Il Gen. Gabriele Pepe (prima parte)

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Creato Lunedì, 23 Ottobre 2023 11:07
Ultima modifica il Venerdì, 29 Marzo 2024 09:15
Pubblicato Lunedì, 23 Ottobre 2023 11:07
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Soldato, scrittore, politico, Gabriele Pepe è sicuramente tra i personaggi più illustri della storia del Molise e non solo. Nato a Civitacampomarano in provincia di Campobasso il 7 Dicembre 1779, Gabriele Pepe rappresenta ancora oggi un luminoso esempio della grandezza e del coraggio di un molisano che già si sentiva italiano. La sua vita avventurosa, costellata da numerosi fatti d’arme, ha inizio allorquando, abbracciata la causa repubblicana tra le fila della Legione Sannita fu condannato a morte, (pena commutata per la sua giovane età nell’esilio perpetuo) all’indomani della restaurazione della monarchia borbonica. Con l’arrivo dell’Esercito Napoleonico si arruolò nella Legione Italiana, ma anche questa volta la sua fiamma repubblicana fu spenta nel 1801 con l’ennesima restaurazione dei Borbone. Lasciato il servizio militare nel 1802, fu richiamato da Giuseppe Napoleone nei quadri del 1° Reggimento con il grado di Primo Tenente nel 1806 ed impiegato nella repressione del primo brigantaggio. Nel 1808, con i gradi di Capitano, farà parte del Corpo dell’Esercito nella spedizione di Spagna, dove verrà insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine delle Due Sicilie. Negli anni successivi, con i gradi di capo Battaglione partecipò, nel 1815, alla campagna delle Marche e Romagna e con quelli di Colonnello, in seguito al richiamo di Ferdinando I,  gli vennero affidati i seguenti incarichi: nel 1818 il comando della provincia di Capitanata, nel 1819 in Calabria e nel 1920 il 6° Reggimento Cavalleggeri con sede a Siracusa. Nel 1820 la vita di Gabriele Pepe prende una svolta decisiva, infatti, a seguito della promulgazione della Costituzione del 7 Luglio, il Col. Pepe verrà eletto, per la sua Regione, come Deputato al Parlamento del regno di Napoli. Purtroppo, il suo mandato elettorale durò meno di un anno,  infatti, il 23 Marzo 1821, con l’ingresso a Napoli delle truppe austriache, la Costituzione venne abolita e il Pepe condannato all’esilio perpetuo, prima a Brunn, in Moravia, poi a Firenze dove, come vedremo, il patriota molisano scriverà una tra le pagine  più belle di orgoglio patrio.
Dunque, esiliato nella città toscana, dove viveva in totale ristrettezza economica, riuscì comunque frequentare gli ambienti culturali fiorentini, all’interno dei quali la sua fama divenne immortale anche per il duello ingaggiato, prima sul filo di un pennino, poi su quello della spada, con il segretario della delegazione francese in Toscana, il poeta Alphonse De Lamartine.
L’oggetto del contendere fu una rima scritta nell’”Ultimo canto del pellegrinaggio di Aroldo”, dove il francese definì gli italiani «de la poussière humaine», indicando l’Italia come «la terra dei morti».
All’offesa del francese, il Pepe rispose con un articolo pubblicato nelle colonne del “Cenno”, opuscolo divulgato nel Granducato di Toscana: […] di tale goffaggine sarebbe stato capace solo un poetastro come quel rimatore dell’Ultimo Canto di Childe Harold, il quale si sforza […] di supplire all’estro ond’è vacuo ed ai concetti degni dell’estro, con baie contro l’Italia, che chiameremmo ingiurie, ove, come diceva Diomede, i colpi dei  fiacchi e degli imbelli potessero mai ferire […].
 
di Antonio Salvatore