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Marocco, destino crudele per il bimbo caduto nel pozzo e deceduto

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Una notizia che ha tenuto in apprensione tutto il mondo è stata quella della caduta del piccolo Ryan Ourram in un pozzo (profondo 32 metri, largo solo 25 centimetri) situato in un appezzamento di terreno di proprietà della famiglia a Tamrout, nel nord del Marocco. Per cinque lunghissime giornate medici, soccorritori con mezzi, speleologi e gente comune hanno scavato un tunnel parallelo, a volte anche a mani nude, per salvargli la vita. Le operazioni di salvataggio del bimbo hanno avuto degli imprevisti a causa del pericolo di smottamenti del terreno e di ritardi dovuti a rocce da rimuovere per creare il cunicolo per portare in salvo il bambino. I soccorritori sono poi riusciti a mettersi in contatto con il piccolo tramite un collegamento radio e a fargli arrivare ossigeno, acqua e viveri con una sonda. Il bimbo, comprensibilmente affaticato e spaventato, è riuscito a parlare anche con il papà Khalid e con la mamma Soumaya che hanno riferito che il piccino era confuso e che respirava a fatica. La vicenda sembrava volgere al meglio nella giornata di ieri quando le squadre di soccorso erano riuscite a realizzare delle strutture di protezione per far venir fuori il fanciullo. All’uscita dal pozzo ad attenderlo ci sarebbe stata un’ambulanza con sanitari e psicologi. Poi l’infausto epilogo: il corpicino di quell’anima innocente è tornato in superficie cadavere. Dopo quelle drammatiche ore, ai congiunti di Ryan è arrivato il cordoglio di re Mohammed VI che ha espresso profonda commozione e tristezza per un’esistenza portata via troppo presto. Il ricordo degli italiani subito è andato all’accadimento simile occorso 40 anni fa, 13 giugno 1981, ad Alfredino Rampi, precipitato anch’esso in un pozzo artesiano e morto a Vermicino, a pochi chilometri da Roma.

di Domenico Pio Abiuso