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Coronavirus, i profitti sono solo delle aziende farmaceutiche

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Era il 31 dicembre 2019 quando la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan aveva per la prima volta inviato una segnalazione all’OMS nella quale si informava l'agenzia di avere registrato in tutta la provincia di Hubei un rilevante numero di casi di polmonite derivanti da cause ignote. La diffusione di quello che verrà chiamato 2019-nCoV era iniziata verso la metà del mese. Il 10 gennaio per la prima volta veniva determinata la sequenza genomica del virus: un betacoronavirus correlato a quello che ha causato la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS-CoV) e a quello della Sindrome respiratoria acuta grave (SARSCoV). Le ricerche sono proseguite e il 20 gennaio la National Health Commission (NHC) cinese ha scoperto la trasmissibilità da essere umano a essere umano del coronavirus. I coronavirus si chiamano così perché la parte infettiva (virioni) appare al microscopio elettronico come piccoli globuli, sui quali ci sono tante piccole punte che ricordano quelle di una corona. Questi sono piuttosto diffusi tra varie specie di mammiferi e uccelli: infettano il loro apparato respiratorio e gastrointestinale. Da 60 anni circa, sappiamo che in alcuni casi questi virus riescono a passare agli esseri umani, causando sintomi che variano a seconda delle loro caratteristiche. A oggi sono noti sette diversi coronavirus che possono infettare l'uomo. In Cina sono molto diffusi i mercati in cui si possono acquistare suini, pollame e diverse altre specie selvatiche di animali ritenuti prelibatezze per la cucina locale o utili per la medicina tradizionale, come i pipistrelli. Il legame tra esseri umani e questi animali, unita alle scarse condizioni igieniche, fa aumentare il rischio che i virus passino da una specie animale agli esseri umani, mutando per adattarsi poi ai nuovi ospiti. Il sospetto è che qualcosa di analogo sia avvenuto in passato, con la SARS, e nelle settimane scorse con il passaggio di 2019-nCoV agli esseri umani, probabilmente proprio dai pipistrelli. Anche per questo motivo, il governo cinese sta lavorando per mettere al bando, o almeno sospendere, le attività commerciali nei mercati di animali. Da sempre i virus circolano e si diffondono in tutto il mondo facendosi dare un passaggio dagli animali che infettano. Un tempo le malattie arrivavano per nave, come avvenne per esempio con la peste nera in Europa nel Trecento, oggi attraverso i viaggi aerei. Restano comunque dei punti oscuri sui quali delle testate internazionali hanno lanciato delle ipotesi. Il primo indizio sarebbe dato dal fatto che Pechino avrebbe occultato delle prove. Ad esempio nella città di Wuhan, città di forte importanza militare, è presente l’unico laboratorio cinese, in grado di trattare virus pericolosissimi come quello dell'Ebola. La pericolosità degli agenti patogeni esistenti prevede delle misure molto rigide. Ciò vale a dire che chi entra ed esce da quelle stanze deve sottoporsi a trattamenti speciali, come docce decontaminanti e indossare tute speciali pressurizzate. Che il virus possa essere uscito da quel laboratorio? Nell’incertezza ci sono però dati inconfutabili e che riguardano il settore economico, in particolar modo le Borse mondiali. Le Borse globali hanno perso nell’ultima seduta (27 gennaio) più del 2%, vedendo ridurre la capitalizzazione globale di oltre 2mila miliardi di dollari. I ribassi sono corali negli Usa e in Europa (la Borsa di Shanghai, così come quelle di Shenzen e Hong Kong, invece resteranno chiuse fino al 3 febbraio per il Capadanno cinese, esteso di tre giorni dalle autorità nel tentativo di rallentare l’epidemia del coronavirus). Numerose aziende farmaceutiche hanno annunciato di star lavorando alla creazione di un vaccino per sconfiggere il nuovo coronavirus. I loro guadagni in Borsa sono schizzati alle stelle. L'americana Vir Biotechnologies, quando i contagi sono esplosi su scala mondiale, ha visto le proprie azioni aumentare di valore per il 97%, con capitalizzazione di 3 miliardi di dollari. L'azienda si dice ora vicina a trovare una soluzione al virus di Wuhan. Anche altre aziende americane come Inovio pharmaceuticals, Moderna e Novavax, impegnate nelle ricerche, hanno guadagnato rispettivamente il 61%, il 16% e il 13%, mentre anche la Cina ha annunciato che parteciperà alla corsa per il vaccino.

di Giorgia Ciampitti, Romina Caterena, Filippo Sardella, Annalisa Fraraccio