento” della nave, iniziata il 16 dicembre 2013 e terminata dopo 19 ore di lavoro. Il raddrizzamento fu seguito dall'operazione di “refloating” ovvero la riemersione del relitto. La Concordia tornò a galleggiare il 14 luglio del 2014. La nave era stata sollevata e spostata di una trentina di metri grazie a una serie di cassoni applicati lungo i fianchi. Il 23 luglio la nave iniziò il suo ultimo viaggio grazie a due rimorchiatori in direzione di Genova, dove successivamente venne smantellata. Le operazioni di smaltimento si conclusero tre anni dopo, a luglio del 2017.

di Matilde e Sofia Orrino