Jihad, perché Manchester?

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Creato Mercoledì, 24 Maggio 2017 17:31
Ultima modifica il Mercoledì, 27 Settembre 2017 08:08
Pubblicato Mercoledì, 24 Maggio 2017 17:31
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Premesso che l'Islam non è una minaccia ma che il 15% della popolazione di Manchester è musulmana superiore anche a Londra definita ormai Londonistan, che il 6% dello moschee inglesi è controllato dai wahabiti e che la metà è in mano ai fondamentalisti deobandi e che un terzo dei musulmani presenti rifiuta la cultura britannica soprattutto quelli di seconda e terza generazione, quante probabilità ci sono di arruolare kamikaze per attentati suicidi? Numerosi musulmani di cittadinanza britannica negli ultimi anni hanno lasciato il paese per unirsi ai jihadisti dell’Isis. Il quotidiano inglese “The Indipendent” nel tempo ha raccontato le storie di tanti giovani, uomini e donne partiti per combattere sotto i vessilli neri di Abu Bakr al-Baghdadi. Abu Dugma al-Britani, uno di loro, in un messaggio via Twitter, nel 2014 aveva profetizzato al Regno Unito e agli inglesi un futuro ben preciso: “Occuperemo Downing Street e sgozzeremo a Trafalgar Square tutti quelli che non si vorranno convertire. L’Isis (lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante) sta arrivando”. Nello specifico, la città di Manchester è sempre stata una base di notevole rilevanza per il terrorismo internazionale. I primi arresti legati a questo fenomeno risalgono al 1995. Nella warehouse city, come riporta la rivista Limes, erano attivi alcuni membri della Algerian connection che controllava la moschea di Finnsbury Park, uno dei principali centri del radicalismo islamico europeo. Manchester ha anche una grande tradizione nell’esportazione di combattenti stranieri. Il foreign fighter più noto è Munir Farooqi, che si unì ai talebani nel 2001. Sempre a Manchester fu trovato nel 2000 il “Manuale di al Qaeda”, un file con i primi precetti per il buon jihadista. Il documento fu recuperato nel computer di Abu Anas al-Libi, un noto terrorista di origini libiche, le stesse del kamikaze dell'Arena. Altro punto debole il fatto che l’attentatore di Manchester fosse già noto alle autorità. Insomma un attenzionato in libera circolazione, il 23enne Salman Abedi che ha deciso di colpire ragazzi e ragazze ad un concerto di una popstar. Ovviamente colpire ragazzi e bambini fa molta più audience da un punto di vista mediatico, uno dei principali obiettivi di una azione terroristica. Eppure tutto ciò era contenuto nella rivista del presunto Stato Islamico “Rumiyah” dove si può leggere che ci “si dovrebbe ricordare che gli infedeli hanno ucciso molte più donne e bambini musulmani. E, comunque, anche se non fosse così, sarebbe ancora consentito colpire le masse di miscredenti senza riguardo per le uccisioni collaterali di donne e bambini”.

Il punto del direttore (dal blog Guerra e Pace - QN)