Montini, concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare (prima parte)

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Creato Mercoledì, 13 Aprile 2022 12:55
Ultima modifica il Venerdì, 23 Dicembre 2022 12:56
Pubblicato Mercoledì, 13 Aprile 2022 12:55
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Con il  Bollettino Ufficiale del 2 Giugno 1916, dispensa 47, pag. 264, Decreto Luogotenenziale dell’11 Novembre 1916, n. 21965/64, Registrato alla Corte dei Conti il 19 Giugno 1916, Registro n. 9 Guerra, f. 287, veniva concessa alla memoria del Sottotenente Leopoldo Montini la più alta onorificenza, la Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:
 
«Per ben sei giorni consecutivi guidò, volontariamente, gli uomini, incaricati di distruggere, con tubi esplosivi, i reticolati nemici, riuscendo nell’intento. Successivamente, persistendo ancora nella rischiosa impresa, cadde colpito a morte. Monte Sei Busi, 4 – 18 luglio 1915»
 
La concessione della medaglia seguì il suo percorso burocratico, monitorato dalla famiglia Montini. Tra la corrispondenza epistolare presente in casa, è presente una lettera del Capitano Medico Dott. Olinto Marino, addetto al Comando della 14a Divisione, datata 18 febbraio 1916, nella la quale si illustrava lo stato d’avanzamento della concessione della massima onorificenza:
 
«Carissimo amico
 Mi sono affrettato indagare e fare delle ricerche circa le proposte di onorificenze avanzate per il tuo compianto ed eroico figlio, e posso assicurarti che esse sono partite da vari mesi dal Reggimento, e, con parere favorevole, sono passate attraverso il Comando di Brigata e di Divisione. Oltre non mi è stato concesso di seguirle, poiché non saprei a chi rivolgermi per essere sicuro di sapere la verità. Credo però, - e questa è l’opinione anche di altri, di me certo meglio informati, - che tali proposte trovansi ancora al Comando Supremo e presto saranno trasmesse a Roma, perché ad esse si dia esito e decisione definitiva.Bisogna quindi pazientare un altro poco; ma sono sicuro che fra non molto il nome del tuo prode Leopoldo verrà impresso ufficialmente nel Libro d’oro, come lo è già nei cuori di tutti coloro, i quali ebbero l’occasione di constatarne de visu le gesta magnanime ed il sangue freddo ad dimostrato nell’ultima azione, in cui cadde sul campo dell’onore. Nella commemorazione fatta due o tre mesi fa nella Basilica di Acquileia, ed alla quale assistetti anch’io per i caduti della Brigata «Pinerolo», tra i primi era segnato il nome di Leopoldo Montini, e, se non vi si fossero opposte le Autorità Superiori, sarebbe stata inviata ai singoli ricordati una relazione di essa. 
O. Marino»
 
Conclusa la pratica per la concessione,  giunse al Sindaco di Campodipietra il seguente telegramma dal Comandante il Presidio di Foggia:
«Foggia, 16 Dicembre 1916
N. 3088. Risposta foglio 2099 data 10 corrente informo avere autorità superiore datomi incarico solenne consegna Medaglia oro famiglia compianto Sottotenente Montini. Ragioni opportunità specie imminente partenza truppe per zona guerra costringemi effettuare tale consegna lunedì prossimo o più tardi martedì. Prego quindi informarmi giorno ed ora cui la famiglia Montini giungerà Foggia onde stabilire modalità cerimonia. Comandante Presidio Maggiore Generale Miozzi».
 
Alla presenza del padre e del fratello Luigi, il 19 Dicembre 1916, alle ore 12,30, nella Piazza Prefettura di Foggia, alla presenza di circa due mila soldati, di tutte le autorità civili e militari e delle rappresentanze dei sodalizi e degli Istituti scolastici, ebbe luogo la mesta e solenne cerimonia. Queste le parole pronunciate dal Il Generale Carlo Miozzi, Comandante del Presidio Militare di Foggia, all’atto della consegna della Medaglia d’oro al Valor Militare:
 
« Sottotenente Montini Sig. Leopoldo 
La figura morale di questo ufficiale mi è stata così descritta dal suo valoroso comandante di battaglione, colonnello De Salvi, qui presente. Era coraggioso come un leone, e docile e buono come una fanciulla. Pronto agli ardimenti, infaticabile ai disagi, vigile sempre di fronte all’insidia nemica, seppe, con la parola e col sacrificio costante di ogni suo personale interesse, guadagnarsi la stima e l’amore dei suoi soldati, che, con lui e per lui, sfidarono serenamente la morte. Lo si vedeva sorridente e calmo, piccolo e audace, dove i pericoli erano maggiori; e la sua bella fisionomia di adolescente, avido di egregie imprese, era per tutti come uno specchio, sul quale la titubanza altrui si rifletteva con contorni marcatamente brutti. I soldati ne piansero la prematura fine, e al suo corpo dettero la spiritualità poetica di una leggenda. In Selz, a Monte Sei Busi, il 14° reggimento ebbe a sfidare quasi sempre la impresa più arrischiata: quella del taglio dei reticolati nemici. Era, volontario comandate della pattuglia ardita, sempre il sottotenente Leopoldo Montini. Cinque volte, a Selz, collocò e fece brillare i tubi di gelatina esplosiva, sotto il grandinare dei proiettili nemici, per un magico potere, pareva non avessero efficacia sul suo corpo. Era sempre miracolosamente illeso. Ma, a Monte Sei Busi, la sua sorte si decise rapidamente, in una calda giornata di luglio. Il nemico pareva accresciuto di numero e di audacia. Bisognava attaccarlo, per prevenire una possibile mossa. Ma, l’attacco non era possibile, se prima non si rimoveva il solito ostacolo: il reticolato di ferro. Ed il Montini, sempre pronto, sempre temerariamente audace, sempre sorridente, ritornò all’usata prova. Cauto, silenzioso, calmo. Egli esce dalla trincea. I soldati portatori di tubi, lo seguono. Ai primi passi, le vedette nemiche, che spiavano, scorgono la eroica pattuglia, e la bersagliano con una scarica di fucili. Tutti cadono, fulminati, meno il tenente Montini. “che succede, dunque?”, si domanda il comandante di battaglione, che trepidava per lui, e ne avrebbe visto volentieri il prudente ritorno. “Eccolo!”, esclamano alcuni soldati, e lo additano al colonnello De Salvi, nell’atto che afferra il tubo e muove, correndo, sotto il reticolato. La corsa ansiosa procede spedita, “Quel diavolo si salva anche stavolta!”, mormora taluno, e sorride già, spiando dalla feritoia del riparo l’arrischiata operazione. Il tubo è collocato. “Cosa fa?”, domanda un soldato: “Cerca i fiammiferi” risponde un altro. “Li ha trovati e li accende”, aggiunge un terzo. Ma, mentre, ginocchioni, cercava di dar fuoco alla miccia, ecco che si scuote indietro, e rimane immobile. Era stato colpito! In fatti, era stato lì, fermo, colpito a morte! Qualche giorno dopo, il cadavere fu rimosso; e si vide dalla gola e dalla fronte squarciate era sgorgato abbondante sangue. Ma, l’occhio vitreo e sbarrato conservava la sua direzione visuale verso il nemico, e le mani erano rimaste afferrate ai fili d’acciaio del reticolato. I soldati gli composero una modesta bara di legno, e gli sparsero fiori sulla tomba ignorata. Gloria all’Eroe!»
 
Così, invece, le parole dedicate al padre, dallo stesso Generale:
 
  «Lei, Sig. Montini, padre dell’eroico Sottotenente, io rivolgo a nome di tutti gli Ufficiali del 14° Fanteria e di quelli di questo Presidio, una parola di commossa condoglianza. Certo la sorte non Le fu benigna togliendole un foglio così intelligente, così bello per virtù civili e domestiche e così valoroso per virtù militari; - certo a Lei, che ne ricorda la difficile ascesa dall’infanzia alla prima giovinezza, quel caro figlio ha dovuto, morendo, lasciarle un solco ben profondo di dolore nell’anima. E, se la parola di un padre Le può esser di conforto, essa Le dirà che anch’io sento la mia anima spezzata da quel medesimo sentimento, che ora affligge la sua. Ma pensi che il suo sacrificio paterno è coronato da una degna ricompensa: suo figlio, morto per gli uomini, non lo è per la Patria e per la Storia. Verrà giorno che si glorificheranno gli Eroi di questa guerra, ed in quel giorno, che io mi auguro prossimo, Lei saprà che al nome del suo figliuolo sarà accordata la vita eterna sulla ,memoria dei soldati d’Italia e in quella di tutti i buoni cittadini che vorranno leggere le pagine delle nostre gesta nazionali.  E lei allora esulterà di tanto orgoglio. Mi è di conforto consegnarle la lucente aurea Medaglia, che il Luogotenente di S.M. il Re volle conferire alla memoria del Suo Leopoldo. Baciandola, io la depongo nelle sue mani».
 
di Antonio Salvatore