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La guerra dei fondali

Sabotaggio a Nordstream. Sembra il titolo di un film, e se lo fosse, farebbe meno paura. Il Nord Stream è un gasdotto sottomarino lungo 1.224 km, composto da due condotti paralleli. Parte da Vyborg, in Russia, e arriva a Greifswald, in Germania, dove si collega alla rete tedesca e al resto d’Europa. Il gasdotto Nord Stream è stato danneggiato disperdendo nel Baltico ingenti quantità di gas naturale. Dalla notte del 26 settembre si registrano perdite di gas nel Mar Baltico lungo i gasdotti sottomarini Nord Stream 1 e 2 che trasportano il gas dalla Russia alla Germania. 
Entrambi i gasdotti in questo periodo non funzionavano. Ad agosto, il colosso del gas russo Gazprom ha chiuso il Nord Stream 1 dopo mesi in cui ha funzionato a capacità ridotta. La chiusura è stata motivata ufficialmente dalla necessità di fare lavori di manutenzione. Alcuni paesi, però, sostengono che si possa trattare di una ritorsione della Russia in risposta alle sanzioni dell’Unione Europea. Il Nord Stream 2, invece, non è mai entrato in funzione, in quanto il governo tedesco ha sospeso l'iter di certificazione dopo il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass da parte di Mosca. È evidente come gasdotti e geopolitica siano due facce della stessa medaglia. L’ipotesi di un malfunzionamento sembra non stare in piedi. I sismografi svedesi hanno registrato, nella notte del 26 settembre, tre microsismi che potrebbero corrispondere a delle esplosioni. L’episodio è stato subito strumentalizzato da tutti i leader politici: Volodymyr Zelensky, su Twitter, lo ha definito «un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Ue». Le fonti russe hanno replicato accusando gli Stati Uniti, riportando le parole di Joe Biden del 7 febbraio, prima dell'invasione russa in Ucraina, quando gli Stati Uniti e la Germania hanno minacciato che il Nord Stream 2 non sarebbe stato aperto se la Russia avesse invaso l'Ucraina. Gli Stati Uniti hanno ovviamene negato qualsiasi coinvolgimento, affermando che quelle parole facevano riferimento alla pressione esercitata su Berlino affinché si fermasse l'avvio del Nord Stream 2, cosa poi effettivamente accaduta. In questa corsa al responsabile e in un clima di rimbalzo di accuse, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha messo in guardia dal giungere a conclusioni affrettate. Intanto, mentre le indagini continueranno, gli attacchi alle infrastrutture potrebbero far entra la guerra dell’energia in una nuova fase, ampliando il conflitto in una vera e propria guerra dei fondali che interesserebbe i cavi sottomarini. In prossimità delle coste, infatti, i cavi, fondamentali per le connessioni Internet, sono sepolti sul fondo dell’oceano, in acque internazionali.  Il capo di stato maggiore della marina britannica, l’ammiraglio Sir Ben Key ha affermato: “C’è una vulnerabilità intorno a tutto ciò che si trova sul fondo del mare, sia che si tratti di gasdotti, sia che si tratti di cavi internet”. La vulnerabilità è dovuta alla loro posizione: dovendo coprire tutto il mondo, si trovano, perlopiù, in aree remote. I cavi dati trasportano oltre il 95% del traffico internet mondiale. L’intera catena che ruota attorno alla gestione dei cavi sottomarini è nelle mani del settore privato. Attualmente, i quattro maggiori fornitori sono Alcatel Submarine Networks (Francia), SubCom (Stati Uniti), NEC (Giappone) e il Huawei Marine Networks (Cina). Non è una minaccia nuova, visto che sabotare cavi sottomarini è un classico, ma ora è più urgente incrementare la loro sicurezza. La Russia, da sola, potrebbe attaccare solo la rete dei fondali che collega i paesi baltici con il resto d’Europa. Il vero pericolo sarebbe la Cina, la quale sta aumentando gli investimenti nelle infrastrutture digitali per rispondere alla pressione di Washington, che sta ostacolando i progetti di espansione di Pechino. I cavi sottomarini si trovano spesso a meno di 100 metri sott’acqua e richiedono un sottomarino o un veicolo senza pilota per piazzare esplosivi nei punti critici della rete. Sebbene siano pensati e strutturati per non interrompere la connessione in caso di sabotaggio, manomettere dei cavi sottomarini potrebbe essere la soluzione più facile ed efficace per un attacco internazionale. 
 
di Daniele Leonardi