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Attività di spionaggio russo in USA della Linea ER dell’FSB

A New York, il 26 gennaio 2015, la Divisione Controspionaggio dell’FBI ha smascherato l’attività di tre Agenti russi di cui due (Igor Sporyshev e Victor Podobnyy) con copertura tradizionale diplomatica presso le Nazioni Unite ed il terzo (Evgeny Buryakov, alias “Zhenya”, attore principale), con copertura presso la nota banca statale russa per il commercio con l’estero Vnesheconombank (VEB), filiale di N.Y. (in Italia è presente a Milano). Il modus operandi dei russi era quello di reclutare fonti in terra americana, anche studentesse universitarie per convincerle a seguire le orme della’ex 007 russa Anna Chapman, alias Anna “la Rossa”, espulsa dagli USA nel giugno del 2010.  L’FBI ha smantellato a New York una vera e propria rete di spionaggio, arrestando nel Bronx, Evgeny Buryakov  che aveva l’obiettivo di raccogliere e analizzare dati economici e informazioni sulle sanzioni USA alla Russia. “Zhenya” si proponeva come un banchiere ed infatti lavorava nella filiale di N.Y. della banca statale russa Vnesheconombank. Mentre in realtà svolgeva spionaggio per i servizi di intelligence russi, verosimilmente l’FSB, ai quali trasmetteva le informazioni raccolte in USA. Gli altri due complici sospettati di appartenere alla stessa rete, i succitati Sporyshev e Podobnyy, lavoravano per la Rappresentanza della Federazione Russa presso le Nazioni Unite, il primo come rappresentante commerciale, il secondo come impiegato. Sono riusciti a lasciare gli Stati Uniti protetti dall’immunità diplomatica. L’indagine del Bureau è iniziata proprio dopo lo smantellamento dell’altra rete di spionaggio russo di cui faceva parte Anna Chapman + 10 (l’undicesimo non è mai stato catturato) anch’essi fermati dall’FBI nel 2010. I nuovi tre personaggi finiti nel mirino degli investigatori, rivela l’Fbi, usavano in parte metodi dell’intelligence tradizionale, parlando in codice e scambiandosi messaggi nascosti in buste o giornali, Inoltre, hanno cercato di reclutare studentesse di una Università di New York non meglio indicata. Ad incastrarli sono state le loro intercettazioni telefoniche (modus operandi ben poco tradizionale) dove, tra l’altro, si lamentavano dei “compiti banali” assegnati loro e del mancato successo con le studentesse alle quali non riuscivano ad avvicinarsi abbastanza per sedurle e convincerle a lavorare alle dipendenze di Mosca. Tra le intercettazioni emergono frasi come: “ho molte idee su queste ragazze, ma non sono realizzabili perché loro non ti permettono di avvicinarti abbastanza”, dice Sporyshev. Il medesimo prosegue: “E per realizzarle, o me le porto a letto o devo usare altri livelli di influenza per far accettare le mie richieste”. L’FBI sostiene di aver raccolto attraverso un regolare mandato della Procura Federale le prove delle attività dei tre russi, grazie alle intercettazioni compiute anche all’interno di un ufficio a Manhattan utilizzato per trasmettere le informazioni raccolte alla Centrale di Mosca (e forse questo il maggiore successo della Divisione Controspionaggio dell’FBI). L’ordine della Centrale russa, sempre secondo l’FBI, era di acquisire informazioni sulle potenziali sanzioni degli Usa contro le banche russe, quelle varate dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia ed il suo ruolo a sostegno dei combattenti filorussi nell’est dell’Ucraina. Le tre spie dovevano anche acquisire informazioni a carattere intelligence sull’attività degli USA per sviluppare fonti energetiche alternative. A differenza del gruppo della Linea “N” (Illegali) di Anna Chapman, diventato un caso internazionale, queste spie svolgevano un ruolo più limitato, di cui discutevano come risulta dalle intercettazioni. Buryakov, in particolare, si lamentava che il lavoro non era affatto come in un film di James Bond. “Non ci si avvicina neanche! Non dico che dovrei saltare sugli elicotteri, ma almeno poter avere una falsa identità”, diceva all’atra spia Igor Sporyshev. Buryakov è ora rinchiuso in carcere dopo che gli è stata negata la libertà su cauzione. Se giudicato colpevole rischia almeno 10 anni di reclusione. “Le accuse mostrano chiaramente che, a quasi trenta’anni dalla fine della guerra fredda, le spie russe non hanno smesso di continuare a operare nel nostro Paese”, ha detto il procuratore Preet Bharara.

di Gavino Piras