I sorci verdi

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Creato Martedì, 20 Settembre 2011 21:29
Ultima modifica il Giovedì, 08 Novembre 2012 11:19
Pubblicato Martedì, 20 Settembre 2011 21:29
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Prendendo spunto da questo pittoresco modo di dire, gli aviatori del 12mo stormo verso la metà degli anni trenta, adottarono come distintivo i tre sorci destinati ad entrare nella storia dell’aviazione.

In particolare i tre sorcetti verdi ornavano uno dei più celebri velivoli della Regia Aeronautica: il Savoia Marchetti S79, temuto bombardiere trimotore durante il conflitto ma eccellente ed elegantissima macchina da primato quando impegnato in competizioni internazionali.

Progettato dall’Ing. Marchetti per concorrere alla coppa McRobetson sul percorso Londra –Melbourne, il SM79 si aggiudicò vari primati tra il 1935 ed il 1938 imponendosi all’attenzione globale con due imprese che suscitarono moltissima ammirazione; nell’estate del 1937, l’Aero Club francese indisse una competizione velocistica senza scalo  sul percorso Istres-Damasco-Parigi, competizione che andava a sostituire la precedente gara di velocità Parigi-NewYork organizzata per commemorare la trasvolata di Lindbergh del 1927.

Le poche nazioni partecipanti curarono ogni dettaglio, compresa l’Italia, presentatasi ai nastri di partenza con otto velivoli, sei SM79 e due Fiat BR20; I SM79 furono adattati in particolare nella versione “C” (corsa) privati delle installazioni da combattimento presenti sulle versioni militari, comprese la famosa gobba e la gondola ventrale.

Le partenze ebbero luogo il 20 agosto del 1937, nell’ordine partirono gli equipaggi francesi, inglesi, italiani.

Al termine della prima tappa, gli italiani erano in vantaggio con una media di 400 km/h; il mattino seguente la partenza della seconda tappa: Damasco-Parigi; all’aeroporto parigino di Burget, giunsero per primi tre SM79: l’I-11 dell’equipaggio Cupini-Paradisi, seguito dall’I-13 di Fiori-Lucchini e dall’I-5 di Biseo-Mussolini.

La bella prestazione franco/siriana era, nei progetti della Regia Aeronautica, solo una tappa verso la realizzazione di un’impresa ben più importante: il collegamento Roma-Rio de Janeiro, per dimostrare come l’industria italiana fosse all’avanguardia nella realizzazione di velivoli commerciali in grado di dominare le nuove rotte atlantiche, aperte in modo leggendario da Lindbergh e spettacolarizzate dalle imprese di Balbo e i suoi eccezionali equipaggi.

Tre dei velivoli impiegati per il trofeo dell’anno precedente vennero aggiornati e reimmatricolati con le sigle I-BISE (Biseo Paradini) I-MONI (Moscatelli-Castellani) e I-BRUN (Mussolini-Mancinelli).

La partenza si ebbe alle 07,28 del 24 gennaio 1938 da Guidonia; gli equipaggi incontrarono forti turbolenze sul percorso che li fecero dirottare verso occidente ( Dakar), tappa raggiunta comunque con una media di 420km/h.

La trasvolata atlantica ebbe inizio il mattino seguente alle 09,10 e dopo otto ore e mezza gli equipaggi I-BISE e I-BRUN avvistavano la costa brasiliana giungendo a Rio de janeiro alle 22,45 del 25 gennaio 1938, coprendo i 5350 Km del percorso ad una velocità media di 393km/h.

L’ I-MONI ebbe durante la trasvolata problemi ad un’elica ma riuscì ad attraversare l’Atlantico con i due motori rimanenti atterrando a Natal, dimostrando l’affidabilità eccezionale dei Savoia Marchetti.

Le tre macchine rimasero in Brasile,una regalata, le altre due acquistate dal governo brasiliano.

Moscatelli rimase come istruttore. L’impresa suscitò una grande eco e fu abilmente strumentalizzata per finalità politiche e propagandistiche anche se in realtà l’obiettivo primario era quello ben più concreto di mettere a punto obiettivi industriali e tecnologici.

I tre sorcetti verdi rimasero l’emblema del 12mo stormo fino all’inizio del secondo conflitto mondiale.

L’antagonismo che questo stormo creava negli altri reparti della Regia Aeronautica, diede vita ad un simpatico episodio: sembra che dopo uno scambio di battute tra equipaggi del  12mo e 51mo stormo, nacque in questi ultimi l’idea di fregiare i propri velivoli con un nuovo stemma: il famoso gatto nero intento a lavorarsi tre sorcetti verdi.

 

 

di Umberto Zezza