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Storia militare

Ottobre 1943, il passaggio delle truppe tedesche e alleate lungo la Valle del Tappino (terza parte)

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[…] Lo stesso giorno, le prime pattuglie che entrarono nell’abitato di Gildone trovarono il paese già libero   dalle presenza nemica; il secondo Carleton and York  alle  prese anche   con  problemi  di trasporto dell’artiglieria, problema in parte risolto con l’impiego di jeep che rimorchiavano cannoni da 75 mm appartenenti al 1° Airlanding Light Regiment (della 1a Divisione Airborne), dal 5 ottobre sotto   il   comando   della   divisione   canadese,   la   notte   tra   il   9   ed   il   10   ottobre   raggiunsero e  si posizionarono su monte Verdone.   Da   questa posizione il 12 ottobre iniziarono un  fitto cannoneggiamento in direzione di San Giovanni in Galdo dove erano ben nascoste tre postazioni di artiglieria tedesca, che già da qualche giorno martellavano le colonne alleate. Questo momento segnerà una delle pagine più tristi della storia di Toro. Con questo piccolo scritto, esattamente dopo 70 anni, cercheremo finalmente di ricostruire la verità storica di quel tragico pomeriggio. Grazie allo studio di “tecnica e strategia militare” e grazie soprattutto alla testimonianza diretta del prof. Nicolino Di Donato di San Giovanni in Galdo, possiamo affermare con sicura e definitiva certezza, che   Toro   non   fu   mai   l’obbiettivo   del   cannoneggiamento   alleato,   così   come   da   troppi   anni raccontato. L’obiettivo erano le artiglierie tedesche posizionate nelle campagne di San Giovanni in Galdo. Le prove a corredo di questa tesi sono diverse: tra le quali: se l’obiettivo fosse stato Toro, crediamo che i colpi che avrebbero centrato il paese sarebbero stati molti di più e non solo due, come in realtà avvenne; la testimonianza del sig. Diomede Ciaccia il quale afferma di ricordare lo spostamento   di   un   cannone   tedesco   nelle   campagne   di   San   Giovanni   in   Galdo;   l’inerzia dell’artiglieria alleata , la quale, benché fosse stata posizionata dal giorno 10 ottobre e bersaglio nel frattempo delle granate tedesche, iniziarono il cannoneggiamento sulla direttrice Toro-San Giovanni in Galdo solamente il giorno 12 ottobre; infine la fondamentale testimonianza del prof. Nicolino Di Donato «ricordo bene le tre e ben nascoste postazioni dei cannoni tedeschi, uno era posizionato nei pressi del Tempio Italico e altri due posizionati nei pressi del cimitero. I cannoni sparavano incessantemente già diversi giorni e ricordo che si fermarono per un brevissimo periodo di tempo al passaggio di un corteo funebre per la morte di un ragazzo. Inseguito, con i tantissimi bossoli dei proiettili abbandonati, molti sangiovannari ci fecero dei piccoli fornetti, uno dei quali conservo ancora oggi». Mentre discorrevamo sui ricordi di quegli avvenimenti, la testimonianza del prof. Di Donato si arricchisce di un dato assolutamente inedito e decisivo dal per confermare la nostra ipotesi «il giorno del bombardamento alleato, durante la mattinata, mentre passeggiavo con un mio amico, all’improvviso scorgemmo sulle nostre teste la presenza di un aereo che volava sopra le postazioni tedesche, la paura di essere mitragliati fu molta, tanto che ci buttammo immediatamente lungo il solco di un terreno arato, non so perché ma intuii che da lì a poco ci sarebbe stato un bombardamento, e così fu, infatti l’aereo che volava sui cieli di San Giovanni non era altro che una cosiddetta “cicogna”, atto a trovare e rilevare la posizione delle artiglierie tedesche ».Le artiglierie canadesi già pronte da due giorni, ma silenti per mancanza di informazioni, alle prime ore del pomeriggio del 12 ottobre, individuata l’esatta posizione delle postazioni nemiche iniziarono un possente bombardamento. […]

di Antonio Salvatore

Da Pietro Micca all'arma del genio

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Tra le diverse Armi cha hanno costituito in passato e costituiscono oggi più che mai l’attuale Esercito Italiano, troviamo l’Arma del Genio. 
La sua centenaria storia ha i suoi inizi con la compagnia minatori del regno Sabaudo che si distinse per l'episodio di Pietro Micca nell'assedio di Torino del 1706 da parte dei francesi. 
Il Corpo Reale degli Ingegneri, nell'Armata Sabauda, è stato formato l'11 giugno 1775. 
Il 9 dicembre 1798, a seguito dell'occupazione francese, il Corpo viene sciolto, con scioglimento dal giuramento di fedeltà al Re di Sardegna. 
Nel 1814 ha inizio la ricostruzione del Corpo, completata nel maggio 1816 con la costituzione del Corpo Reale del Genio Militare e Civile; tale denominazione viene modificata nel 1823 in Corpo Reale del Genio. 
Il 1º Reggimento del Genio fu costituito dal Re Carlo Alberto di Savoia nel 1848 e comprendeva due battaglioni con una compagnia minatori e quattro compagnie zappatori. 
In occasione della spedizione in Crimea (1855-56) si aggiunsero alle compagnie zappatori un drappello di Pontieri; nella campagna del 1860-61 nelle Marche, nell'Umbria e nell'Italia Meridionale si distinse anche un reggimento Ferrovieri. 
Con l'ordinamento dell'Esercito del 1861 alcune specialità del Genio facevano parte dell'Arma di artiglieria, ma presto se ne distaccarono in seguito all'aumento ed allo specificarsi delle loro attribuzioni. 
Queste consistevano essenzialmente nel supportare le truppe combattenti eseguendo tutti i lavori necessari al buon andamento della campagna. 
L'Arma del Genio nacque effettivamente solo il 24 gennaio 1861, e sarà articolata negli anni successivi da diverse specialità: artieri, guastatori, zappatori, ferrovieri, specialisti, minatori, pontieri, aerostieri, fotoelettricisti, fotografi, idrici, lanciafiamme, teleferisti, fototelegrafisti, radiotelegrafisti, guide fluviali, manovratori, idraulici, colombaie fisse e mobili. 
Il 23 dicembre 1900, con Regio decreto legge, fu concessa all'Arma la Bandiera di guerra. 
Tra le innumerevoli e gloriose battaglie a cui gli uomini del Genio sono stati chiamati a partecipare c’è anche quella combattuta a Cefalonia, nell’antico e stupendo mare della Grecia. 
Inquadrati nella 33a Divisione Fanteria da montagna "Acqui" e sotto il Comando Genio Divisionale i genieri italiani erano presenti con la 31a Compagnia Genio Artieri, la  33a Compagnia Genio Telegrafisti e Radiotelegrafisti (T.R.T.), la 31a Sezione Genio Fotoelettricisti, la 158a Compagnia Genio Lavoratori e la 215a Compagnia Genio Lavoratori. 
Ad oggi le fonti storiche presenti non ci permettono di tracciare una puntuale analisi circa le azioni operative dei reparti del Genio durante i giorni dei combattimenti, sappiamo però, che molti caddero in combattimento e  molti altri furono purtroppo oggetto della “rappresaglia” tedesca, tra cui il Magg. Federico Filippini, Comandante del Genio Divisionale, fucilato il giorno 25 settembre presso la famigerata Casetta Rossa. 
Con il distacco nel 1952 della componente "collegamenti" fino a divenire l'Arma delle Trasmissioni, e ridimensionata già con la ristrutturazione del 1975, attualmente l'Arma comprende: sette reggimenti guastatori, un reggimento pionieri, un battaglione guastatori paracadutisti, un battaglione guastatori alpini, un reggimento pontieri ed un reggimento ferrovieri. I reparti del Genio operano sia in territorio nazionale che in quello estero “teatri operativi” dove riscuotono puntualmente l’ammirazione e la stima sia delle popolazioni locali, che degli eserciti alleati.
 
di Antonio Salvatore
 
 

Ottobre 1943, il passaggio delle truppe tedesche e alleate lungo la Valle del Tappino (seconda parte)

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[…]; Giuseppina Simonelli, frequentavo la terza elementare e all’uscita di scuola ricordo l’arrivo dei soldati tedeschi, rimasi sbalordita alla vista dei carri armati;  Giuseppe Iosue, arrivarono dal fiume Tappino e la cosa che mi è rimasta più impressa fu la presenza di due carri armati, uno venne posizionato in via Occidentale, l’altro tra Piazza del Piano e l’imbocco di via Marconi;  Diomede Ciaccia, ricordo che tra i primi mezzi tedeschi ad arrivare c’era un camion che trasportava un cannone, il quale venne posizionato nei pressi del Convento e da lì sparava verso Jelsi. Ricordo che questo cannone sostò a Toro un solo giorno; Olga Pietracatella, eravamo tutti terrorizzati tanto che venne fermato persino l’orologio da parete che avevamo in cucina per evitare che battesse le ore, così   da   evitare   qualsiasi   rumore in   casa.   E   ancora   sulla   permanenza   dei  tedeschi   in   paese: Giuseppina   Simonelli,  i   graduati   requisirono   la   casa   di   mio   zio,   il   sacerdote   Don  Giovanni Simonelli, utilizzandola come alloggio e dalla quale, al momento di andare via, sottrassero calici e altri oggetti sacri di valore. Ricordo che un giorno, armi in pugno, presero cinque ragazzi toresi e gli ordinarono   di   riempire   diverse   taniche   di  acqua   presso   il   pozzo   dei   Magno;  Giuseppe  Iosue, ricordo la continua e quotidiana richiesta di animali; Diomede Ciaccia, ricordo che la situazione era tranquilla e  serena,  infatti furono  organizzate  anche  delle  cene  con gli Ufficiali tedeschi  a  cui partecipavano mio padre, il Podestà, il Segretario Comunale, Don Achille Magno e l’Arciprete di Toro, il quale usando la lingua latina riusciva a fungere da interprete. Questo clima di dialogo venne bruscamente interrotto dai tedeschi al momento dell’arrivo di un nuovo Ufficiale, giunto in paese a bordo di un sidecar. Il 9 ottobre, con obbiettivo Gildone, due battaglioni della 3a Brigata di fanteria canadese avanzarono lungo la Statale 17: il primo Royal 22° Regiment prendendo la direzione di Jelsi raggiunse ed entrò nella cittadina di Riccia, ormai abbandonata dal nemico. Il giorno seguente, mentre i tedeschi su autorizzazione di Kesselring arretravano la linea difensiva di circa 7 chilometri, la  Compagnia  C del  West Nova Scotia, nel tentativo   di  superare   il   torrente   Carapello,  venne duramente impegnata dal fuoco proveniente da postazioni di mitragliatrici che causarono diverse vittime. La mattina  dell’11  ottobre vennero prese le alture  oltre  il torrente  e la cima  di  monte Gildone, da dove, una volta posizionate le proprie artiglierie, iniziarono i tiri verso Campobasso, trai vari edifici centrati ci furono la caserma dei Carabinieri, il convitto Mario Pagano e il Seminario Vescovile al cui interno venne colpito a morte il Vescovo della città, Monsignor Secondo Bologna. […]

di Antonio Salvatore

Storia del Distretto Militare di Campobasso (dodicesima parte)

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Di questo periodo di estrema confusione sappiamo che, il XII Battaglione d’Istruzione si dissolse l’8 Settembre, ma soprattutto sappiamo, grazie a due importantissime testimonianze, una del Dicembre 1943: […]  ancora una volta egli si diresse verso la linea del fuoco, ma nei pressi di Isernia la solita polizia   lo   acciuffò   e   lo   portò   al   Distretto   militare di Campobasso perché   venisse   arruolato nell'esercito badogliano […] ; ed una del 1945, allorquando il Governo Militare Alleato (A.M.G.) autorizzò la chiamata alle armi di soldati di leva della c.l. 1925: La   tardiva   chiamata   per   il   servizio   di  leva militare mi venne notificata dalla stazione dei carabinieri di Venafro al principio del mese di febbraio 1945. Essendo stato distrutto il tronco ferroviario, il giorno della partenza, gli Alleati fecero affluire a Venafro diversi camion militari americani guidati da soldati di colore. I camion erano scoperti e privi di sedili. Per conto del Distretto   Militare   di   Campobasso  (occupato   dalle  forze Alleate)  venimmo sistemati provvisoriamente nell’edificio della ex G.I.L. con all’interno abbondante paglia per riposare della continuità dell’operato del Distretto Militare di Campobasso, sotto la direzione Alleata. Tutto passa e tutto passò, anche la guerra, ma non prima, almeno in questo scritto, di ricordare molto brevemente, un avvenimento storico, ai più purtroppo poco conosciuto, e che ebbe vita proprio in Molise. Era il 31 Marzo 1944  quando, il 1°  Raggruppamento   Italiano  Motorizzato,   con   l’azione condotta   vittoriosamente sul Monte   Marrone,   restituì   fiducia  e   credibilità all’Esercito  Italiano, segnandone la rinascita.
Il Comandante, Generale Umberto Utili, che seguì  le   operazioni  dal Palazzo “Battiloro” di Scapoli (IS), così scriveva nel suo primo Ordine del Giorno: Ragazzi in piedi perché questa è l’aurora di un giorno migliore!
 
di Antonio Salvatore 
 

Campobasso, il monumento a Gabriele Pepe

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Le gesta dell’eroe furono così luminose che il desiderio dei molisani di renderle immortali fece sì che, negli ultimi anni del 1800, nascesse un comitato allo scopo di far erigere, nella città di Campobasso, un monumento a lui dedicato. Nel 1903, questo grande desiderio della popolazione, ricevette una decisiva accelerazione a causa del fortissimo sdegno, che si propagò per tutto il Molise, per la scandalosa profanazione della tomba del Pepe da parte dell’arciprete (non molisano) di Civitacampomarano, il quale fece buttare i mortali resti del Generale, in un volgare ed anonimo immondezzaio. Come autore della scultura fu scelto il calabrese Francesco Jerace (1853 – 1937), con il quale, il 2 Aprile 1912, fu stipulato il contratto per la realizzazione dell’opera e ne fissava l’inaugurazione per l’estate del 1913 ed il prezzo in lire 29.000 (più lire 2.600 per palmario). Tra le spese occorse per la realizzazione dell’opera, ricordiamo quella di lire 2.000 erogata dai Sigg. Guerriero e Tucci per l’esecuzione della ringhiera.
Invece, tra le tantissime somme incassate, riportiamo le più sostanziose:
- Ministero dell’Interno (contributo dello Stato) Lire 20.000
- Provincia di Campobasso Lire  4.000
- Municipio di Campobasso Lire  2.000
- da vendita biglietti conferenze letterarie Lire 955,15
- Municipio di Civitacampomarano Lire 500
- Società Campobassana di New York Lire 440
- Somma da tempo giacente destinata ad un monumento ai Martiri di Castelpetroso e stornata a pro del monumento a G. Pepe Lire 403,45
Totale somme incassate: Lire 37.321,20; totale somme spese: Lire 37.321,20.
Il 27 Luglio 1913, con l’illustre presenza di Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta, per espresso incarico del Re Vittorio Emanuele III, che lo volle come suo rappresentante, il monumento al Generale Gabriele Pepe fu scoperto, tra i fragorosi applausi e la commozione generale, quindi, il Sen. Francesco D’Ovidio lesse il primo di una lunga serie di discorsi. Tra le numerosissime autorità presenti quella mattina a Campobasso  si ricordano: il Ministro della Guerra Gen. Spingardi, con il Col. Montasini; il Vice Presidente della Camera dei Deputati On. Carcano con i segretari On. Baslini e On. De Amicis; il Segretario del Senato On. Prampero; i sette Deputati del Molise, On. Cannavina, On. Cimorelli, On. Leone, On. Magliano, On. Mosca, On. Pietravalle, On. Spetrino: il Com. del VII Corpo d’Armata di Ancona, Gen. Barattieri; il Com. della Divisione di Chieti, Col. Amenduni; il Comandante della Legione dei Carabinieri oltre ad una nutrita schiera di Ufficiali e di soldati. Inoltre le autorità cittadine, i rappresentanti dei Comuni della Provincia e rappresentanti delle scuole e delle società locali. La cerimonia d’inaugurazione del monumento al Ge. Gabriele Pepe ebbe talmente risalto che la notizia fu riportata anche dal famoso giornale “La Tribuna Illustrata”, che nell’Agosto del 1913 così scriveva: Il giorno 28 si è solennemente inaugurato a Campobasso il monumento al generale Gabriele Pepe, opera dello scultore Jerace. Delle nostre fotografie quella di sinistra rappresenta l’arrivo del Duca di Aosta, del Ministro della Guerra e delle altre Autorità alla piazza ove si svolse la cerimonia; la incisione di destra  rievoca invece il momento dello scoprimento della bella opera monumentale. E’ curioso notare, come la data di inaugurazione del monumento riportata nell’articolo sia  errata (“28” anziché  “27”).  Al termine della cerimonia, il corteo delle Autorità, con a capo il Duca d’Aosta, percorrendo il Corso Vittorio Emanuele III raggiunse la Caserma “Gen. Pepe” per presenziare ad una ulteriore inaugurazione, quella della lapide in memoria del S. Ten. Vittorio Verdone, Medaglia d’Oro al valor militare, ancora oggi presente sulla facciata dell’edificio militare.
 
di Antonio Salvatore