Valutazione attuale: / 0
- Dettagli
-
Creato Giovedì, 15 Aprile 2021 16:21
-
Ultima modifica il Giovedì, 15 Aprile 2021 16:21
-
Pubblicato Giovedì, 15 Aprile 2021 16:21
-
Visite: 801
Dal 23 al 29 marzo 2021 si è assistito all'ostruzione del Canale di Suez, in Egitto, ad opera della nave portacontainer Ever Given. Guardando le immagini non ci si poteva rendere conto della catastrofe che questo avvenimento stava causando, mentre stava dando un calcio ancora più catastrofico all'economia mondiale, già messa in ginocchio dal Covid19. É stato calcolato che ogni giorno in cui la nave ha bloccato il Canale ha causato 9,6 miliardi di danni, per questo si sono messe subito in funzione le élite di società specializzate in operazioni di disincagliamento navale, come quella olandese Smit Savage. Ma perché questo Canale, apparentemente piccolo rispetto al resto del mondo, se ostruito, causa così tanti danni? Da quando è stato inaugurato, nel 1869, è diventato una delle vie marittime più importanti al mondo e ancora oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, garantisce il 7% del traffico mercantile mondiale e tra le sue acque passa il 12% di tutte le merci del mondo. Questo perché collega direttamente il Mediterraneo al Mar Rosso, l’est all’ovest. Quello dell’Even Given non è stato l'unico avvenimento catastrofico avvenuto al suo interno, basti pensare alle migliaia di vittime morte durante la sua costruzione, a causa delle pessime condizioni di lavoro. Anche durante la Prima e la Seconda guerra mondiale era considerato fondamentale, tanto che i britannici, che ne ottennero il possesso alla fine dell'800, lo difesero in tutti i modi e lo usarono per bloccare le navi tedesche e italiane. Il canale fu coinvolto anche nelle numerose guerre tra Israele e i paesi arabi, a causa di cui venne chiuso per 8 anni, fino al 1975. In questo tempo al suo interno rimasero bloccate 15 navi, che divennero famose con il nome di “flotta gialla”. Quindi, si può vedere, che quello dell’Ever Given non è stato il primo incidente, ma più volte il Canale è stato soggetto a chiusure, rallentamenti, solo che mai una nave di queste dimensioni era rimasta incagliata. Si è sempre più convinti che, oltre alle condizioni metereologiche sfavorevoli, le cause dell'incidente siano da attribuire anche ad un errore umano. Grazie all’ottima equipe utilizzata in questa delicata operazione di disincagliamento, si è riusciti a “salvare” l'economia internazionale in solo 7 giorni; ma cosa sarebbe successo se la nave fosse rimasta per settimane a rallentare il traffico marittimo? Davvero una portacontainer può avere ripercussioni così gravi a livello mondiale? A quanto pare la risposta è sì.
Sarah Jayne Pannella
Valutazione attuale: / 2
- Dettagli
-
Creato Giovedì, 15 Aprile 2021 16:11
-
Ultima modifica il Giovedì, 15 Aprile 2021 16:12
-
Pubblicato Giovedì, 15 Aprile 2021 16:11
-
Visite: 851
Patrick George Zaki, lo studente egiziano che stava svolgendo un master all'università di Bologna prima di essere arrestato all'aeroporto del Cairo, sarebbe accusato di aver svolto una tesi sull'omosessualità. A renderlo noto Nashat Dahi, il conduttore dell'emittente finanziata dal governo egiziano. Il ragazzo secondo il conduttore si era recato all'estero, all'università di Bologna, per studiare l'omosessualità. Il giornalista afferma che la stampa italiana e le organizzazioni internazionali stanno attaccando il governo egiziano e che va quindi "tagliata la loro lingua", con particolare riferimento ad Amnesty International. L'associazione impegnata per la difesa dei diritti umani è testualmente definita "una schifezza". Patrick George Zaki si trova dall’8 febbraio 2020 in detenzione preventiva fino a data da destinarsi. Il 25 agosto, per la prima volta da marzo, Patrick ha potuto avere un breve incontro con sua madre. In questi mesi la famiglia aveva ricevuto da Patrick solo due brevi lettere. Dopo estenuanti rinvii le prime due udienze del processo si sono tenute solo a luglio. Nella seconda, risalente al 26 luglio, Patrick Zaki ha potuto vedere per la prima volta i suoi avvocati. In quell’occasione Patrick è apparso visibilmente dimagrito. Il 26 settembre, a seguito di una nuova udienza, il tribunale ha deciso un ulteriore rinvio. Il 7 dicembre il giudice della terza sezione antiterrorismo del tribunale del Cairo ha annunciato il rinnovo per 45 giorni della custodia cautelare dello studente dell’università di Bologna, in carcere da febbraio in Egitto con l’accusa di propaganda sovversiva. Patrick George Zaki rischia così fino a 25 anni di carcere per dieci post di un account Facebook, che la sua difesa considera ‘falso’, ma che ha consentito alla magistratura egiziana di formulare pesanti accuse di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici”. Nel suo paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza in compagnia dei suoi cari in una breve pausa accademica. A causa della diffusione del Covid-19 anche in Egitto per Patrick le preoccupazioni legate all’emergenza sanitaria sono fortissime. Riteniamo quindi che Patrick George Zaki sia un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.
Sappiamo di cosa è capace la paranoica ferocia egiziana: sparizioni forzate, arresti arbitrari, torture, confessioni inverosimili estorte con la violenza, depistaggi, minacce. Patrick merita onestà e determinazione, non chiacchiere imbarazzanti e oltraggiose".
di Elisa Calabrese