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Tecnologie di guerra

La Portaerei Cavour

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In occasione del terremoto di Haiti il Ministero della Difesa italiano ha deciso di inviare i soccorsi utilizzando la portaerei Cavour. E’ stata la prima missione operativa della nuova ammiraglia della Marina Militare.

Ultimamente in occasione della crisi coreana il governo americano ha inviato la Uss George Washington in esercitazione congiunta con le forze armate sud-coreane. Si tratta di una delle numerose superportaerei della classe Nimits a propulsione nucleare.

Attualmente non è dato sapere se anche la Cavour verrà utilizzata in missione in Corea.

Della nuova unità il primo troncone è stato varato nel 2004, nel 2006 la nave è stata collaudata in mare ed è entrata definitivamente in servizio nella Marina nel 2009. Essa ha:

- un dislocamento di 27100 tonnellate,

- una lunghezza di 244m,

- la larghezza è di 39m.

Nella missione tipo utilizzerà 12 aerei del tipo STOVL (Short Taking Off and Vertical Landing), ossia a decollo corto ed atterraggio verticale. I velivoli in uso sono in grado anche di decollare verticalmente, ma per avere una maggiore capacità di carico, al decollo, utilizzano il ponte della portaerei per accelerare e poi si librano in aria sfruttando lo sky jump, il trampolino di lancio presente sulla prua della nave. Al rientro dalla missione, dopo aver consumato carburante (e magari dopo aver rilasciato anche il carico bellico), possono atterrare verticalmente (in tale operazione i piloti sono soliti rivolgere il muso controvento, per sfruttare la portanza).

I velivoli utilizzati sono 12 Harrier AV8+2, gli stessi utilizzati dalla Garibaldi, acquisiti dallo US Marine Corp. In futuro dovrebbero essere utilizzati gli F-35B, la versione a spinta vettoriale del futuro caccia della Nato. Quest’ultimo avrà la possibilità di raggiungere velocità supersoniche (Mach 1,8), impossibili da raggiungere per l’Harrier 2. Tale ultimo velivolo ha infatti una grossa turboventola Rolls Royce Pegasus, dotata di ugelli vettoriali, che crea un’ elevata resistenza aerodinamica.

Alla componente ad ala fissa si affiancheranno, sul ponte della Cavour, 8 moderni elicotteri, principalmente gli EH-101 (oggi commercializzati con il nome AW-101, per uniformarsi agli altri prodotti dell’azienda produttrice), ma ci potranno essere anche gli NH-90, l’altro nuovo elicottero che andrà in servizio operativo alla Marina.

Ai velivoli ad ala rotante verranno attribuiti i compiti di velivoli da ricognizione radar (AEW), guerra antisottomarina (ASW), antinave (ASuW), soccorso (SAR).

In futuro il numero di velivoli potrebbe essere aumentato.

La nave potrà essere utilizzata anche come unità da assalto anfibio, o comunque per trasportare veicoli terrestri in zone operative. La capacità di trasporto è di 24 carri Ariete (con il ponte d’ingresso capace di sopportare un peso di 60 tonnellate) oppure 50 mezzi Centauro o Dardo ecc. o 100 VM o Lince o altri della stessa categoria.

La propulsione è affidata a quattro turbine, GE-Avio LM2500, diffusissime in ambito NATO e da otto generatori Diesel Wartsila CW12V200, evoluzione dei precedenti generatori della Grandi Motori Trieste S.p.A..

Per la difesa della nave ci sono due lanciatori Sylver per i moderni missili terra-aria Aster 15 (italo-francesi), da 30Km di raggio d’azione, due cannoni OtoBreda 76/62, equipaggiabili con i modernissimi proiettili Davide di tipo intelligente antimissile per la difesa ravvicinata, tre cannoni Breda-Oerlikon da 25mm, un radar EMPAR di sorveglianza aerea e di superficie, un RAN 40L di superficie e a bassa quota, un RASS di sorveglianza e di superficie, sonar Wass antisiluro e antimina della Whitehead, sistema antisiluro Slat.La nave è dotata di ben 190 telecamere interne, e di 150 postazioni operative e schermi al plasma di grandi dimensioni. L’equipaggio è di 451 persone, 230 del gruppo di volo, 140 del comando complesso, 325+91 del Reggimento San Marco.

L’autonomia è di 7000 miglia alla velocità di 16 nodi, sufficienti a raggiungere il Golfo Persico in 18 giorni utilizzando la metà del combustibile imbarcato. La velocità massima è di 31 nodi, ma essa comporta un sensibile aumento dei consumi. Infatti a 16 nodi il consumo è di 3000 litri di carburante l’ora, a 30 nodi di 25.000 litri. La capacità totale è di 2.500.000 litri.

I costi finali hanno raggiunto la cifra di 2.111 milioni di Euro.

 

 

di Antonio Frate

 

 

 

Dall’Il-2 al Ka-52. L’evoluzione militare nei cieli.

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Durante la seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica schierava quello che poteva essere ritenuto il miglior aereo d’attacco al suolo del conflitto: l’Il-2.

Si narra che Erich Hartmann, il pilota tedesco che ha totalizzato il maggior numero di abbattimenti (352, quasi tutti sul fronte orientale) abbia riferito che, durante l’intercettazione di un Il-2, facendo fuoco su tale mezzo con il suo Bf-109, riusciva a colpire l’avversario ma vedeva i proiettili rimbalzare sulla blindatura del mezzo. Avvicinatosi il più possibile, riuscì a colpire il radiatore ed ad abbatterlo ma fu investito dai pezzi del velivolo avversario e precipitò insieme ad esso.

Durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan, paese montuoso e privo di una valida rete viaria, il mezzo più caratteristico del conflitto è stato l’enorme elicottero Mi-24 (Hind nel codice NATO). Tale macchina sviluppava un effetto psicologico notevole sul campo di battaglia, complice la sua elevata potenza di fuoco. Basata sul concetto di elicottero da attacco e trasporto tattico, aveva una blindatura resistente ma anche una traccia termica elevata che lo rendeva facile bersaglio dei missili termosensibili Stinger. Inoltre il rotore di coda era fragile.

All’epoca, mentre in Occidente solo gli Usa e Israele si erano dotati di elicotteri d’attacco (Cobra), nei paesi socialisti pressoché tutti gli eserciti schieravano una flotta di Mi-24.

Come si è poi visto, negli anni successivi la gran parte degli eserciti si è dotata di elicotteri espressamente progettati per il combattimento.

Al Mi-24 è succeduta la versione migliorata Mi-25, dopodiché anche in Unione Sovietica si è pensato di sviluppare elicotteri esclusivamente da combattimento, piuttosto che per uso misto.

La ricerca ha prodotto due modelli differenti nell’impostazione costruttiva: il Mi-28 (Havoc in NATO) e il Ka-50, battezzato come Oboroten (Lupo Mannaro), poi denominato Cemjlia Akula (Squalo Nero), Hokum nel codice NATO.

Appartengono alla stessa categoria di peso, ma hanno caratteristiche tecniche differenti.

Il Mi-28 è un velivolo che deriva dal Mi-24: ne condivide varie componenti, ma è privo della stiva interna per l’alloggio di squadre di fanteria, anche se il vano interno può ospitare tre soldati, utile per mettere in salvo l’equipaggio di un elicottero amico abbattuto. E’ basato su un’impostazione tradizionale, rotore principale superiore e rotore anticoppia posteriore. Dotato di due potenti turbine, è armato con cannone da 30mm e un arsenale di missili anticarro, aria-aria, razzi e bombe a caduta libera. Di rilievo la versione Mi-28N, dotata di visore notturno per le capacità di combattimento ogni tempo.

Il Ka-50 invece utilizza l’impostazione tecnica già vista sugli altri elicotteri Kamov, uno schema basato su due rotori coassiali controrotanti superiori. Tale soluzione permette di avere un raggio delle pale più corto, e di poter spuntare una maggiore velocità massima. Già nella fase di progettazione gli veniva attribuita una caratteristica di combattimento più simile a quella di un aereo d’attacco: è nato infatti come elicottero monoposto, mentre tutti gli altri elicotteri da combattimento sono biposto. Tuttavia tale soluzione non deve aver prodotto i risultati sperati: infatti è stata poi progettata una versione, il Ka-50/2, biposto, con avionica messa a punto in collaborazione con l’industria israeliana. Tale versione fu messa a punto per partecipare al concorso per l’esercito turco, poi perso, e quindi è rimasta allo stato di prototipo. Successivamente è stato progettato il Ka-52 Alligator (Hokum B) con due posti affiancati, che però denuncia un peso maggiore rispetto alla versione monoposto. Sui Ka-50/52 è presente lo stesso potente cannone da 30mm del Mi-28 dotato di due differenti munizionamenti che possono essere scelti dal pilota (perforante o esplosivo) e un poderoso carico bellico. Possono effettuare numerose manovre aeree, come il looping, il tonneau e il funnel (mitragliamento in movimento verso uno stesso bersaglio). Il prezzo è un po’ maggiore rispetto al Mi-28.

Attualmente sono stati ordinati dalla Russia un numero consistente di Mi-28, mezzo che ha avuto anche richieste dal’estero (Venezuela) mentre il Ka-50 è stato prodotto in sole 15 unità destinate a coprire le operazione del GRU, il servizio segreto militare russo, mentre un’altra piccola quantità (10) di Ka-52 è stata ordinata, sempre con lo stesso ruolo.

Infine è stato realizzato anche il Mi-35, versione del Mi-25 aggiornata con le nuove tecnologie. Tale prodotto, relativamente economico, può ritenersi economicamente vantaggioso soprattutto per i paesi che hanno in servizio i Mi-24 o 25.

 

 

di Antonio Frate

 

 

 

Carburante JP8 NATO

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Il carburante Jp8 (Jet Propellant 8) è il carburante per aerei militari usato dai paesi NATO.
Esso è entrato in produzione per la prima volta nel 1978, affiancandosi e poi sostituendo gradualmente il precedente carburante JP4,e rimarrà in uso fino al 2025. Nasce dalla necessità di disporre di un carburante meno infiammabile e quindi pericoloso del precedente.
Esso è usato da tutti i velivoli militari, ad eccezione delle portaerei, su cui viene usato l’ancor più sicuro, ma più costoso, JP5.
Il JP8 ha una temperatura minima di vaporizzazione e accensione in aria di 38° C (100 °F), a differenza del JP4, a -18°C, (0°F).
Il JP8 nell’Esercito Americano è diventato il carburante standard per quasi tutti i veicoli, ed è altresì usato come refrigerante. Mentre nei motori a turbina da ottimi risultati, nei Diesel con elevata sovralimentazione, a basso rapporto di compressione, crea alcuni problemi nelle partenze a freddo e al minimo. L’assenza di un livello specifico di lubrificazione può comportare problemi alle pompe del carburante ad alta pressione e agli iniettori. Un ulteriore problema può essere l’aumento del diametro delle valvole di scarico causato da un non specificato livello di zolfo nella formula MIL-DTL-83133G, ossia la formula del JP8. Lo zolfo infatti contribuisce alla rimozione degli strati di fuliggine.
Il JP8 non gela alle basse temperature, non contiene benzene(cancerogeno) a differenza del JP4, ma ha un odore intenso ed è untuoso al tatto. Un problema è dato dal fatto che non vaporizza facilmente, quindi rimane più a lungo nelle zone contaminate, causando maggior pericolo d’incendio.
La sua formula è molto simile a quella del carburante tipo Jet A per aerei civili.
Molti eserciti tuttavia usano gasolio per i veicoli terrestri.
L’attuale carro armato Ariete dell’Esercito Italiano è alimentato a gasolio, ma per l’evoluzione Ariete 2 si è pensato di adattare il motore al JP8, in modo da ridurre la fumosità.
I carri M1 australiani acquistati usati dagli USA nel 2007 vengono alimentati a gasolio, a differenza dell’Esercito USA che li alimentava a JP8.
Il JP8  ha un peso specifico che varia in base a vari fattori, quali temperatura, pressione etc.
In aeronautica viene sempre imbarcato, calcolando il massimo peso specifico raggiungibile, pari ad 0,84, o 7.01 libbre.

 

 

di Antonio Frate

 

 

 

The British Challenger 2

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Nel 1987 anche il Regno Unito partecipò ad un trial tra vari carri armati occidentali svoltosi in Canada. Il Challenger 1, il mezzo allora in dotazione alle forze armate britanniche, risultò il più carente per l’elettronica di bordo. Il Challenger 1 era un tipico carro britannico, dotato di un potente cannone rigato e di un’ elevata corazzatura, e di un motore diesel affidabile, ma non eccessivamente potente. Nella Guerra del Golfo dell’89 tali mezzi si scontrarono con i T-72 iracheni, i Carri Leone di Babilonia. I Challenger, dotati di corazzature aggiuntive sulle parti frontali, smembrarono le divisioni corazzate irachene: 180 Challenger distrussero oltre 300 T-72 al prezzo di un solo carro inglese colpito.

I Challenger 1 avevano le parti più esposte, frontali e laterali, realizzate in corazza Chobam. Tale tipo di corazza prende il nome dalla località inglese in cui venne inventata. Adottata dagli Americani prima e dagli Inglesi poi, è costituita da vari strati contenenti materiali speciali.

Ma già dall’Ottantasette, la Difesa britannica aveva richiesto una nuova versione aggiornata di carro armato, il Challenger 2. Tale mezzo, come il predecessore, fu sviluppato in modo da avere una protezione elevatissima. A differenza del Challenger 1, il Challenger 2 è interamente realizzato con corazza Chobam-Dorchester, ma non della prima, bensì della seconda generazione.

Il nome del carro Challenger è stato adottato già da un altro carro inglese della seconda guerra mondiale.

Il primo Challenger 2 fu presentato nel 1993. Il Ministero della Difesa britannico lo preferì all’M1A2 e al Leopard 2 in versione migliorata. Il primo ordine fu di 127 esemplari, insieme a 13 carri da addestramento. Successivamente ne furono richiesti altri 259 insieme ad altri 9 carri guida..

L’Oman è stato l’unico acquirente estero con 18 carri presi nel 1993 e altri 20 nel ’97.

Essendo finita la guerra fredda, i Challenger 1 furono ritenuti non più necessari e venduti alla Giordania.

- L’armamento del Challenger 2 è costituito dal principale cannone L30A1, l’unico in occidente ancora rigato. (Anche l’India usa un pezzo rigato da 120mm , installato su un carro nazionale simile al Leopard 2 A4).

Tale arma ha una potenza decisamente elevata, che non ha niente da invidiare al Rheinmetal 120/44, in quanto, benché la rigatura assorba un po’ di potenza, a causa dall’attrito, la maggiore lunghezza della canna può compensare tale lieve perdita. Le munizioni utilizzate sono:

- i penetratori cinetici Charm 3, con nocciolo di uranio impoverito,

- gli Hesh, acronimo di High Explosive Squash head, cariche eslosive al plastico, efficacy contro edifici e blindati leggeri,

- munizioni fumogene.

Va considerato che tali munizioni hanno un costo inferiore ai proiettili dei cannoni ad anima liscia usati dagli altri paesi NATO, in quanto non sono stabilizzati, perché la precisione di tiro è affidata alla rigatura del cannone.

Nel 2007 i vertici della Difesa avevano proposto di sostituire gli L30A1 con i Rheinmetal 120/55, per migliorare la logistica, ma poi la decisione è stata scartata. Tale nuova arma ha ancora scarsa diffusione (è usata da Germania, Grecia e Spagna), e per sfruttare tutta la sua energia cinetica necessita di una munizione differente da quelle utilizzate per il 120/44. Inoltre tale munizione è al tungsteno, mentre la difesa britannica predilige i più efficaci, anche se inquinanti proiettili all’uranio impoverito (DU).

Il carro dispone di due mitragliatrici, una contraerea a canne rotanti coassiale al cannone ed una a canna singola per il servente. Ci son poi cinque lanciagranate su ogni lato della torretta, ma il carro dispone di un generatore di fumo interno ad iniezione di carburante.

-La propulsione è affidata al motore Perkins-Caterpllar CV12 Condor, lo stesso del Challenger 1. Si tratta di un 26100cm3, V12 diesel, da 1200cv, abbinato alla trasmissione David Brown TN54 a sei rapporti in avanti e due indietro, con funzionamento migliorato.

Era stato provato, prima dell’inizio della produzione, l’Europowerpack, che essendo

disposto in posizione trasversale, e non longitudinale, garantiva un maggiore spazio interno,

in cui poter collocare serbatoi aggiuntivi, oltre che garantire una potenza di 1500 cv.

L’autonomia saliva a 550 km, contro i 450 della versione con motore Condor. Ma l’aumento

dei costi ha sconsigliato questa soluzione.

-Il sistema di controllo del fuoco e di visione è affidato a un microprocessore digitale e ad un periscopio Sagem, lo stesso del Leclerc. La camera termica per la visione notturna è della Thales, ed opera sia per il guidatore che per il capocarro.

Complessivamente il Challenger 2 è un mezzo eccellente: garantisce una protezione maggiore rispetto a qualsiasi altro carro. La potenza di fuoco è elevata. Non è a buon mercato, con un prezzo unitario di 4.200.000 sterline, pari all’epoca della messa in produzione a 7.920.000 dollari americani, contro ad es. il 5.400.000 dollari dell’M1A2. Va considerato che il costo di gestione però è relativamente contenuto. Il rapporto peso-potenza è baso, considerando i soli 19,2cv/ton, tuttavia le sospensioni Hydrogas garantiscono una’ottima mobilità su tutti i terreni, con una marcia priva di scuotimenti.

Nel ‘98 fu realizzato un prototipo per partecipare al trial per l’esercito greco, dotato di Europowerpack e Rheinmetal da 120/55. Ma evidentemente i costi elevatissimi hanno fatto preferire il Leopard 2 a6.

Dopo anni di utilizzo, è stato dimostrato che la resistenza al fuoco nemico è però superiore. L’unico caso in cui vi è stata la morte di due membri d’equipaggio è stato in un incidente di fuoco amico, causato da un Hesh. In un altro episodio, l’esplosione di una mina ha causato la perdita di una parte di gamba di un pilota, che ha poi continuato a prestare servizio sui carri, mentre in casi analoghi su M1 americani e su un Leopard 2 danese ci sono stati dei morti. Ma l’episodio più significativo è stato quando un Rpg-29 ha colpito il carro: il guidatore ha perso tre dita di un piede, mentre quando lo stesso razzo ha colpito un Merkava 4 tutti i dieci occupanti hanno perso la vita.

In fase operativa il Challenger 2 utilizza ora kit di protezione aggiuntivi.

Esistono anche versioni speciali del carro: recupero, sminatore, gittaponte.

 

 

di Antonio Frate

 

 

 

Oshkosh M-ATV- L’ultimo colpo della tecnologia militare statunitense

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Nonostante la numerosa presenza di veicoli tattici resistenti alle mine,oltre che protetti da blindature, l’industria militare statunitense sta continuando la ricerca di nuove soluzioni per garantire la sicurezza dei propri militari impegnati nel teatro afgano.
L’ultimo prodotto del settore, che sta entrando in servizio ultimamente, è l’Oshkosh M-ATV, che si è aggiudicato l’appalto definitivamente il 30 giugno 2009.
- Tale veicolo si è aggiudicato la vittoria superando ben quattro prototipi concorrenti: Navistar, Force Protection, General Dynamics and BAE Systems Tra questi l’Oshkosh era il secondo meno costoso. L’Oshkosh è un’azienda che prende il nome da un’omonima cittadina del Wisconsin. Produce generalmente veicoli per usi speciali e militari. Quest’ultimo prodotto è destinato a sostituire sostanzialmente i veicoli M1114 HMMWV, gli Hummer, ancora presenti in numero elevato nelle forze armate americane.
- Il veicolo si presenta come un mezzo decisamente grande, se paragonato ai lince italiani:
- La massa a vuoto è di 11340 Kg (25.000 libbre), a pieno carico di 14.700 kg (32.500 libbre).
- La lunghezza è di 6,70 m (246,8 pollici), la larghezza di 2,490 m (98,1 pollici), l’altezza di 2,7 m (105 pollici).
- Il veicolo è un quattro ruote motrici, con sospensioni indipendenti: l’autotelaio è lo stesso del camion Oshkosh M-TVR( Tactical Vehicle Replacement), mentre il transfer case e’ di produzione Marmon Harrington.
- Le sospensioni sono indipendenti del tipo TAK-4, ottimizzate per l’intenso impiego fuoristrada (70% off road, 30% strada) e con un escursione massima pari a ben 16 pollici (40 cm).
- I pneumatici prescelti sono radiali all-terrain Michelin 395/85R20 appartenenti alla collaudata serie XZL, del tipo run-flat. Lo stesso sistema motore-sospensioni consente di proseguire la marcia per almeno un chilometro se colpito da un proiettile calibro 7,62mm..
- La capacità di carico è di 1814 kg.
- L’equipaggio è di cinque unità, incluso il mitragliere.
- Il motore è un Caterpillar C7, da 370 Hp, 7,2 litri di cilindrata, a sei cilindri in linea. Lo stesso tipo degli Stryker, ma con venti cavalli in più. La trasmissione è una Allison 3500 SP, automatica-sequenziale.
- L’armamento previsto è composto di mitragliatrici di vario calibro, missili Tow 2 e lanciagranate MK-19. Questi ultimi pare che siano particolarmente graditi agli operatori per difendersi dagli agguati.
- Per quanto riguarda la ralla dalle immagini diffuse si apprende che il mitragliere sarà
presente in una torre blindata, o potrà utilizzare la soluzione remotizzata. La prima soluzione
dà quindi importanza alla percezione umana della situazione esterna.
- Inoltre il veicolo è dotato di controllo di trazione, freni anti-bloccaggio e condizionatore.
- La blindatura base del veicolo, può essere incrementata con un kit aggiuntivo.
L’ordine iniziale è stato di 2.244 mezzi, per 1,06 miliardi di dollari, ma le richieste sono poi state aumentate e si può prevedere che la produzione sarà ben maggiore (attualmente sono in ordine 8.108 unità).Va considerato che la piattaforma si presta alla realizzazione di numerose versioni, trasporto truppe, shelter, comando , cargo. Ma la principale è quella da esplorazione, a quattro porte con cassone.
La produzione di tale veicolo sospenderà quella di tutti i precedenti mezzi della stessa categoria.
Per dislocare i mezzi sui teatri di guerriglia gli americani stanno facendo un massiccio uso del trasporto aereo, impiegando principalmente i C-17. L’uso di tale soluzione costosa, in luogo del trasporto via mare, dimostra la volontà dei vertici militari americani di utilizzare immediatamente tali prodotti. E’ da ritenersi che essi verranno schierati su scenari di prima linea e in ambienti impervi, potendo contare sulla loro elevata mobilità e sicurezza.

 

di Antonio Frate

 

 

 

In volo con gli Eurofighter. Il 36° Stormo di Gioia del Colle.

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Il Direttore R. Colella accanto all'Eurofighter alla base di Gioia del Colle (BA)  (foto Mike Buono)

 

Assicurare la difesa aerea dello spazio aereo assegnato. E’ questo il principale obiettivo del 36° Stormo “Helmut Seidl” che ha sede presso l’aeroporto militare di Gioia del Colle.Lo Stormo è sicuramente tra i più atipici dei reparti dell’Aeronautica Militare. Fino al 30 giugno 2008 è stato l’unico ad avere due gruppi di volo con diversa specialità (caccia e cacciabombardiere). Nato il 1° febbraio 1938, sull’aeroporto appena costruito di Bologna-Borgo Panigale, si è distinto in operazioni chiave durante la seconda guerra mondiale ottenendo prestigiose onorificenze (1 medaglia d’oro e due d’argento al valor militare) fino ad arrivare alle più recenti missioni durante gli anni novanta: Iraq, ex-Yougoslavia, Albania e Kosovo.L’attacco terroristico alle Twin Tower dell’11 settembre 2001 ha creato un nuovo scenario di intervento per l’aeronautica. La minaccia dei cosiddetti “attacchi asimmetrici” ha obbligato le forze aeree a dotarsi di sistemi d’arma capaci di contrastare la minaccia di velivoli come ultraleggeri, elicotteri o piccoli aerei da turismo. E’ nato quindi il concetto di Slow Mover Interceptor  (S.M.I.).L’Aeronautica Militare, assegnando la missione al 36°Stormo, è stata la prima forza aerea che si è dotata di un aeroplano particolarmente indicato per questo ruolo: l’ MB.339CD. L’attuale comandante del 36° è il colonnello pilota Giovanni Balestri. Intervistato spiega come lo Stormo garantisce oltre che la difesa nazionale, anche servizi in aree che gli vengono assegnate in zone di crisi. Attualmente il 36° concorre con la Grecia all’ ”Air Policing” a difesa dello spazio aereo dell’Albania, a seguito dell’ingresso della stessa nell’Alleanza Atlantica. L’attività di “Air Policing” consiste nell’impiego di velivoli intercettori allo scopo di sorvegliare e preservare l’integrità di uno specifico spazio aereo.Dal 5 gennaio 2009, data di inizio ripresa del servizio di sorveglianza Aerea da parte del 36° Stormo, sono stati effettuati tre scramble (ordine di intercettazione) reali. Si è trattato di velivoli non preventivamente autorizzati al sorvolo dello spazio aereo nazionale o velivoli che non avevano stabilito il necessario contatto radio con gli enti del controllo del traffico nei modi e nei tempi previsti. I piloti che operano dalla base di Gioia del Colle si addestrano a volare sui velivoli Eurofighter 2000. L’addestramento per il conseguimento della piena capacità operativa di un pilota della linea Eurofighter dura all’incirca 1 anno e due mesi.   Per preparare al meglio i piloti e addestrarli ottimizzando sui costi è stato installato presso la base militare il Full Mission Simulator dell’ Eurofighter, sviluppato dall'Alenia Aeronautica e dalla Selex Galileo (entrambe società di Finmeccanica). Il simulatore di volo si compone di  una complessa struttura di computer che gestisce le varie fasi del volo condotte dal pilota all’interno della cabina di pilotaggio, riprodotta fedelmente con tutta la strumentazione e il software del velivolo reale. Il pilota in addestramento può, grazie alla elevata rispondenza alla realtà e al continuo monitoraggio di un pilota istruttore, confrontarsi e prendere confidenza con molteplici situazioni in volo, altrimenti non riproducibili nella realtà. Gli scenari di addestramento più frequenti prevedono atterraggi e decolli con condizioni meteorologiche particolarmente avverse, malfunzionamenti dei motori o delle strumentazioni, ed in generale di tutti i sistemi di bordo. Per i piloti più esperti, invece, il simulatore è in grado di riprodurre scenari di addestramento più complessi con la presenza di più aerei in volo. Uno scenario “d’allenamento” tipico è quello in cui si prevede una  missione di difesa aerea compito primario del velivolo caccia Eurofighter. In questo di clima di incertezza globale e di tagli da parte del governo anche al Ministero della Difesa, ottimizzare le risorse può essere vantaggioso come spiega lo stesso colonnello Balestri: “I tagli che hanno riguardato tutti i settori della Pubblica Amministrazione devono essere uno sprone maggiore al raggiungimento dei diversi obiettivi”.

 

di Roberto Colella

 

 


Il Direttore R. Colella insieme al Colonnello pilota Giovanni Balestri comandante del 36° Stormo (foto  Mike Buono)

 

 

 

Tecnologia israeliana: il carro armato Merkava

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All’Eurosatory di Parigi del giugno 2010 è stato esposto il carro armato israeliano Merkava 4.

E’ la prima volta che tale mezzo viene presentato in un salone internazionale. Questo potrebbe significare che l’industria militare israeliana vuole saggiare la possibilità di esportare tale prodotto, che, si fa presente, non è mai stato ceduto a nessun paese straniero finora.

- Merkava 1 e 2.

Il Merkava apparve alla fine degli anni settanta. La sua creazione fu voluta per poter consentire ad Israele di non dover dipendere da paesi stranieri per la produzione di MBT.

Già la prima versione, Merkava 1, introdusse il concetto di MBT dotato di motore anteriore. Si trattava e si tratta ancor oggi di una soluzione inedita. Tutti gli altri carri prevedono l’installazione nella parte posteriore del mezzo dell’unità propulsiva: ciò consente di avere il propulsore in posizione protetta, e di poter occultare meglio la traccia termica. Col Merkava si è previsto di utilizzare il motore come protezione aggiuntiva e finale dell’equipaggio: qualora il mezzo venisse colpito frontalmente e la corazza non dovesse resistere all’impatto, il gruppo moto-propulsivo costituirebbe un ultimo ostacolo. Tale disposizione consente inoltre di poter accedere all’abitacolo attraverso un portello posteriore, simile a quello degli IFV. All’interno è previsto lo spazio per alloggiare una squadra di fanteria, oltre all’equipaggio. Risulta quindi chiaro che il Merkava è un carro adatto anche alla guerriglia, oltre che agli scontri simmetrici con divisioni corazzate nemiche. Il Merkava 1 aveva un motore da 900 hp e il cannone da 105 mm. La corazza era composita, derivata dalla RHA e dalla Chobham. Fu subito impegnato nella guerra del Libano del 1982. Da questa iniziale versione, che presentava alcuni difetti, come un sistema di puntamento del pezzo non molto preciso, si passò alla seconda, che fu giudicata positivamente dagli ufficiali israeliani. In complesso il carro garantiva lo stivaggio di un gran numero di munizioni (90 da 105 mm) in posizione molto protetta, utilizzando oltre al bustle, anche la capiente stiva. Altra caratteristica inedita per un MBT era l’introduzione di un mortaio da 60 mm, utile per i conflitti contro la guerriglia: sul primo modello era collocato esternamente, nella seconda versione fu installato all’interno della torretta e consentiva all’operatore di utilizzarlo senza esporsi al fuoco nemico. Anche l’elettronica di bordo fu migliorata con la seconda versione, e consentiva una visibilità molto migliorata. Queste versioni iniziali del carro avevano già una massa di ben 63 tonnellate, davvero elevata, mentre il motore non era molto potente. Se effettuiamo un confronto, il Leopard 2, entrato in produzione nel 79, aveva già un motore da 1500 cavalli e il pezzo da 120mm, anche se una massa inferiore, il Challenger (1982) una potenza di 1200 cv e il pezzo da 120mm rigato, con una massa da 62 tonnellate, l’M1 (1980) una turbina da 1500 cavalli e una massa di oltre 60 tonnellate, con un cannone da 120mm di origine Rheinmetall che fu adottato nell’85.

- Merkava 3

Bisogna attendere il 1990 per vedere il Merkava 3, dotato di un Diesel V12 Continental da 1200 hp e del cannone IMI-Rheinmetall 120/44. Fu subito notato che l’ottima trasmissione e le ottime sospensioni di molle consentivano prestazioni effettive pari a quelle dell’M1, dotato di un motore più potente. Altre innovazioni, avutesi con le successive varianti del Merkava 3, sono state:

- una torretta ridisegnata per muoversi indipendentemente dallo scafo,

- due telefoni esterni per le comunicazioni date dalla fanteria,

- una stiva per munizioni più sicura,

- un disegnatore laser,

- -il sistema modulare Kasag, che consentiva una più facile riparazione delle parti della corazza danneggiate in conflitto,

- Altri miglioramenti nella corazza con la versione Mark 3 B.

La versione Mark 3 Baz (1995) prevedeva:

- un nuovo sistema di controllo del fuoco per consentire di puntare il bersaglio in movimento,

un sistema di protezione NBC,

- un sistema d’aria condizionata,

- miglioramenti nella protezione balistica,

- una corazzatura balistica per scafo e torre.

La versione Dor-Dalet introdusse modifiche sperimentali utilizzate sul Mark 4,

-nuovi cingoli più resistenti di origine Caterpillar,

-un tamburo a movimento meccanico a cinque colpi che consentiva di facilitare il lavoro del servente a pezzo, soprattutto quando il carro si muoveva velocemente sui montuosi territori mediorientali, garantendogli la facoltà di non dover ricaricare ad ogni singolo colpo sparato.

Se confrontiamo questa inedita soluzione con il caricatore automatico del Leclerc, possiamo notare come entrambe consentano di avere il cannone sempre pronto al fuoco. Ma mentre il caricatore automatico può essere utile per gli eserciti professionali, in quanto il costo di tale meccanismo viene compensato dal non avere il servente al pezzo, per un esercito come quello israeliano, composto da numerosi militari di leva, esso rappresenterebbe una spesa inutile.

Col Merkava Mark 3 la massa già elevata delle prime versioni, di 63 tonnellate,arrivò a ben 65.

Il carro Merkava si presentava quindi come una macchina eccezionale per la lotta alla guerriglia, utilizzando soluzioni mai praticati da altre industrie militari, e che ormai reggeva bene il confronto con gli altri mezzi corazzati su ogni aspetto.

Ma l’evoluzione di questa impressionante macchina non era ancora terminata. Nel 1999 si pianificò l’ennesima evoluzione: il Merkava 4.

Tale versione entrò in servizio nel 2004. Và notato come in alcuni ambienti istituzionali lo sviluppo ulteriore di un ottimo MBT venne considerato un onere inutile, anche in considerazione della generale staticità, in questo periodo, del mercato dei carri armati.

Il nuovo modello presenta una nuova torretta priva di spigoli e il gruppo propulsivo è composto dal motore MTU 883 abbinato alla trasmissione a cinque rapporti in avanti della Renk, tutto prodotto in America su licenza. Siamo quindi di fronte a quello che viene considerato il migliore power-pack al mondo. Si era pensato inizialmente anche alla meccanica del Leclerc: evidentemente le soluzioni ultra-sofisticate dell’industria francese, principalmente il motore ipercompresso, non hanno dato sufficiente certezza di affidabilità ai vertici israeliani. Ulteriori innovazioni sono:

- il sistema di controllo del fuoco El-Op,

- una corazza rinforzata e l’introduzione dello scafo a V, davvero utile nel disperdere l’energia dell’esplosine delle mine,

- le munizioni sono stivate in un nuovo comparto ignifugo,

- il tamburo manuale a cinque colpi è sostituito da uno automatico a dieci,

- è introdotta una mitragliatrice da 12,7 utile contro i veicoli,

- sono migliorate le sospensioni e i cingoli, ben adattate all’uso sulle rocce,

- un sistema di collegamento elettronico agli UAV,

- l’adozione dl missile terra-aria LATA, utile contro gli elicotteri, e che si avvale del cannone quale rampa di lancio.

Va notato come anche gli Israeliani non abbiano adottato il cannone da 120/55 della Rheinmetall: tale arma, data la maggiore lunghezza, risulterebbe più ingombrante nei centri urbani.

La singolare architettura del Merkava ha consentito di realizzare una versione speciale del carro, la versione ambulanza, che non trova equivalenti in altri MBT. Il Merkava ambulanza consente di soccorrere i feriti sul campo, mettendoli al sicuro e consentendo al personale medico di intervenire su di loro mentre il mezzo può rispondere al fuoco. Esiste inoltre una versione da recupero, il Nam’mer (tigre) dotato anche di un generatore di emergenza; il Namer è invece l’IFV realizzato sullo scafo del Merkava: esiste la versione realizzata sulla base del Merkava 1 e quella su base del Merkava 4. La presenza del motore anteriore ha stimolato anche la realizzazione di un obice semovente da 155mm su scafo Merkava, ma tale versione è rimasta allo stadio di prototipo.

Il Merkava 4 è stato ampiamente utilizzato nella guerra del Libano del 2006. Numerosi carri sono stati colpiti da razzi e missili anticarro di fabbricazione russa anche di ultima generazione, e a doppia carica cava in tandem, quali Rpg-29, AT-5, AT-13, AT-14. Un altro carro è stato colpito da un ordigno IED. In tali casi ci sono state vittime tra gli equipaggi. Tutto ciò ha fatto pensare che i Merkava 4 non siano sufficientemente sicuri. Ma alcuni esperti, come David Eshel, ritengono che non sia così: secondo statistiche il numero medio di vittime per carri colpiti è sceso da 2 della guerra dello Yum-Kippur a 1,5 nella guerra del Libano dell’82 ad 1 nella guerra del Libano del 2006. I vertici militari israeliani propenderebbero per l’acquisti di altri Merkava 4 dotati del nuovo sistema di protezione attivo Trophy.

 

 

di Antonio Frate

 

 

Tecnologia francese: il carro Leclerc

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Il carro armato Leclerc è l’attuale carro armato in uso all’esercito francese. Si tratta di un MBT (Main Battle Tank) di terza generazione.Al momento della sua entrata in servizio, intorno al 1990, si presentava come un mezzo estremamente avanzato.Verso la metà degli anni sessanta vari paesi occidentali decisero di sviluppare carri armati moderni per contrastare i T-62 e T-72 sovietici e le loro successive evoluzioni.Così, mentre nel 1979 apparivano i Leopard 2 tedeschi e nel 1980 gli Abrams statunitensi, l’Armeè de Terre aveva spinto per lo sviluppo di un carro più avanzato di questi. Le linee guida del progetto furono delineate nel 1978 ed i primi mezzi completi videro la luce nel 1986, ma a causa di problemi tecnici la produzione definitiva iniziò solo nel ’90 (l’operatività va catalogata nel 1991). Il nuovo carro francese Leclerc nacque quindi quando la Guerra del Golfo era ormai conclusa. Essendo stato tale conflitto l’ultimo scontro simmetrico combattuto da paesi NATO, il Leclerc non è mai stato messo alla prova delle sue reali capacità, anche se tuttora opera in vari teatri in cui si hanno scontri asimmetrici. E’ stato acquisito, oltre che dalla Francia, anche dall’esercito degli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia il crollo del mercato degli MBT successivo alla caduta del Muro gli ha precluso quello che avrebbe potuto essere un successo commerciale. La Germania decise infatti di svendere le grandi quantità di Leopard 2 costruite per resistere ad una eventuale invasione da Est, e tali carri si diffusero velocemente in tutta Europa a prezzi contenuti.

Il Leclerc si caratterizza per essere un prodotto che, al momento della sua entrata in servizio, si presentava innovativo sotto tutti i punti di vista.

- La corazza. Con il Leclerc la Francia abbandona il concetto di carro poco protetto ma veloce e si allinea ai parametri di altri paesi. La massa del nuovo carro francese è pari a 54 ton., valore simile ai primi Leopard 2. Ma è il tipo di corazza ad essere innovativo: non Chobham come i carri americani e inglesi(un involucro d’acciaio riempito di materiali speciali tra cui ceramiche per contrastare i proiettili a carica cava) e nemmeno spaziata come i primi Leopard 2 (tale da poter arginare l’effetto delle esplosioni al primo strato) ma una corazza realizzata con componenti compositi e modulari in modo da poter essere facilmente riparata e rimodulata dopo essere stata lesionata, e per di più con capacità reattive ma non esplosive (NERA), superiore ai mattoncini esplosivi che sovente ricoprono i carri orientali per far esplodere all’esterno le cariche Heat (High Explosive Anti-Tank) ma pericolose per le truppe di fanteria che si operano vicino al carro.

- L’armamento. Il cannone del Leclerc è un 120mm con una lunghezza di 52 calibri, superiore a quella del Rheinmetall (120/44) (poi tale ditta ha commercializzato anche il 120/55 per non rimanere indietro). Ha quindi una velocità d’uscita del proiettile leggermente superiore. E’ dotato di un caricatore automatico, caso raro per i carri NATO (solo i carri giapponesi Type 90 e 10 ed il nuovo K-2 sudcoreano lo adottano, oltre ai carri russi e cinesi) ma rispetto ai caricatori dei carri dell’ex-Patto di Varsavia è molto più sicuro: i proiettili pronti all’uso (22) sono stivati nella parte posteriore della torretta in compartimenti protetti, oltre ai diciotto sistemati nella stiva, a differenza dei T-72 che utilizzano un caricatore rotante sul fondo della camera di combattimento. Nella Guerra del Golfo, i T-72 iracheni colpiti spesso esplodevano uccidendo l’equipaggio a causa di tale soluzione. Il Leclerc ha quindi un equipaggio di tre operatori, non quattro come nei vari Leopard 2, M1, Ariete, Challenger, Merkava. Il caricatore automatico consente una velocità di ricarica superiore a quella che può offrire un servente al pezzo, soprattutto quando in combattimento il carro si muove velocemente su terreno accidentato ed è soggetto a forti scuotimenti. E’ possibile utilizzare cinque tipi di munizioni differenti, anche se una volte introdotto un proiettile, esso non può essere rimosso. Si aggiunge a tutto ciò un estrattore di fumo migliorato, rispetto al semplice foro d’uscita. Le mitragliatrici sono due. Una da 12,7 millimetri coassiale per i bersagli “duri” e una da 7,62 telecomandata in torretta (soluzione innovativa anche questa per l’epoca). I lanciagranate Galix hanno prestazioni migliori rispetto ai Krauss-Maffei tedeschi, infatti sono stati adottati anche dall’Ariete, entrato in produzione successivamente. Possono lanciare oltre ai fumogeni, anche granate anti-uomo ed altri tipi di munizioni. La torretta è azionata da un motore elettrico, che la muove velocemente e consente di puntare con precisione, ed è certamente più sicura dei meccanismi idraulici, che nel caso vengano colpiti possono riversare olio bollente all’interno della torretta.

- Propulsione. Si tratta un V8 diesel di soli 16000cm3 da 1500 cavalli (25.800cm3 per l’Ariete, 26.000cm3 il Challenger con 1200 cavalli, ben 47.600 l’MTU 873 del Leopard 2, che sviluppa anch’esso 1500 cavalli, tutti V12). 1500 cavalli è anche la potenza sviluppata dall’assetatissima turbina dell’M1. Per raggiungere tale potenza con una cilindrata così piccola il V8 francese utilizza una turbina che garantisce una sovrappressione del compatto motore, e che può essere usata anche come generatore (evitando di dover accendere l’intero motore) e per le partenze a freddo. Il volume occupato dal motore del Leclerc è molto più piccolo degli altri carri, per cui la lunghezza complessiva del mezzo è di un metro inferiore rispetto al Leopard 2. Modernissimo per l’epoca anche il cambio automatico, a cinque marce anteriori e due posteriori. Tra le varie soluzioni consente di accendere il motore trainando il carro. Così il Leclerc è il carro con la migliore accelerazione: da 0 a 32km/h in 5.5 sec. contro i 6 del Leopard 2 (anche se il consumo è leggermente maggiore). Esiste addirittura un meccanismo che consente elevatissime decelerazioni , utilizzabile per sottrarre il carro dalla traiettoria di tiro del nemico: per l’equipaggio sono state previste apposite cinture di sicurezza. Le sospensioni son regolabili, con escursione di 300 mm.L’autonomia, di 550 km, può esser aumentata a 650 con l’aggiunta di due serbatoi esterni. Questi, in caso di combattimento, devono essere sganciati per consentire l’ottimale movimento del cannone.

- Sistemi. Il Leclerc è stato integrato con sistemi che si possono definire 'vetronica' e il costo complessivo è talmente alto che supera il 50% di quello totale, per la prima volta in un carro armato. Tra le altre funzioni vi sono consolle interattive, sistemi di comunicazione rapida per il PR4G (Poste Radio 4éme Generation della Thomson-CSF) e mostrare i dati ai carri di altre unità tattiche o riceverne: in questo modo è possibile per il comando dell'unità sapere la posizione dei propri carri armati (cosa prima d'ora tutt'altro che pacifica), lo stato dei materiali, danni, consumo di carburante e munizioni etc. etc. con tanto di programmazione logistica dei rifornimenti. Si aggiungano i sistemi di supporto: carri recupero, portacarri, simulatori Thomson CSF SEE per l'equipaggio, ETT per la torretta, EP per il pilota, STC per addestramento al tiro, stazioni mobili di controllo D-2G della Sextant Avionique, un'azienda specializzata in avionica, il SIR-ABC (Sistema Informatico Reggimentale-Arma della Cavalleria Blindata).

Il Leclerc è stata quindi un’innovazione tecnologica assoluta. Il prezzo nell’anno di entrata in produzione era di 30 milioni di franchi, pari a 6,5 miliardi di lire: elevato, certo, ma bisogna considerare la tecnologia disponibile. I mezzi adottati dagli EAU sono dotati di motore MTU: soluzione per ridurre tale prezzo. Gli M1 costavano meno, ma bisogna sommare i consumi elevati e la presenza del servente, che ha un costo considerevole per eserciti che utilizzano militari non di leva. Il Leopard 2 invece è stato ritenuto più affidabile (si pensi a motore, sospensioni...) e con costi di gestione ben più contenuti rispetto ai carri americani.

Il Leclerc dispone di una variante carro-recupero. E’ stata presentata al pubblico anche una versione adatta alla guerriglia urbana: al carro base sono state aggiunte componenti quali protezioni aggiuntive per i cingoli, per il motore (nella guerriglia gli attacchi possono giungere da ogni lato), per la torretta ed una mitragliatrice da 12.7 mm. a controllo remoto.

 

di Antonio Frate

 

 

Che fine farà l’F 35?

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L’F 35 è spesso oggetto di polemiche nel nostro paese: queste si basano principalmente sui costi e sulla efficacia del prodotto.Va subito detto che quasi tutti i paesi europei hanno deciso di aggiornare le loro flotte di caccia. A tal riguardo siricorda che i caccia di terza generazione russi, i Mig 29 ed i Sukhoi 27, si sono dimostrati subito superiori agli F-15 ed F-16 durante gli anni ’80. Il gap fu parzialmente ridotto con l’introduzione dei missili a medioraggio AIM-120 AMRAAM del tipo “lancia e dimentica”, ma poi anche i loro potenziali rivali prima citati hanno avuto armi simili. Da qui nacque la gara che portò ad avere i prototipi dell’F-22 e dell’F-23 a capacità stealth (ed è stato l’F-22 ad aggiudicarsi la vittoria con la formula meno invisibilità, più manovrabilità). Tale aereo è il naturale sostitutodell’F-15. Ma per sostituire l’enorme flotta dei caccia medi americani e degli altri paesi utilizzatori di questi eranecessarioun modello più piccolo ed economico: l’F-35 appunto, il quale nelle sue tre versioni si candida a sostituirela quasi totalità di tali caccia.V’è da dire che il nostro paese era già entrato in possesso di un caccia di nuova generazione (quarta generazione emezza!) con l’Eurofighter Typhoon, il quale andrà a comporre la flotta degli intercettori (con 121 modelli previsti,probabilmente da ridurre a 96). L’F-35 andrà invece a comporre la flotta dell’aviazione navale con 22 modelli F-35 B, più altri 40 dello stesso tipo per l’Aeronautica e 69 in versione A per l’attacco al suolo, sempre per l’Aeronautica. Il Typhoon è un prodotto eccellente ed interamente europeo (e, con l’entrata in servizio dei missili Meteor, voluto soprattutto da Blair, esportabile anche senza il consenso degli USA).Tuttavia per soddisfare le nostre esigenze era necessario un caccia imbarcabile su portaerei convenzionali prive di catapulte, quali la nuova Cavour.

Per soddisfare tare esigenza vi erano due soluzioni:

a) sviluppare una versione “ad hoc” del Typhoon;

b) entrare nel piano produttivo dell’F-35. 

 

Il nostro paese ha scelto questa seconda strada, insieme al Regno Unito. Seguire la prima soluzione si sarebbe rivelato difficoltoso, senza una collaborazione internazionale. La strada prescelta ha permesso di avere un modello di caccia ancora più moderno, ma al costo di dover sviluppare e gestire due prodotti differenti, con costi maggiori (progettazione, assemblaggio, addestramento, manutenzione ecc.). Tra l’altro l’interfaccia dei due velivoli è completamente differente. Per quanto riguarda l’efficacia del velivolo, e in particolare l’invisibilità, vi è da dire che il Typhoon ha già una traccia radar bassissima, a dispetto della linea che lo fa assomigliare ad un mezzo della generazione precedente. Ma l’F-35 va ancora oltre. Vi è la presenza della stiva interna in cui può essere alloggiato parte del carico. Senza carichi esterni vi è quindi una minor traccia radar. Ma a pieno carico tale vantaggio svanisce. Vi è poi l’uso di materiali e vernici speciali e il motore a bassa traccia termica (ma che conferisce prestazioni inferiori ai SU-35). Con tali tecnologie il velivolo sarà invisibile, ma solo per i radar non modernissimi ( es. come il radar del Typhoon, che può vederlo). Il rivale naturale dell’F-35 sarà il Sukhoi T-50, anch’esso ancora un prototipo, e dal quale, considerando i suoi predecessori, ci si aspetta che sia un mezzo temibile.

 

 

 

 

di Antonio Frate

 

 

 

 

 

Scheda tecnica del comandante Foscari

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C.te Foscari

E’ uno dei PATTUGLIATORI D'ALTURA Classe "Comandanti" (4 unità)

 

 

C.te Cigala Fulgosi P490

C.te Borsini P491

C.te Bettiga P492

C.te Foscari P 493

• Dislocamento: 1.512 t.pc.

• Dimensioni: 88,6 x 10,2 x 3,34 m

• Equipaggio: 60/70

• Apparato motore: 2 diesel Wärtsilä-NSD W18-V-26 XN

• Potenza: 2 x 6480 KW (regime 1000 r.p.m.)

• Velocità: 25 nd

• Autonomia: 3.500 mg / 14 nd

• Potenza elettrica: 2.700 kW (3 Isotta Fraschini V1712T2ME da 900 KW ciascuno)

• Armamento: 1 cannone OtoBreda 76/62 SR;

2 mitragliatrici OtoBreda-Oerlikon KBA 25/80

1 elicottero AB-212 (o NH-90)

 

Questi nuovi pattugliatori d'altura, ai quali sono stati assegnati i nomi di Comandanti di Cacciatorpediniere decorati con Medaglia d'oro al Valor Militare per imprese compiute nell'ultimo conflitto mondiale (C.C. Giuseppe CIGALA FULGOSI, C.C. Costantino BORSINI C.C. Ener BETTICA, C.F. Adriano FOSCARI), propongono una forma della carena ottimizzata per migliorarne le prestazioni in termini di tenuta di mare e di resistenza al moto, di forma tonda convenzionale, nonché scafo e sovrastrutture realizzati in acciaio ad elevata resistenza (fatta eccezione per la Foscari che ha sovrastrutture in materiali compositi).Sono le prime unità navali "stealth" della Marina Militare Italiana, impiegate in molteplici compiti che vanno dal pattugliamento al controllo del traffico mercantile alla sorveglianza e controllo anti-immigrazione. Inoltre, innovazioni tecnologiche connesse alla sicurezza, alla sopravvivenza ed al mantenimento delle capacità operative hanno permesso lo sviluppo di criteri di ridondanza con particolare riguardo alla compartimentazione ed alla protezione antincendio che ne consente la salvaguardia anche con unità danneggiata.


"Idem animus eadem voluntas"

Il nome e la storia


Adriano Foscari è stato il comandante del cacciatorpediniere Camicia Nera. Di scorta ad un convoglio di navi da carico, nel Canale di Sicilia, il 2 dicembre 1942, improvvisamente attaccato da forze navali nemiche di gran lunga superiori, riusciva a silurare un gruppo di cacciatorpediniere e un incrociatore e, solo dopo aver accertato il definitivo allontanamento del nemico, si poneva alla ricerca e al recupero dei naufraghi.

 

di Antonio Frate