L'Italia tra i primi dieci esportatori di armi al Mondo

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Creato Domenica, 24 Maggio 2015 08:35
Ultima modifica il Martedì, 10 Novembre 2015 14:07
Pubblicato Domenica, 24 Maggio 2015 08:35
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In Africa 18 miliardi di dollari all'anno vengono spesi per uccidere migliaia e migliaia di persone, sofferenti per la povertà. Su 500 milioni di Salw (armi piccole e leggere) circolanti nel mondo, ben 100 milioni si trovano clandestinamente nel continente nero. Questo emerge dallo studio, aggiornato dell'Archivio Disarmo. Il report di Maurizio Simoncelli è stato esposto nell'ambito del convegno “Africa, Continente in cammino”, a Roma, presso il Seraficum, Università Pontificia di Roma. “Le spese militari dell'Africa sono andate crescendo costantemente dal 1990 a oggi”. Così Simoncelli, vicepresidente dell'Archivio Disarmo, apre il suo studio sul commercio di armi in Africa. Gli embarghi delle Nazioni Unite, che cercano di bloccare le vendite regolari di armamenti tra stato e stato, vengono aggirati da traffici clandestini. Queste armi provengano dagli arsenali di conflitti conclusi, da quelli di guerre in atto in aree vicine, da forze di sicurezza che le vendono o le noleggiano, da governi simpatizzanti, da importazioni esterne all'Africa stessa. Come ricordato, in Africa i costi connessi ai conflitti armati ammontino a circa 18 miliardi di dollari all'anno, annullando completamente gli effetti positivi degli aiuti allo sviluppo. Armi e munizioni vengono vendute anche attraverso i mezzi di comunicazione come Facebook, il che ha permesso di rilevare la presenza in Libia di munizioni provenienti dalla turca Özkursan, dalla belga FN Herstal, dalla portoghese Fábrica Nacional de Munições de Armas Ligeiras FNMAL, dalla russa Barnaul Cartridge Plant CISC, dalla SNIA italiana, dalla cinese Industria di Stato 31 e così via. Il violento gruppo jihadista nigeriano Boko Haram, che ha dichiarato incondizionata adesione all'Isis, per esempio, si è rifornito non solo al mercato nero nell'Africa centrale, occidentale e settentrionale, ma anche direttamente dai depositi delle forze armate e di sicurezza della Nigeria, che a sua volta le aveva acquistate da Italia, Francia, Cina, Russia, Ucraina, Repubblica Ceca, Israele, Sudafrica e Emirati Arabi Uniti. Secondo il rapporto “Armi leggere, guerre pesanti”, nel 2014 le esportazioni italiane di pistole, fucili e carabine sono state pari a 453 milioni, lievemente inferiori al 2013, ma superiori alla media del decennio. Quindi con l'aumentare della crisi economica in Italia sono aumentate anche le esportazioni di armi del nostro paese. Proprio nel momento in cui si parla di un intervento in Libia di cui l'Italia dovrebbe assumere il comando, vengono esportate in tale paese proprio le armi. Oltre alla Libia, anche nel resto del Maghreb sono andati molto bene gli affari delle imprese italiane, Beretta in testa. Nel complesso sono ammontate a circa 30 milioni di euro le esportazioni di pistole, fucili, carabine e simili verso quelle regioni. Insieme al Nord Africa anche il Medio Oriente, dall’Arabia Saudita alla Siria, compresi Iran e Iraq sotto l’attacco degli assassini del Califfato dell’Isis, ha ricevuto dall’Italia un buon numero di pistole. L'incremento maggiore è nell'area nordafricana, dove si è passati dai 3,8 ai 18, mentre nell'Africa subsahariana la crescita è dai 14,1 ai 24,7. Pistole, fucili e proiettili prodotti in Val Trompia, verso inviate in territori martoriati dell'Africa da cui fuggono i disperati che cercano di scampare alle carneficine. Per cui si può ipotizzare che contribuiscano all'aumento del numero dei rifugiati nel nostro paese. L'Italia, tra i primi 10 esportatori di armi al mondo, grazie alla centralità nel Mediterraneo da un lato e all'elevata qualità e affidabilità dei prodotti nostrani, è stata in grado di sviluppare un florido commercio di armi con i paesi del Nord Africa i quali, poi, hanno fatto circolare le nostre armi per l'intero continente, facendo sì che oggi ne esportiamo anche in Sud Africa. Il 6% delle maggiori armi convenzionali esportate in Africa sono italiane e solo Ucraina, Russia, Cina e Francia ne hanno esportate di più. Per quanto riguarda le Salw e relative munizioni, tra i paesi dell'Ecowas che l'Italia ha rifornito ci sono Ghana, Mali, Nigeria e il Senegal,per un valore di poco inferiore ai 2 milioni di dollari. Considerato ciò, è lecito pensare che molte armi made in Italy siano finite in mano a ribelli, terroristi o semplici civili dei paesi confinanti, così come è già accaduto per le armi russe e statunitensi. Clamorosa la classifica mediorientale. Dopo Emirati Arabi Uniti e Israele, Paesi saldamente al comando nella classifica dei compratori regionali di armi bresciane, crescono Kuwait (+286%, per 4 milioni di euro di spesa) e soprattutto il Libano, con 2,1 milioni di euro di acquisti (+72,1% rispetto al 2012) nonostante sia sottoposto a misure di embargo per le armi. I cali più importanti, segnalati da Opal, riguardano Messico e India, quest’ultima a seguito delle recenti restrizioni. Altro Paese che si conferma grande acquirente delle armi bresciane e’ la Turchia con 24 milioni di euro tra armi e munizioni nel 2013. Un dato in diminuzione rispetto ai 36,5 milioni del 2012. Ma il maggior importatore di armi leggere italiane sono gli Stati Uniti con il 42% del totale. In Usa le armi italiane sono molto apprezzate, soprattutto dopo che nel 1985 l’esercito americano decise di adottare per i propri soldati la pistola Beretta M9, rimasta in dotazione in tale esercito fino alla fine dell’anno passato, ed ancora molto usata. Negli Stati Uniti il possesso di armi per uso di difesa personale è un diritto garantito dalla Costituzione oculatamente protetto dalla Nra (National Rifle Association), ritenuta una delle lobby americane più potenti. Per contro la grande diffusione di esse è da ritenersi causa di numerosi incidenti, conflitti a fuoco e delitti.

di Antonio Frate