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Armamenti italiani in Medio Oriente

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In questo periodo si sente parlare del rallentamento della crescita globale, delle turbolenze e debolezze dei mercati finanziari e di una possibile recessione. Assieme a queste ipotesi sono affiancati dati macroeconomici che evidenziano come effettivamente ci sia stato un calo nelle vendite al dettaglio, o nella fiducia dei consumatori e sulle aziende, nonché un calo dell’import/export. E proprio riguardo quest’ultimo dato, finora non si è parlato, o tenuto conto, di dati riguardanti un altro aspetto: quello delle vendite di armamenti di natura italiana in stati attualmente in guerra. In effetti si parla di numeri a doppie cifre in quanto l’export di armamenti militari italiani è salito del 16% nell’ultimo anno. Si stima che siano state spedite armi per un totale di 2,7 miliardi di euro, di cui 809 milioni in Medio Oriente e, non a caso, chi ne fa maggiore domanda è l’Arabia Saudita. Nella lista dei sauditi figurano caccia Eurofighter, missili IRIS-T che sono stati usati in Yemen per bombardare aree e strutture civili come ospedali e scuole, il tutto coronato da un ampio arsenale di bombe, veicoli e velivoli. Infatti ultimamente si è stigmatizzato sulla fornitura da parte dell’Italia di armi e territori attualmente in conflitto, violando palesemente la legge 185 varata nel 1990 che vieta espressamente le esportazioni di tutti i materiali militari e loro componenti verso paesi in stato di conflitto armato. Eppure il ministro della Difesa, Roberta Pinotti continua a ribadire che è tutto regolare e che l’Italia venda armi a norma di legge. Ma per quale ragione a partire dal 2014 l’Arabia Saudita è diventato il più grande paese importatore di materiale da difesa? Il motivo sta nei disastrosi bombardamenti che il paese sta conducendo nello Yemen con l’obiettivo di fermare l’avanzata dei ribelli sciiti houthi e sostenere il presidente yemenita Mansour Hadi minacciato dalle forze sciite sopracitate, che a loro volta sono alleate con l’Iran. Insomma le nazioni europee, in primis l’Italia, possono considerarsi contributrici di quello che viene definito un “disastro umano” ed i numeri parlano chiaro, in meno di un anno sono circa 35.000 le persone rimaste uccise o ferite, in gran parte civili, senza contare gli oltre 700 bambini uccisi. Inoltre, come già detto, con gli incessanti bombardamenti vengono colpite per lo più infrastrutture sociali, spesso gestite da medici senza frontiere con l’inevitabile conseguenza che rimangano coinvolti anche quest’ultimi. Sembra, però, che giovedì 25 febbraio si sia arrivati ad una svolta, infatti la commissione europea ha votato, con 359 voti favorevoli, un embargo da porre alle armi inviate all’ Arabia Saudita invitando il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ad iniziare un percorso verso il suo concreto raggiungimento. Il provvedimento è stato preso proprio per far fronte alla chiara violazione dei diritti umani e risolvere la critica situazione in Yemen. Tra le richieste al Consiglio degli Affari Esteri ed al Parlamento Europeo vi è anche quella di sospendere immediatamente tutti i trasferimenti di armi e qualsiasi supporto militare all'Arabia Saudita e ai suoi alleati, soprattutto dopo che 26 degli Stati Membri, l’Italia fra i primi al mondo, hanno sottoscritto il trattato internazionale sugli armamenti (ATT). Inoltre il 16 febbraio un folto gruppo di persone della città di La Spezia, rappresentati da 45 cittadini firmatari, hanno presentato un esposto sulle forniture di armi ai Sauditi dando il compito ad una commissione di verificare se davvero non è stata violata la legge 185 in riferimento al fatto che tra aprile e settembre a La Spezia siano partiti verso l’Arabia Saudita armamenti e munizioni per un valore di 21 milioni di euro. Il conflitto ha avuto inizio a marzo 2015 e negli ultimi mesi sono almeno sei le spedizioni di bombe partite dalla sola Italia verso gli Emirati Arabi Uniti.

di Gabriele Calabrese