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L'eredità di Graziano in Libano

Il Libano saluta Graziano e lo rimpiange. Il passaggio di consegne dal generale italiano a quello spagnolo Asarta nel ruolo di Force Commander di Unifil, avvenuto a fine gennaio, è motivo di bilancio della missione delle Nazioni Unite in Libano. Il generale Graziano ovvero l’ideatore del Tripartite Meeting, lascia dopo tre anni una terra ricca di incertezze dove la cessazione delle ostilità continua ad essere rispettata dalle parti in causa anche se un cessate il fuoco non è mai stato dichiarato.

Il Tripartito è diventato un appuntamento mensile irrinunciabile, un forum vitale per affrontare le questioni operative inerenti le violazioni della 1701. Nonostante anche momenti di particolare tensione, “il mediatore” Graziano è riuscito a far dialogare lsraele e Libano in materia di Blue Line, mappatura di mine e cluster bombs, violazioni aeree, lancio di razzi, e soprattutto situazioni anomale come quella di Ghajar, paese al confine con la Siria, spezzato in due dalla Blue Line.

Grande merito anche alla Maritime Task Force, ovvero la componente navale di Unifil, costituita nel 2006 allo scopo di assistere la Marina Libanese nel controllo dei propri spazi marittimi e per prevenire il traffico illecito di armi in Libano. La necessità di controllare un’area di circa 5.000 miglia quadrate e una linea di costa di circa 200 Km ha previsto finora un impegno proficuo da parte delle 6 unità navali appartenenti alle Marine di Italia, Germania, Grecia e Turchia alle quali nel prossimo futuro si aggiungeranno quella indonesiana e quella bengalese.

Fin dall’inizio dell’ operazione UNIFIL MAROPS (Maritime Interdiction Operations),  nell’area di operazione comprendente i tre principali porti (Beirut, Tripoli e Sidone)  sono stati interrogati quasi 30.000 mezzi navali in transito e quasi 500 sono state le ispezioni condotte dalla Marina Libanese su bersagli sospetti.

L’addestramento delle forze libanesi marittime è stata una delle priorità di Unifil, nonostante le difficoltà maggiori riscontrate nell’obsolescenza e quindi cattiva manutenzione delle piccole unità libanesi spesso messe a dura prova delle proibitive condizioni del mare.

La linea di demarcazione marittima che separa Israele dal Libano è segnata da alcune boe con un angolo di 290° leggermente inclinato verso il Libano, una linea armistiziale simile a quella terreste segnata dai blue pillars, ovvero i barili blu che ripercorrono il confine tra Israele e Libano per 120 Km. Degli 80 barili previsti soltanto 39 sono stati piazzati, per un totale di circa 50 Km. Spetta quindi al generale Asarta, già comandante del Sector East in Libano dal dicembre 2008 all’aprile 2009, continuare nell’arduo compito e nel far dialogare le parti in causa.

La situazione nel sud del Libano in questi ultimi tre anni è comunque migliorata sotto molti aspetti soprattutto nel settore Ovest dove operano 4000 militari di cui 2000 italiani. 50.000 nuove costruzioni sono state avviate, in molti villaggi inglobati nell’area di operazione sono stati realizzati dei progetti italiani di cooperazione civile militare (CIMIC). Ad Aytaroun villaggio che ha dato alla guerra 46 vittime e 206 case completamente distrutte, la regione Toscana ha dato un contributo importante nella costruzione di un caseificio, mentre ad Alma ash Shaab, comune maronita del Sud, è stato edificato un frantoio comunale che offre lavoro a diverse persone. Un frantoio costato 236.000 euro con il contributo della Regione Lombardia, dell’opera pontificia, dell’AVSI, e del contingente italiano di Naquora.

Altri progetti sono rappresentati  dal nuovo cimitero islamico di Naquoura, dal compattatore di spazzatura  per il riciclaggio presso la comunità di Meiss El Jebel, dal generatore di corrente donato all’ospedale di Marjayoun, dalle attività scolastiche come i corsi di italiano e i gemellaggi con le scuole italiane.

I rapporti tra Libano e Unifil durante la presenza del generale francese Pellegrinì non erano alquanto idilliaci. Con l’avvento del generale Graziano la situazione è molto migliorata anche se adesso desta qualche preoccupazione il comando della forza in mano spagnola. Proprio il paese iberico non è ben visto da Israele che ritiene il governo di Zapatero troppo filo-palestinese. La Spagna rappresenta la nazione europea che meno investe in Libano nella cooperazione calcolando che l’Italia investe 2 milioni di euro l’anno. Spesso nell’area di loro competenza spagnola si sono visti progetti portati avanti e conclusi dal contingente italiano. Quanto la Spagna è disposta ad investire nel sud del Libano? E soprattutto quanto è disposta a migliorare e supportare la qualità delle LAF (Lebanese Armed Forces)? Un discioglimento di queste unità preposte a garantire la sicurezza soprattutto in quelle zone non accessibili per Unifil in base alla 1701, vedi i campi profughi palestinesi, condurrebbe ogni membro della Laf a ritornare alla propria fazione di appartenenza generando caos e facendo ripiombare il Libano in una situazione di grossa instabilità. La cooperazione civile militare potrebbe essere infine lo strumento ideale per orientare il Libano verso l’influenza mediterranea sottraendolo a quella estremista islamica segnata dalla pressione iraniana che appoggia Hezbollah moralmente e soprattutto materialmente.

 

di Roberto Colella

 

tratto da "Quotidiano.net"