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Testate nucleari al largo del Golfo di Napoli

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La vicenda di cui si torna a parlare risale a tanti anni fa, esattamente al 10 gennaio 1970. Vi fu una imponente operazione militare condotta da 37 navi e diversi sottomarini russi al largo delle coste italiane; (fonte quotidiano “Roma” 14 gennaio 1970). I sovietici avrebbero abbandonato venti testate nucleari sul fondale del golfo di Napoli, nel caso in cui fosse scoppiata la guerra tra i due blocchi sarebbero state detonate a distanza. Vi sono prove certe di questi fatti emersi nel 1995 dopo la consegna al SISMI dei documenti di Vasilij Nikitic Mitrokhin, l’archivista del KJB fuggito dall’Unione Sovietica con tutti i segreti che aveva sottratto ai servizi del suo paese. Nel dossier Mitrokhin emergono verità sconvolgenti come il finanziamento da parte del Cremlino al Partito Comunista Italiano ed il coinvolgimento di esponenti della vecchia sinistra quali spie del KGB (Armando Cossutta ed altri); si arriva alle vicende del faccendiere Mario Scaramella una figura ambigua consulente di varie istituzioni italiane e straniere che sarebbe scampato miracolosamente a due tentativi di omicidio. Eccoci al punto in questione, Scaramella era uno dei pochi a sapere dell’esistenza di una antenna installata dai sovietici in una villa di Ercolano di proprietà di un boss della camorra, durante i lavori di demolizione e recupero detriti del plesso viene coinvolto in uno scontro a fuoco rimanendo miracolosamente illeso. La vicenda è avvolta in un impenetrabile strato di nebbia, alle falde del Vesuvio c’è un mistero che vogliono nasconderci? Non possiamo dirlo, ma alcune vicende si prestano a profonde riflessioni. In quel lontano 1970 la guerra fredda toccava i livelli più alti, nel dicembre dello stesso anno in risposta alle operazioni militari sovietiche fu attuato il Golpe Borghese, il colpo di stato sfiorato avente un chiaro intento anticomunista; erano i tempi in cui azioni e reazioni sullo scenario della guerra globale si susseguivano veloci e quei tempi pare siano tornati. Il 9 maggio del 2015 (giorno dell’assassinio di Aldo Moro e del comunista Peppino Impastato) Putin ha festeggiato di fronte ad una imponente parata militare l’anniversario della vittoria sovietica sul nazismo invitando 68 capi di stato da tutto il mondo; l’Europa ed ovviamente gli Stati Uniti hanno snobbato la manifestazione, l’Italia si è mantenuta come al solito in una posizione neutra inviando i ministri Gentiloni e Fabius rimasti in disparte. Col boicottaggio della cerimonia era chiaro l’intento di isolare politicamente la Russia ma è stata immediata la reazione del Cremlino che per bocca del vice ministro della difesa Anatoli Antonov ha annunciato l’inizio di alcune operazioni militari di addestramento nel cuore del mediterraneo che avrebbero visto protagoniste le forze armate russe e cinesi. L’operazione si è poi regolarmente svolta nel cuore e segna il voltafaccia di Putin all’Europa; il primo ministro russo ora sorride alla Cina di Xi Jinping ma come in un film già visto arriva la risposta del blocco rivale esattamente come mezzo secolo fa. Tra ottobre e novembre del 2015 si è svolta nel Mediterraneo la più grande esercitazione dell’Alleanza Atlantica dalla fine della guerra fredda ad oggi, la famigerata Trident Juncture, con la quale si è inteso dare una risposta a Putin ed al novello alleato cinese. A margine delle due operazioni si segnalano voci di corridoio che ci riportano al tema iniziale; la Russia sarebbe a corto di denaro stretta nella morsa della guerra, quella interna col focolaio Ucraina e quello estero col rinnovato impegno in Siria ed in Medio Oriente. Putin negli ultimi anni ha inscenato una politica estera aggressiva ma dispendiosa, qualcuno mormora che l’esercitazione coi cinesi serviva al recupero delle testate nucleari che giacciono ancora intatte nei fondali tra Procida ed Ischia e che sul mercato nero varrebbero una fortuna. Il primo ministro russo in qualità di ex tenente colonnello del KJB dovrebbe conoscere l’esatta ubicazione degli ordigni e questa operazione avrebbe potuto essere la rivincita della marina militare russa che non ha ancora dimenticato la gogna mediatica del 10 agosto 2000 giorno in cui affondò il sottomarino nucleare K-141 Kursk con i suoi 118 marinai. Le grandi operazioni militari si dipanano ripercorrendo le orme del passato come a voler ripetere ciò che è stato, una sorta di malinconia in un mondo che nel meccanismo della guerra fredda aveva trovato un equilibrio sia pur precario. Si va dunque verso il futuro guardando al passato e nelle pieghe dei giorni andati troviamo una pagina di storia dimenticata, quella delle testate nucleari sovietiche al largo del golfo di Napoli. Analizzando questi fatti nel modo più logico possibile si può arrivare ad una ipotesi molto probabile. La verità non la sapremo mai. 

di Giuseppe Barcellona