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Olocausto, c'è ancora chi non ci crede

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Come tutti ben sappiamo l’Olocausto è lo sterminio messo in atto con ferocia e disumanità dal governo nazista nella seconda guerra mondiale, tramite le SS e la Gestapo nei confronti di ebrei (ritenute persone avide di denaro e filocomuniste) rei di non essere “puri”, nomadi, oppositori politici e disabili, rinchiusi nei campi di concentramento e che produsse circa 6.000.000 di vittime. Secondo l’ideologia della dittatura hitleriana era degno di vivere soltanto chi si uniformava al pensiero del regime e chi era di razza ariana aveva un livello biologico e culturale superiore alle altre popolazioni. Con il termine “Ariano”, s’intendeva, secondo alcune congetture razziste, la persona proveniente da stirpe bianca, con specifico riferimento a quella germanica considerata l’etnia originaria. Con il passare degli anni però, è nata e poi si è rafforzata, la teoria secondo cui la carneficina ordinata da Hitler non sia mai esistita o quantomeno il numero degli assassinii è notevolmente inferiore a quello riportato sui libri di storia. In alcune Nazioni come Francia, Belgio, Austria e Germania, negare l’ Olocausto è reato, mentre in altre come Portogallo, Spagna e Israele è punita la negazione di qualsiasi genocidio. Una serie di leggi antinegazioniste sono state emanate anche in Slovacchia, Repubblica Ceca, Australia, Nuova Zelanda, Polonia, Lituania e Italia, dove dal 2016 è previsto come aggravante del reato di propaganda di odio razziale. Secondo l’istituto di statistica Eurispes, nel 2004 le persone che credevano a questa tesi erano il 2,7% per poi crescere nel 2020 e raggiungere il 15,6%. A queste percentuali, si aggiunge il 16,1% che sostiene che le vittime siano state molte di meno. C’è da preoccuparsi se ai giorni nostri dottrine di questo tipo raggiungano un consenso così elevato, anche se abbiamo avuto e abbiamo testimoni di quella crudeltà come Primo Levi sopravvissuto, imprigionato e scampato ad Auschwitz, trovato senza vita lungo le scale del proprio condominio a Torino e l’italiana Liliana Segre figlia di genitori ebrei deportata e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove fu separata dal padre che non riabbracciò mai più.
 
di Domenico Pio Abiuso