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Le nuove guerre ambientali

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Da oltre 70 anni, da quel famoso 2 settembre 1945, la parola guerra mondiale non sembra più caratterizzare i nostri giorni, o meglio, non fa più parte del nostro immaginario collettivo. Tuttavia questa teoria resta solo una nostra percezione, dal momento che ad essere terminati non sono i conflitti, ma solo le antiche strategie belliche. Non scendere più in trincea con l’elmetto non significa vivere in un’epoca di pace. Alla base dei recenti conflitti vi è la lotta per le risorse: Il petrolio alimenta le ricchezze di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait e Qatar. Più in generale il petrolio, e la rincorsa alle risorse limitate, sono il male dei nostri giorni. Il fenomeno delle guerre ambientali insieme alla tecnologia militare si arricchisce in diversi frangenti del cosiddetto “denial of information”, ossia la negazione delle informazioni o la mancata condivisione. «Negare l’informazione è un atto di guerra fondamentale» denuncia il generale Fabio Mini. Un esempio pratico è il devastante terremoto e maremoto di Sumatra del 2004, nel quale persero la vita oltre 100.000 persone. Si parla di uno dei più catastrofici disastri naturali dell’epoca moderna, ma possiamo davvero parlare di disastro naturale? Restano molti dubbi sul mancato avvertimento dell'imminente arrivo dell'onda mortale, soprattutto in India e Sri Lanka, dove ha provocato 55.000 morti. Se le popolazioni costiere fossero state avvertite in tempo sarebbe bastato uno spostamento di cinquecento metri verso l'interno per non cadere vittime dello tsunami, dal momento che l'onda ha impiegato circa tre ore ad attraversare il Golfo del Bengala prima di infrangersi violentemente contro le coste indiane e singalesi. Oggi parliamo di guerre ambientali, ma quali sono le nuove strategie adoperate nei nuovi conflitti? Innanzitutto l’intenzionale modifica all’ambiente, il possesso dell’ambiente, del meteo, il condizionamento dell’economia e dei cicli politici. Quella che caratterizza i giorni nostri è una guerra asimmetrica, preventiva, che si combatte nei mercati finanziari. Non siamo più nel Novecento, ed oggi “Europa” non significa più 5 potenze mondiali, ma l’Europa è una e sola, e la pace che contraddistingue da 70 anni l’Europa non è da sottovalutare, ma non bisogna credere di vivere in un’isola felice, perché viviamo nel tempo della guerra, anche se non la stiamo combattendo direttamente in casa nostra.

di Daniele Leonardi