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La democrazia contro la guerra

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Il Washington Post e il New York Times hanno trionfato agli Oscar della stampa americana. Il premio più importante, quello per il “giornalismo per il bene pubblico” è andato al Washington Post, premiato per la copertura dell’attacco al Congresso, il 6 gennaio 2021. Il premio Pulitzer venne istituito dal giornalista Joseph Pulitzer nel 1917 e rappresenta il massimo riconoscimento in ambito giornalistico. La selezione è curata dalla Columbia University di New York. A essere premiati soprattutto giornalisti e fotogiornalisti, ma ci sono anche sezioni esterne al mondo dell’informazione. Il New York Times ha conquistato il premio per il racconto investigativo e per la critica culturale con un reportage sui bombardamenti americani in Medio Oriente. La questione su cui porre il focus, però, è un’altra; si potrebbe usare questa notizia in due modi: il primo modo è pensare che le guerre degli americani fanno vittime innocenti. In questo caso potremmo passare per filorussi. L’altra prospettiva vede l’America, a differenza della Russia, come un Paese libero. La libertà di stampa negli Stati Uniti esiste per davvero, e un giornale americano può documentare le stragi delle guerre a stelle e strisce; addirittura, può essere anche premiato. Questa potrebbe risultare una chiave di lettura filoamericana. Entrambe le notizie sono vere, sia che l’America usa con spregiudicatezza la sua potenza militare per comandare nel mondo, sia che l’America è un paese libero, dove vi è la libertà di stampa e di espressione. La notizia di fondo è la stessa, la chiave di lettura cambia. Questa riflessione offerta da Michele Serra, una delle migliori firme italiane, in uno dei talk show più importanti d’Italia, ci ricorda che il fascino della libertà è ciò che attrare l’Ucraina verso l’Occidente. Quello stesso Occidente, però, ha fallito in Afghanistan perché non c’è nessuna guerra in nome della democrazia. Dopo 20 anni di presenza sul suolo afghano (è stata la guerra più lunga affrontata dall’esercito americano) il Pentagono ha annunciato il ritiro delle truppe il 31 agosto 2021. Gli Stati Uniti avevano iniziato la loro missione afghana in seguito agli attacchi dell’11 settembre, rivendicati da Al Qaeda e dal loro leader Osama Bin Laden. Il ritiro dell’esercito americano non solo ha sancito il ritorno al potere dei talebani ma ha spostato l’equilibrio geopolitico verso le dittature. La democrazia e le potenze occidentali ne sono uscite indebolite. Pochi mesi dopo Putin ha deciso di invadere l’Ucraina, forse anche perché gli Stati Uniti e la Nato non facevano più così paura. Gli americani, viceversa, hanno colto la palla al balzo per per trasformare l’Ucraina nel Vietnam o nell’Afghanistan della Russia, cioè, in una guerra di logoramento che indebolisca economicamente e geopoliticamente il Cremlino. "Siamo uniti con l'Ucraina perché se Kiev perde, tutte le democrazie perdono. Se dovesse succedere sarà più difficile sostenere che la democrazia è un modello di governo efficace". Queste sono state le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso del G7 alla quale ha partecipato in collegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. La storia ci ha insegnato che le rivoluzioni nascono dal basso, che esportare la democrazia non si può (anche se le “missioni di pace” erano solo una definizione di facciata), ma che difenderla, però, è un dovere, perché la democrazia è il vero grande valore con cui americani ed europei possono combattere contro Putin ed ogni tipo di dittatura.

di Daniele Leonardi