Come gli Stati Uniti controllano il mondo: le basi USA

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Creato Domenica, 21 Maggio 2023 13:44
Ultima modifica il Mercoledì, 31 Gennaio 2024 13:51
Pubblicato Domenica, 21 Maggio 2023 13:45
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Nella storia dell'umanità è la prima volta che le forze armate di uno Stato sono così tanto presenti nel mondo come quelle degli USA. Al momento ci sono soldati americani operativi in almeno 170 Paesi e gli Stati Uniti hanno almeno 642 basi in 76 Stati. Una presenza così diffusa permette di controllare anche il commercio globale attraverso il controllo dei "choke points" (gli stretti e i canali marini strategici). In Italia ci sono 49 basi, 129 se si considerano tutti i presidi, anche semplici installazioni. Ciò non basta per dare il primato all’Italia: infatti, la nostra penisola è solo il quarto Stato per presenza di basi USA: ne vantano di più solo Germania (123), Giappone (113), Corea del Sud (79). Le basi garantiscono la capacità di reagire in tempo rapido ed efficiente a qualunque minaccia possa sorgere, oltre a tenere sotto controllo gli alleati, impedendo una indipendenza economica e militare di queste nazioni. Le basi europee, che sono vere e proprie isole nelle quali viene ricreato un sistema americano all’interno, non servono nel quotidiano ad esercitare il predominio americano in Europa, ma come piattaforme di lancio per andare nei territori di conflitto. In cambio questi Stati hanno protezione americana, anche se si tratta più di accettare la presenza americana che scegliere di averla. Piccole basi che creano una grande rete di controllo. 
Guardando all’intero globo, più di 100.000 militari nel Pacifico, quasi 90.000 in Europa e più di 20.000 in Medio Oriente. Unendo i presidi militari nelle zone strategiche del mondo si ottiene una linea denominata “collana di perle”, la quale indica la strategia degli Stati Uniti di controllare eventuali avanzate delle forze non alleate, come la Cina, che preoccupa gli Stati Uniti tanto da voler aumentare i presidi nell’Indopacifico. La strategia americana è quella non solo di aumentare le basi ma di redistribuirle, poiché concentrate in poco spazio (Giappone, Guam, Filippine, Corea del Sud, Singapore, Tailandia, Singapore). La vicinanza territoriale rischia di farle diventare un bersaglio facilmente attaccabile. Aumentando i presidi militari nelle Filippine, ad esempio, toglierebbe altro spazio al mare cinese. È difficile però aumentare le basi nell’Indopacifico poiché sono molto gli Stati che non si sentono minacciati dalla Cina, né tantomeno vogliono schierarsi contro la potenza asiatica. Lo scacchiere geopolitico Cina-Usa continua a muovere le sue pedine.  
 
di Daniele Leonardi