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Storia militare

1861, l'esercito Italiano a Campobasso (seconda parte)

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Con la breccia di Porta Pia e quindi la presa di Roma da parte dell’Esercito Italiano, il 21 settembre 1870, venne considerato ufficialmente concluso il fenomeno del brigantaggio. La città di Campobasso, dal 1861 fino agli ultimi anni del diciannovesimo secolo, oltre ad essere stata sede del 36° Reggimento Fanteria (Brigata Pistoia), al comando del Col. Gustavo Mazè de la Roche, 1861-62, registrerà, tra i reparti militari impiegati nella lotta al brigantaggio e quelli utilizzati come truppe di presidio le presenze del: C.do della Sotto Zona Militare di Campobasso, C.do della Zona Militare di Campobasso, C.do delle Truppe nella Provincia di Campobasso, 5° Rgt. Fanteria, 29° Rgt. Fanteria, 37° Rgt. Fanteria, 45° Rgt. Fanteria, 50° Rgt. Fanteria, 55° Rgt. Fanteria, Rgt. Lancieri di Milano, Rgt. Lancieri di Montebello, 6° Rgt. Granatieri, distaccamento del 2° Rgt. Granatieri, Btg. della Divisione “Chieti”. A completezza dell’informazione precisiamo che l’altro centro molisano ad essere stato sede di un Reggimento dell’Esercito Italiano è la città di Isernia con il 45° Rgt. Fanteria (Brigata Reggio), 1862-1864. Ma dove furono alloggiati i numerosi soldati transitati nel capoluogo molisano? Tra gli edifici resi disponibili dalla “secolarizzazione” dei beni ecclesiastici, furono individuati e destinati ad acquartieramento di truppe militari: l’ex Convento di Santa Maria delle Grazie, l’ex Convento di Santa Maria dell’Annunziata detto della Pace e l’ex Chiesa della Trinità. Costruito nel 1510 per servire come infermeria a tutta la comunità monastica della provincia minoritica di S. Angelo del Gargano, l’ex Convento di Santa Maria delle Grazie, raso al suolo prima dal terremoto del 26 Luglio 1805 e soppresso poi nel 1809, fu destinato a Caserma nel 1810.
Contiguo alla Caserma chiamata “Delle Grazie” nel 1846 fu inaugurato l’Ospedale Civile e Militare. Legato al quartiere di “Santa Maria delle Grazie” risulta particolarmente interessante, ai fini di questa ricerca, il documento datato 29 Marzo 1896 con cui la Giunta Municipale di Campobasso autorizza il mandato di pagamento di Lire 700.85 occorse per soddisfare la richiesta di lavori per il: «riattamento del selciato delle due scuderie A. e B. del quartiere S. Maria delle Grazie».  Richiesta pervenuta dal Comando del 2° Reggimento “Granatieri di Sardegna”, Distaccamento di Campobasso. Citando il 2° Reggimento “Granatieri di Sardegna” non possiamo non ricordare la figura del compositore Giuseppe Manente, molisano d’adozione dal paese di Guglionesi, dove ancora oggi riposano le sue spoglie mortali. Costruito nel 1589 e più volte soppresso (1806, 1809, 1867), il Convento di Santa Maria dell’Annunziata detto della Pace, venne destinato ed adattato e destinato a Caserma militare dal 1809 al 1880. Durante la Prima Guerra Mondiale (1915-18), la chiesa della Pace fu di nuovo requisita per ospitarvi i prigionieri di guerra. Terminato il conflitto, fu trasformata in deposito per la benzina dal quale, il 21 Marzo 1922, si sviluppò un incendio che distrusse sia la chiesa che il Convento, causando la morte di tre persone.  Il tragico episodio, dal quale nacque poi un contenzioso tra l’autorità ecclesiastica e quella militare, risolto a favore della prima, portò alla restituzione di quello che rimaneva del complesso religioso al Vescovo Mons. Alberto Romita che, a sua volta, lo cedette ai Padri Cappuccini.  Il nuovo Tempio, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, fu consacrato il 10 Ottobre 1931. Tra gli ex edifici religiosi trasformati in Caserme militari, il più importante e più volte oggetto di spinose e serrate trattative tra le autorità civili, religiose e militari è, sicuramente, quello della ex chiesa della Trinità.  Edificata nel 1504 e distrutta dal terremoto del 1805 la chiesa, dopo anni di difficili e tormentati lavori di ricostruzione, nel 1860 venne destinata ad alloggiamento di truppe regolari e deposito militare. 
Dopo circa quarant’anni, in cui l’ex edificio religioso diede albergo a migliaia di soldati italiani, il 31 Dicembre 1899 la chiesa fu riaperta al culto.  L’ultimo arresto nelle sue funzioni nell’esercizio del culto si registra durante la Grande Guerra, dove la Chiesa della Trinità fu adibita ad ospedale militare.  Nel 1927 la Chiesa della Trinità fu elevata a Cattedrale di Campobasso. Relativi alle vicende appena descritte risultano alcuni documenti, tra i quali: un documento del Consiglio Comunale di Campobasso, datato 27 Ottobre 1885, nel quale si dà comunicazione di due note, tra cui, quella del Tenete Generale Comandante della Divisione Militare di Chieti per il rinnovo del contratto per l’occupazione della Caserma della trinità: Il Presidente comunica al Consiglio una lettera del Comandante della Divisione Militare di Chieti in data 6 ottobre 1885 N° 4369, con la quale viene si giustificato a questo Municipio che il numero limitato dei militari attualmente acquartierati nella Caserma Trinità, dipende dal fatto che sono sotto le armi due sole Classi di Leva, ma quando con Novembre e Dicembre prossimo venturo sarà chiamata alle armi la Classe 1865, aumenterà la forza di questo Presidio e quindi la detta Caserma verrà occupata completamente. Ne sarebbe possibile riunire nel quartiere occupato dal Distretto le compagnie di Battaglione di Fanteria, non avendo il Distretto che i locali sufficienti per la chiamata delle Classi sotto le armi, eventualità non prevedibile a tempo fisso, ma che potrebbe succedere all’improvviso, ed è questo lo scopo pel quale a tutti i distretti sono assegnati locali esuberanti ai bisogni ordinari. Ne sarebbe conveniente sotto l’aspetto igienico, di discipline e di servizio, tenere senza una indeclinabile necessità la truppa permanentemente alloggiata in baracconi di legno. Per tali considerazioni il Sig. Comandante la Divisione Militare di Chieti dichiara non essere possibile dar corso favorevole alla richiesta di restituire a quest’Amm.ne Com.le il quartiere della Trinità.
Altro documento meritevole di attenzione è quello del Consiglio Comunale di Campobasso, datato 28 Novembre 1882, con il quale il Consiglio rinnova all’unanimità, per alzata di mano, al Genio Militare, il fitto dell’ex chiesa della Trinità per un ulteriore anno.  Il fitto, che ammontava a Lire 450, sarà l’ultimo stipulato e avrà la sua scadenza il 31 Dicembre 1893. Altresì interessante è, infine, un documento stilato dal Vescovo di Boiano, Mons. Francesco Maccarone, in data 26 Ottobre 1893, ed indirizzato al Prefetto della Provincia di Molise Comm. Luigi Vandiol, al quale il religioso chiese la restituzione della chiesa della Trinità: Campobasso aveva la sua chiesa intitolata alla SSma Trinità edificata nel centro della città, assai ampia e rispondente ai bisogni del popolo, ricostruita dal Comune dopo il terremoto del 1805 mediante dazio appositamente imposto sul pesce fresco e salato, dazio che si sta pagando dai cittadini di Campobasso dal 1825, e che in progresso di tempo è stato aumentato, massime poi al presente. Questo cespite di entrata è destinato unicamente alla chiesa, e non può essere altrimenti investito. Verso l’anno 1860 la chiesa in dissesto fu occupata dalle milizie mobili del Regio Esercito quivi convenute per la repressione del brigantaggio; ma cessato il bisogno, anziché restituirli al culto, continua a rimanere a disposizione dell’autorità militare la quale ne serve per pochi giorni all’anno in occasione della chiamata della leva, mentre per tale bisogno qualunque altro locale, agevole a trovarsi in detta città sarebbe acconcio. […] S. V. Illustrissima a trovar modo come provvedere altri locali per uso eventuali della truppa e contemporaneamente disporre che la chiesa della SSma Trinità mi sia nel più breve tempo possibile restituita libera e vuota: facendomi però salvo il diritto di prendere dal Comune l’adempimento dell’obbligo che esso ha di ripristinare al culto la detta chiesa mediante tutte le necessarie riparazioni occorrenti.
 
di Antonio Salvatore
 

Storia del Distretto Militare di Campobasso (ottava parte)

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Non possiamo, a questo punto, non citare brevemente la figura dell’eroe molisano  di Oratino, Attilio Brunetti, che nel 1943 era inquadrato proprio nella Divisione “Arezzo”, di stanza in Albania. Passato, dopo l’8 Settembre, nella formazione partigiana della banda della Maiella, diretta da Ettore Troilo prima e nella 2°compagnia commando  del II  Corpo d’Armata polacco  comandata dal Generale Wadislaw Anders poi, il 14 Luglio 1944, a seguito di un’azione di guerra, Attilio Brunetti verrà insignito (cosa estremamente rara) sia della Croce dei Valorosi dell’Esercito polacco che della Medaglia d’Oro al Valor Militare.Tornando alle vicende della Caserma “G. Pepe”, ci riportiamo al 16 Giugno 1923, quando la Caserma   fu   oggetto   della   visita   di   Italo   Balbo   il   quale,   di   ritorno   da   Bonefro   per   la   festa   del Gagliardetto, si recò a Campobasso  dove, oltre alla visita  al quartiere  militare,  consumò il pranzo presso il Grand Hotel Del Greco. Sciolto il 226° Reggimento, Campobasso, nel 1927, divenne sede della Scuola Reclutamento Ufficiali di Complemento del IX Corpo d’Armata e per questo furono realizzate anche delle scuderie in C.da Vazzieri. L’istituzione della scuola, un vero e proprio vanto non solo per la città di Campobasso ma per l’intero Molise, venne suggellata anche con la realizzazione di una cartolina celebrativa in cui erano raffigurati: la Caserma “G. Pepe”, il Castello Monforte, ed in primo piano la personificazione dell’Italia indicante la fiaccola simbolo dell’amor patrio “alere fiammam”. L’addestramento degli Allievi Ufficiali di Complemento presso il XII Battaglione d’Istruzione, ebbe inizio con il primo corso dall’Agosto 1927 al Gennaio 1928, l’ultimo corso, invece, si svolse fino al Giugno 1943.Oltre ad una foto del 1931, che ritrae uno schieramento di allievi ufficiali dinanzi la Prefettura di Campobasso in occasione della seconda visita in Molise del Re Vittorio Emanuele III, giunto nel capoluogo per l’inaugurazione del Monumento ai Caduti e dell’Istituto Tecnico “Leopoldo Pilla” ed un paio di belle foto dell’interno della struttura militare, di quegli anni della Caserma “G. Pepe” non è stato possibile recuperare ulteriore documentazione. Nubi grigie intanto si addenseranno sui cieli d’Europa, nubi di guerra.
 
di Antonio Salvatore
 

1861, l'esercito italiano a Campobasso

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La presenza di reparti dell’Esercito Italiano a Campobasso ed in Molise risale, ovviamente, a partire dal 1861, anno della proclamazione dell’Unità d’Italia (17 Marzo 1861), allorquando, diversi contingenti militari vennero inviati nelle regioni meridionali d’Italia per combattere quel fenomeno che verrà definito “brigantaggio post unitario”, fenomeno che, ancora oggi, risulta essere una ferita non del tutto sanata o forse non del tutto pacatamente analizzata e studiata. Nato dalla fusione della “Armata Sarda” con gli altri eserciti operativi degli altri Stati preunitari, il Regio Esercito Italiano vide compiuta la sua denominazione il 4 Maggio 1861 con la nota n. 76 in cui il Ministro Manfredi Fanti: «rende noto a tutte le Autorità, Corpi ed uffici Militari che d’ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l’antica denominazione di “Armata Sarda”». La presenza militare nel Meridione, all’indomani della proclamazione dell’Unità d’Italia, era di circa 20.000 uomini, costituenti il VI Corpo d’Armata che, al comando del Generale Giovanni Durando, erano per lo più schierati nella città di Napoli e nei capoluoghi di provincia. La delicata situazione politica internazionale suggeriva una forte presenza armata lungo il fiume Mincio, confine naturale con l’Impero Austro-Ungarico e, pertanto, questa situazione si rifletteva in una debole presenza dell’esercito nelle altre regioni italiane e soprattutto in quelle meridionali, la cui difesa era affidata principalmente alla Guardia Nazionale, che spesso risultava ancora male organizzata. La situazione nel Meridione però, era tutt’altro che tranquilla, infatti, ai problemi di natura economica, politica, sociale e non di meno militare, legato al non controllo di migliaia di soldati sbandati del disciolto esercito borbonico, si aggiunse l’introduzione da parte del Governo di nuove leggi e soprattutto nuove tasse molto gravose per le fasce più deboli della popolazione, rendendola così ancor più insofferente. Così, alle già operative formazioni armate nate come “reazione” nel 1860 si aggiungono, nel 1861, numerose bande, che non riconoscendo la legittimità e l’autorità del nuovo Governo Italiano, si scontrano ripetutamente con le truppe regolare e a cui seguì una risposta politico militare fortemente repressiva. Il fenomeno porterà ad una escalation di violenza che culminerà con la promulgazione di provvedimenti legislativi eccezionali e la proclamazione ovunque dello stato d’assedio. Nel 1863 per la “guerra” al brigantaggio saranno impiegati circa 120.000 uomini dell’Esercito Italiano di cui: 52 reggimenti di fanteria, 6 reggimenti granatieri, 5 reggimenti di cavalleria, 19 battaglioni di Bersaglieri, verrà rinforzata la Guardia Nazionale e aumentati i reparti di Carabinieri. Ovviamente, anche il Molise, tra le provincie meridionali fortemente filo borboniche, così come riportato dalla prima pagina di uno dei più importanti giornali dell’epoca: «Campobasso capoluogo della provincia di Molise, centro della reazione borbonica», sarà  teatro di violenze e scontri armati tra briganti e truppe regolari e dove non di rado si avvicenderanno “occupazioni” e “liberazioni” di borghi e paesi. La città di Campobasso, in qualità di capoluogo della Provincia di Molise e soprattutto come sede delle Carceri Giudiziarie, sarà testimone del passaggio di numerosi reparti militari che nella stessa città insedieranno la loro base logistica e di comando. Di particolare interesse sono le memorie di un giovane ed erudito ufficiale del 36° Reggimento Fanteria. Angiolo De Witt, a cui il 17 Luglio 1862 venne dato l’ordine di condurre a Campobasso circa 600 sbandati, come abbiamo visto così erano chiamati i soldati del disciolto Esercito Borbonico. Il De Witt così commenta: Cammina, cammina eravamo presso al termine della seconda ed ultima tappa, e   Campobasso, luogo della nostra nuova destinazione, si preannunziava a noi coi suoi vigneti e con i radi casini di campagna, che ci appari,vano e sparivano con tarda vicenda. Avvertimmo in lontananza un attruppamento di persone che ci veniva incontro, le vedette mi mandarono a dire per mezzo di un soldato, che venne a noi a passo di corsa, essere alle viste un distaccamento di truppa regolare, io supponi che cosa poteva essere, e fatto fare alto all'avanguardia, mandai un altro soldato al capitano per informarlo dell'incontro; infatti il grosso del battaglione in pochi minuti ci raggiunse per formare con noi una sola colonna su quattro righe. Dopo brevi istanti giunse al nostro orecchio il suono di una fanfara militare che si partiva da quel drappello, il quale pervenuto ad incontrarsi con noi riconoscemmo essere un mezzo battaglione del 36° nostro reggimento in testa al quale erano lo stesso colonnello e molti ufficiali. In mezzo degli evviva all'Italia ed al Re fu fatto delle due colonne una schiera sola, ed al suono della bella gi gu gi entrammo in Campobasso alle ore 7 di sera.[…] Pochi curiosi di quella città erano a vederci arrivare, e quei pochi ci dimostravano la più fredda indifferenza, eppure eravamo andati colaggiù per difendere le loro persone ed i loro averi molto pericolanti […]. Queste memorie ci restituiscono anche uno spaccato di come si presentava la città di Campobasso in quegli anni. Del resto, Campobasso è una città di circa diecimila anime, a sufficienza commerciale, e però provveduta di comodi alberghi, di caffè, e di vari fondachi, cose tutte, che rendono quel soggiorno preferibile a molte altre località del napoletano. Eranvi, in quell'epoca, un tribunale, una prefettura, una collegiata, molti conventi, un avanzo di fortilizio, ed un capace nonché ben costruito stabilimento penitenziario, munito di ponte levatojo, e di profondi fossi all'intorno, e diviso in quattro sezioni bastionate, dalle alte vette delle quali, con poche sentinelle potevansi sorvegliare tutte le aree esterne, dove allora si ammucchiava una folla di circa millecinquecento detenuti, fra briganti, manutengoli e reazionari. Dallo scritto di Angiolo De Witt infine, è rintracciabile anche l’aspetto sociologico, quasi “classista” degli Ufficiali dell’epoca infatti, nel raccontare un episodio accaduto a Colletorto tra una Compagnia di Fanteria e la popolazione locale, è interessante notare come l’autore epiteti con la parola “cafoni” gli abitanti del paese e utilizzi l’aggettivo “italiani” esclusivamente per i soldati.  Il colto Ufficiale però, non poteva immaginare che duemila anni prima, proprio gli avi di quei “cafoni” avevano dato vita e significato alla parola “Italia”. Con la breccia di Porta Pia e quindi la presa di Roma da parte dell’Esercito Italiano, il 21 settembre 1870, venne considerato ufficialmente concluso il fenomeno del brigantaggio.
 
di Antonio Salvatore
 

Storia del Distretto Militare di Campobasso (settima parte)

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L’edificio scolastico,   requisito ed adibito  ad   Ospedale Militare e   diretto   dal Maggiore Medico Giuseppe Del Vicario, ospitò e curò un altissimo numero di militari feriti e, nel 1918, ricevette anche la visita della missione della Croce Rossa Americana. Finalmente, nel 1921, Campobasso e la Caserma “G. Pepe”  divennero sede di un Reggimento,il 226° Reggimento Fanteria “Arezzo”, mentre l’altro Reggimento (il 225°), componente la Brigata ed il Comando Brigata, avevano sede nella città di Foggia. Il 226° Reggimento Fanteria “Brigata Arezzo” venne costituito a Castelfranco Veneto il 18 Maggio 1916 ed è inserito con il gemello 225° Fanteria, nella omonima Brigata.Terminato   il   conflitto   mondiale,   la   “Brigata   Arezzo”   non   venne  soppressa,   essendo   stati entrambi i Reggimenti della massima ricompensa al valor militare e nel 1921 trasferito dalla sede di Brescia in quella di Campobasso,  presso la Caserma “G. Pepe” fino al 1926 quando, con l’attuazione dell’ordinamento 11 Marzo 1926, il 226° Reggimento è sciolto il 15 Novembre 1926. Nella permanenza campobassana del 226° si ricorda l’inaugurazione delle Lapidi ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, ancora oggi affisse sulle colonne centrali del Municipio, che avvenne proprio durante le manifestazioni organizzate per la festa dell’eroico Reggimento nel 1923. I Comandanti del 226° Reggimento Fanteria “Brigata Arezzo”; sede 1921-26, Campobasso: Col. Luigi Decio, Col. Francesco Borasio, Col. Pietro Giliberti, Col. Federico Toti, Col. Lodovico Consorte, Col. Enrico Beltrandi. Il 1° Marzo 1938 venne ricostituito, con  sede nella città di Macerata, con il  nome di 226°Reggimento Fanteria “Arezzo” e assegnato alla Divisione di Fanteria “Arezzo” (53^), unitamente ai Reggimenti  225° Fanteria e 53° Artiglieria, venne sciolto  definitivamente  il 12 Settembre  1943 in Albania, a seguito degli avvenimenti determinati dall’Armistizio.
 
di Antonio Salvatore 
 

1925, Campobasso e l'inedita palestra portatile Magnini

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Nel 1931 il Comando Generale della M. V. S. N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) - Ispettorato Generale Premilitari, pubblicava un libretto, da diramarsi su tutto il territorio nazionale, circa le Norme per l’impiego della Palestra Portatile “Magnini” in dotazione ai corsi premilitari. Tramite questa pubblicazione di carattere divulgativo e dimostrativo, comprensivo delle norme per il più pratico impiego della Palestra “Magnini”, nonché delle figure tendenti a ottenere il più razionale impiego di essa, il sopracitato Comando Generale, intese dare a tutti gli Istruttori e Sottoistruttori della Premilitare la possibilità di usare convenientemente il materiale a loro disposizione. L’opuscolo, inerente l’utilizzo della Palestra Portatile “Magnini”, venne diramato in tutte le sedi della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale esistenti in Italia, affinché il suo utilizzo diventasse il prioritario mezzo per l’allenamento dei Premilitari, alla buona preparazione dei quali, dovevano essere rivolte le cure e gli sforzi di tutti i Direttori e gli Istruttori. Ma qual’é il filo rosso che unisce indissolubilmente la Palestra Portatile e il suo inventore, Cap. Magno Magnini, con la Caserma “Gen. Gabriele Pepe” di Campobasso? Per scoprirlo bisogna necessariamente seguire le vicende militaresche della “Brigata Arezzo”, riavvolgendo il nastro della “Storia” al termine del primo conflitto mondiale, allorquando, essendo stati entrambi i suoi reggimenti insigniti della massima ricompensa al valor militare, la “Brigata Arezzo” non venne soppressa, e così il 5 luglio del 1921 (fino al 1926), il 226° reggimento dalla sede di Brescia fu trasferito a quella di Campobasso, finalmente, dal compimento del processo unitario, la città di Campobasso e la sua Caserma “Gen. Gabriele Pepe”, tra gli edifici militari più belli e funzionali di tutte le province meridionali, divennero sede di un reggimento del Regio Esercito. Reggimento di assegnazione anche del neopromosso Capitano Magno Magnini il quale, per la promozione al grado superiore, venne trasferito in data 23 ottobre 1921 nella sede di Campobasso. Nato a Pistoia l’11 novembre 1889,  il giovane Magno si arruola il 15 novembre 1907, all’età di 18 anni, come volontario nel Rgt. Cavalleggieri di Lucca (16°), dando inizio a una vita militare che si rivelerà, negli anni, molto vivace e a dir poco non comune, con le sue continue progressioni di carriera e la partecipazione ai diversi conflitti bellici: Prima Guerra Mondiale (con prigionia in Austria), Africa Orientale Italiana, Seconda Guerra Mondiale (e internamento in Germania). Lungo il percorso di questa dinamica vita, il Tenente Magnini, nel corso del 1921, accompagnato dalla moglie, la Sig.ra Rosa Bianchini, e dal figlio Antonio, si trasferisce in Molise. Fu proprio durante la permanenza molisana, in cui verrà alla luce la secondogenita Maria, che il nostro Uff.le di Fanteria, all’interno della Caserma “G. Pepe” e lungo le polverose strade di Campobasso, ideò, elaborò e sperimentò la sua “invenzione”, una palestra portatile. Un “sistema”, che il Cap. Magno Magnini non solo certificò con relativo brevetto, ma che documentò anche graficamente nel 1925, con la pubblicazione di una Guida della Palestra Portatile. La Palestra Portatile era composta da un numero di travicelli di legno, di eguale spessore e di diversa lunghezza, di costo limitatissimo, e che rispondevano in maniera funzionale alla composizione di diversi tipi di ostacoli, atti a soddisfare molti esercizi della ginnastica regolamentare del periodo. Una delle qualità maggiormente apprezzate di detta Palestra, era quella di poter eseguire, grazie  alla sua estrema maneggiabilità e immediata operatività, la ginnastica in ogni luogo, anche in quei piccoli distaccamenti militari, o piazze di piccoli paesi, dove non era possibile trovare l’immediata disponibilità di campi sportivi. Così, scriveva il Cap. Magnini sulla sua Guida «E’ evidente l’utilità della Palestra Portatile, sia nell’educazione delle reclute, sia nella preparazione fisica della massa».

di Antonio Salvatore