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La Leva, la Reazione ed il miracolo di San Basso

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All'indomani della proclamazione dell'Unità d'Italia (17 marzo 1861), diverse fasce della popolazione dell'Italia meridionale iniziarono ad esprimere il proprio malcontento verso il processo di unificazione. La situazione nel Meridione era tutt'altro che tranquilla, ai problemi di natura  militare legati al non controllo di migliaia di soldati sbandati del disciolto esercito borbonico, si aggiungeva il costante peggioramento economico dei braccianti agricoli, parte consistente della popolazione meridionale, che, causa anche la privatizzazione delle terre demaniali a favore dei vecchi e nuovi proprietari terrieri, si trovarono a fronteggiare una situazione economica, se possibile, ancora peggiore rispetto al passato. Al quadro già esplosivo si aggiunse da parte del neonato Governo italiano l'introduzione della leva obbligatoria di massa, che depauperava di fatto la forza lavoro della classi meno abbienti. Così, alle già operative formazioni armate nate come “reazione” nel 1860, nacquero nel 1861  numerose altre bande, che non riconoscendo la legittimità e l'autorità costituita, si scontrarono ripetutamente con le truppe regolari e a cui seguì una risposta politico-militare fortemente repressiva. Il fenomeno porterà ad una escalation di violenza che culminerà con la promulgazione di provvedimenti legislativi eccezionali e la proclamazione dovunque dello stato d'assedio. Nel 1863 per la “guerra” al brigantaggio saranno impiegati circa 120.00 uomini dell'Esercito Italiano, di cui: 52 reggimenti di fanteria, 6 reggimenti granatieri, 5 reggimenti di cavalleria, 19 battaglioni bersaglieri, rinforzata la Guardia Nazionale, aumentati i reparti di Carabinieri. Ovviamente, anche il Molise, tra le provincie meridionali più fortemente filo borboniche, sarà teatro di violenze e scontri armati tra briganti e truppe regolari e dove non di rado si avvicenderanno “occupazioni” e “liberazioni” di borghi e paesi. L'organizzazione militare del territorio meridionale era articolata in 5 comandi di divisione territoriale e 38 comandi provinciali e di distretto, per la direzione e la responsabilità dell'ordine e della sicurezza pubblica, tramite le quali le autorità amministrative e giudiziarie si servirono per eseguire sentenza di tribunali, riscuotere tributi e ripristinare l'osservanza della legge. Tale articolazione però non risultava sufficiente, tanto da far costituire nelle province più turbolente una apposita organizzazione operativa, articolata in Zone Militari, indipendente e sovrapposta a quella territoriale, con il compito della distruzione della bande brigantesche. In ciascuna delle suddette Zone Militari fu realizzata una rete di presidi fissi nei centri maggiori, con colonne mobili per il controllo delle campagne, inoltre un'aliquota delle forze fu destinata a servizi di presidio e di scorta a diligenze, corrieri postali, autorità civili e militari, la parte rimanente, ripartita in distaccamenti e colonne mobili, provvedeva quotidianamente alla perlustrazione del territorio. Nella provincia di Molise fu istituita la Zona Militare di Campobasso, a Termoli, luogo di svolgimento del nostro "miracolo" era operativa la colonna mobile del 26° Battaglione del 4° Reggimento Bersaglieri. È in questo drammatico quadro tinteggiato dai colori della violenza, della ribellione e soprattutto della povertà, che si staglia il teatrale episodio perpetrato da alcuni marinai di Termoli il giorno 24 settembre 1862, allorquando, facendo credere che S. Basso (Protettore di Termoli) avesse fatto un miracolo, volendo con ciò spiegare che i colpiti nella Leva Militare di Marina non dovessero obbedire alla chiamata di leva, richiamarono al suono delle campane il popolo termolese all'interno della Cattedrale, aizzandoli, aiutati anche da "spontanei" sermoni declamati da alcuni chierici compiacenti, contro la forza pubblica in una improvvisata e mal riuscita forma di Reazione.

di Antonio Salvatore