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Le donne nella Guerra di Liberazione

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Negli ultimi anni sempre di più le pagine di cronaca sono obbligate ad essere scritte con un inchiostro di colore “rosso”, un colore che, purtroppo, è costretto a riportare e descrivere gli ignominiosi fatti di violenza di cui sono oggetto quotidianamente le donne. Fatti, che molto spesso sfociano nell'atto più efferato, l’omicidio, o meglio il femminicidio, termine di recente coniazione (1992), e derivante dalle considerazioni della criminologa Diana Russel, che riconosce nella violenza di un uomo contro la donna in quanto donna una tipologia di reato a se stante. Noi, invece, in questo scritto vogliamo usare un inchiostro di colore “oro”, un colore che vuole esaltare l'impagabile contributo delle donne nella conquista di quello che è il bene più prezioso dell’essere umano, la Libertà. La partecipazione della donna agli avvenimenti bellici che vanno dal settembre 1943 all’aprile 1945 segnano quella profonda e fondamentale svolta del ruolo femminile nella futura società italiana. Dotate di una naturale e acuta lungimiranza le donne furono le prime a comprendere che la guerra non sarebbe finita con la firma dell’Armistizio, e che si sarebbe andato incontro a tempi ancora più difficili. Nel settembre del 1943 si assistette ad una sorta di maternage di massa, in ogni parte d’Italia sono innumerevoli le testimonianze che ci raccontano di donne che offrirono a costo della vita ogni sorta d'aiuto: nascosero in cantine e nelle soffitte sbandati e prigionieri Alleati, lungo le ferrovia e nelle fermate delle stazioni prestarono conforto ai deportati, rifornivano i combattenti di viveri, indumenti, medicine e infine anche di armi. Si passò da una iniziale offerta spontanea ad una sorta di collegamento tra donne, una forma di organizzazione che divenne una vera e propria rete operante. Prima della Guerra di Liberazione le donne non hanno avuto mai il diritto-dovere di difendere la Patria in armi, ma con gli eventi del 1943-1945 la donna ha avuto la possibilità di scegliere, di misurarsi con questa scelta e quindi prendere la armi senza “cartolina precetto”. Una scelta ardua, che scardina i tradizionali ruoli femminili e pone le donne alla pari con i loro compagni uomini. Questa scelta, in un quadro storico, ha un valore simbolico: afferma la volontà di essere cittadine, di partecipare appieno ad una’attività politica, di difendere a pieno titolo alla difesa della Patria comune. Con questa scelta si dimostra di essere diversi ma uguali. Oltre alla militanza nelle formazioni partigiane (o chi, e non vogliamo qui noi non ricordarlo, con differenti ideali, aderì al SAF (Servizio Ausiliario Femminile), della Repubblica Sociale Italiana) le donne, grazie al Decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n.151, avranno la possibilità di essere arruolate nel CAF (Corpo Ausiliario Femminile), delle “neo-rinate” Forze Armate Italiane. L’arruolamento prevedeva la cittadinanza italiana, con età compresa tra i 21 e 50 anni in possesso di un titolo di studio equivalente all’attuale diploma di scuola media superiore di secondo grado, coniugate, ma con figlio con età superiore a 12 anni. La gerarchia prevedeva una Ispettrice Generale, alcune Vice Ispettrici, Capigruppo e gregarie. Le Gregarie erano assimilate moralmente al grado di Sottotenente. Prestavano un servizio volontario di 12 mesi, con diritto all’alloggio, all’uniforme, al vitto gratuito, sottoposte al regolamento di disciplina militare. Gli assegni non erano regolari: era corrisposta una indennità non equivalente a stipendio, ma per i tempi molto sostanziosa pari a 2 mila lire se in servizio presso la zona abituale di residenza, 3 mila lire se fuori sede. L'uniforme era di foggia inglese (simile all’Auxiliary Territorial Service), i distintivi di grado erano portati, sotto forma di bottoni, sulle controspalline (4 per la Ispettrice Generale, 3 per le Vice Ispettrici, 2 per le Capo gruppo, 1 per le Gregarie). Le stellette erano poste sul bavero sopra le mostrine della fanteria ad indicare la loro fonte di appartenenza. L’impiego era presso le cosiddette cantine mobili o carrozzoni come si definivano i camion attrezzati con cucine ed altri servizi di ristoro, negli spacci delle Case del Soldato, in biblioteche o negli uffici. Il totale delle appartenenti al corpo era di circa 400 unità. Di seguito, le Medaglie d’Oro assegnate alle donne che parteciparono alla Guerra di Liberazione:

 

Irma Bandiera

Nata nel 1915 - Fucilata il 14 agosto 1944

 

Livia Bianchi

Nata nel 1919 - Fucilata il 21 gennaio 1945

 

Ines Badeschi

Nata nel 1919 - Ha operato nel modenese

 

Carla Capponi

Nata nel 1921 - Ha oparato nei GAP romani

 

Cecilia Deganutti

Nata nel 1914 - Fucilata il 4 aprile 1945

 

Gabriella Degli Esposti

Nata nel 1921 - Uccisa il 17 dicembre 1944

 

Paola Del Din

Nata nel 1923 - Ha operato in Friuli

 

 Anna Maria Enriquez

Nata nel 1907 - Fucilata il 12 giugno 1944

 

Maria Assunta Lorenzoni

Nata a nel 1918 - Uccisa il 21 agosto 1944

Irma Marchiani

Nata nel 1911 - Fucilata il 26 novembre 1944

 

Ancilla Marighetto

Nata nel 1927 - Morta sotto tortura il 10 ottobre 1944

 

Norma Petrelli Parenti

Nata nel 1921 - Uccisa il il 22 giugno 1944

 

 Rita Rossani

Nata nel 1920 - Caduta in combattimento

il 17 settembre 1944

 

Modesta Rossi

Nata nel 1914 - Fucilata assieme al figlioletto di un anno il 29 giugno 1944

 

Virginia Tonelli

Nata nel 1903 - Bruciata viva il 29 settembre 1944

 

Vera Vassalle

Nata nel 1920 - Ha operato in Toscana

 

Iris Versari

Nata nel 1922 - Impiccata il 18 agosto 1944

 

di Antonio Salvatore