Iran: avvelenamento selettivo governativo o complotto bottom-up?
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- Creato Lunedì, 27 Marzo 2023 19:05
- Ultima modifica il Lunedì, 27 Marzo 2023 19:14
- Pubblicato Lunedì, 27 Marzo 2023 19:05
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Da novembre 2022 a oggi, 230 scuole iraniane sono state prese di mira e migliaia di studentesse sono state esposte a sostanze irritanti e nocive per la loro salute. I primi casi sono stati registrati nella città Santa di Qom, nonché il maggior centro di studi religiosi sciiti dell’Iran. Le studentesse colpite hanno sofferto di svenimenti, nausea, senso di soffocamento e altri sintomi nell’istante seguente la propagazione di odori ritenuti sgradevoli e anormali; quindi, si tratta di avvelenamenti attraverso la propagazione area di sostanze tossiche. Alcune di loro sono state ricoverate in ospedale e hanno rischiato di perdere la vita.
Ad oggi, non vi sono prove evidenti che possano evidenziare un legame tra i suddetti fatti e il governo “dittatoriale” iraniano. Tuttavia, non è sicuramente una coincidenza che questi casi si siano registrati in un contesto già fragile e poco dopo le proteste pubbliche sviluppatosi a seguito della morte di Mahsa Amini, donna simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto la Repubblica islamica dell'Iran. La condizione femminile è sempre stata un tema fragile in questo Paese dove le donne risultano totalmente sottomesse all’uomo.
Tutta questa situazione ha causato un dibattito globale riguardo l’attribuzione di responsabilità. Un'ipotesi molto diffusa va ad attribuire la colpa dell’attacco a gruppi religiosi radicali che vorrebbero negare alle donne il diritto all'istruzione, come avvenne nel vicino Afghanistan talebano.
Secondo l’agenzia statale iraniana Irna, il 14 febbraio 2022 le associazioni dei genitori si sono riunite davanti al governatorato della città di Qom per chiedere spiegazioni, ma è stata un’operazione senza risultati. Dieci giorni dopo, il viceministro della salute Youness Panahi ha confermato che «l’avvelenamento è stato intenzionale».
A inizio marzo ci sono stati i primi arresti dei sospettati ed è stato proprio il governo di Teheran a darne comunicazione. Nonostante queste brevi notizie, non c’è chiarezza sulla reale situazione. Rimane il fatto che i presidi delle scuole hanno vivamente consigliato ai genitori di tenere a casa le figlie per non rischiare altri avvelenamenti.
Potrebbe trattarsi di un avvelenamento selettivo da parte del governo per bloccare nuove proteste e ridurre i diritti femminili o di un complotto bottom-up (dal basso verso l’alto) perpetrato da gruppi radicali per scatenare disordini e poter tentare un colpo di Stato. Le ipotesi rimangono in sospeso fino a quando le agenzie di Intelligence non riusciranno a fare luce sui fatti.
di Elena Pinton
Qatargate: uno scandalo mondiale
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- Creato Venerdì, 23 Dicembre 2022 18:28
- Ultima modifica il Martedì, 10 Gennaio 2023 17:32
- Pubblicato Venerdì, 23 Dicembre 2022 18:28
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Lo scandalo che prende il nome di Qatargate, l’inchiesta che ha travolto la Fifa e il Parlamento Europeo, non è solo una storia di sport e corruzione. A leggere le cronache di molti giornali sembra quasi che lo scandalo sia scoppiato adesso. Le accuse di corruzione e di accordi con il Qatar nel Parlamento europeo, culminate con l'arresto della vicepresidente dell'Europarlamento, la greca Eva Kaili, e il coinvolgimento di diversi esponenti politici, anche italiani, non rappresentano una novità. Basta riprendere l'intervista dell’ex presidente della Fifa Blatter al giornale elvetico «Tagers Ainzeger il quale raccontava come tutti i vertici internazionali si fossero trovati d'accordo sul fatto che i mondiali 2022 avrebbero dovuto svolgersi negli Stati Uniti dopo quelli organizzati quattro prima in Russia: una scelta strategica a livello geopolitico. All'ultimo momento, Platini, numero uno della Uefa, puntò invece sul Qatar. Un paese senza alcuna cultura calcistica e senza infrastrutture adeguate. A far cambiare idea al tre volte pallone d’oro francese fu la pressione esercitata dal presidente transalpino Nicolas Sarkozy che aveva un accordo con il principe ereditario del Qatar, Tamin bin Hamad al-Thani. Gli sceicchi acquistarono jet da combattimento francesi per 14,6 miliardi di dollari, in cambio del voto favorevole di Platini per l’assegnazione dei mondiali in Qatar. Da lì a breve la Qatar Sports Investment che ha acquisito il PSG nel 2011.
Un accordo che andava ben oltre gli aspetti sportivi e commerciali. Il Qatar ha deciso di investire nel calcio per aumentare la sua visibilità e il suo peso all’interno dello scacchiere geopolitico mondiale. L’emirato arabo ha passato gli ultimi 15 anni a creare la nazionale perfetta a suon di oriundi, utilizzando la regola che permette di naturalizzare calciatori (che hanno superato i diciotto anni) che per cinque anni hanno giocato nel Paese e che non hanno giocato mai nella loro nazionale d’origine, selezionando ragazzi da 16 diversi paesi, in particolare dall’Africa, facendoli sfidare tra di loro nelle “Aspire Academy”, in stile reality show. Già nel 2011 alcuni alti funzionari della Fifa iniziarono a sollevare dei dubbi sulla regolare assegnazione del Mondiale del 2022. Nel 2014 la rivista Sunday Times pubblica una serie di mail e di bonifici, i quali sarebbero indirizzati ai dirigenti Fifa per sostenere la candidatura del paese arabo ai Mondiali. Non solo il mondiale più discusso, ma anche il più costoso di sempre: 220 miliardi di euro spesi dal Qatar per costruire gli stadi, ovvero oltre il 10% del PIL italiano. Le condizioni di lavoro eccessive hanno portato alla morte di oltre 6000 operai, quasi tutti di manodopera estera. I mondiali in Medio Oriente avrebbero potuto rappresentare una svolta verso la democratizzazione e invece hanno rappresentato l’espressione del potere autoritario.
di Daniele Leonardi
Dare voce alle donne in Iran
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- Creato Mercoledì, 30 Novembre 2022 18:25
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Ha fatto il giro del mondo la scelta dei calciatori iraniani di non cantare l’inno nazionale prima della partita contro l’Inghilterra. Nell’incontro successivo con il Galles, i calciatori asiatici sono stati costretti a cantarlo su pressione del governo iraniano. Alcuni tifosi hanno iniziato a fischiare, altri sono scoppiati in lacrime. L’uscita della nazionale dal mondiale è stata accolta da festeggiamenti nelle strade. Quella in Iran è diventata un’insurrezione popolare che è sfociata in una serie di esecuzioni. Donne e uomini cantano e ballano insieme nelle strade, nelle piazze e nelle metropolitane di Tehran, anche se è vietato. La video blogger di 16 anni, Sarina İsmailzade, uccisa il 23 settembre a manganellate in testa, aveva riassunto il sentimento popolare in un suo video-clip sul suo canale YouTube: "Non siamo come la generazione di 20 anni fa che non sapeva cosa fosse la vita al di fuori dell'Iran. Ci chiediamo perché non possiamo divertirci come le adolescenti di New York o Los Angeles". Shervin Hajipour è un cantante iraniano, arrestato dal regime per aver pubblicato un video di una canzone, le cui strofe sono dai testi dei tweet in sostegno della lotta delle donne iraniane. Nei giorni scorsi si è celebrata la giornata contro la violenza sulle donne, quelle stesse che per scendere in piazza, in nome della libertà, combattono contro stupri e abusi. Gli stessi che vengono attuati nelle carceri femminili. La brutalità di queste azioni è stata ripresa dalla Cnn. L’Onu ha definito critica la situazione. Il carcere di Teheran è diventato luogo di morte e torture. È stata rinchiusa lì la blogger italiana Alessia Piperno per 43 giorni, salvo poi essere liberata grazie al lavoro di diplomazia del governo italiano e dei servizi d'intelligence.
Da quel 16 settembre in Iran qualcosa è cambiato. La morte di Masha Amini ha innescato un’onda di insurrezione che non si ferma, nonostante, i gruppi per i diritti umani stimano che, ad oggi, almeno 326 persone siano state uccise e circa 14.000 arrestate.
di Daniele Leonardi
Lotta al terrorismo: Italia vs Danimarca
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- Creato Lunedì, 21 Novembre 2022 10:54
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In Italia il testo unficato delle proposte di legge C. 243 e C. 3357 contiene le misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista, proponendo programmi di deradicalizzazione e integrazione socio-culturale dei soggetti coinvolti (c.d. foreign fighters). Tale iniziativa prevede anche l’istituzione di alcuni centri specifici, quali il Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD) e i Centri di coordinamento regionali (CRR).
A tal proposito, la Commissione Europea definisce la radicalizzazione come “un fenomeno che vede persone abbracciare opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di portare all'estremismo violento". In seguito alla risoluzione adottata dal Parlamento europeo in data 25 novembre 2015 in materia di prevenzione della radicalizzazione, l’Italia ha integrato le sue disposizioni giuridiche con il D.L. n.7 del 2015. Il suddetto provvedimento prevede la pena della reclusione da 5 a 8 anni per i c.d. foreign fighters e per chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi all’estero con finalità di terrorismo; inoltre, è prevista la reclusione da 5 a 10 anni per coloro che pongono in essere comportamenti violenti attraverso l’uso di armi da fuoco o di esplosivi. In quest’ambito sono state inserite anche due contravvenzioni: la prima sanziona con pena di arresto fino a 18 mesi e ammenda fino a 1000 euro chiunque introduca, detenga, utilizzi o metta a disposizione di terzi sostanze definite “precursori di esplosivi”; la seconda prevede arresto o ammenda per coloro i quali non segnalino all’autorità preposta il furto o la sparizione delle suddette sostanze.
In aggiunta, sono previste ulteriori aggravanti per il possesso e la fabbricazione di documenti falsi, nonché per i reati di terrorismo commessi attraverso strumenti telematici e informatici. Queste disposizioni sono state affiancate dall’introduzione nell’ordinamento dell’articolo 12, comma 1, del suddetto testo unificato sul delitto di “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”, che prevede la reclusione da 2 a 6 anni per chiunque, consapevolmente, si procura o detiene materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici micidiali, armi da fuoco, sostanze chimiche o batteriologiche con l’obiettivo di compiere atti di violenza terroristica.
Come appena visto, l’approccio italiano risulta essere maggiormente repressivo a differenza di altri Paesi dalla strategia preventiva, tra i quali spicca la Danimarca. A partire dal 2005, la Danimarca si è proposta di trovare misure integrative alla pura repressione dando vita dieci anni più tardi al modello “Aarhus”. Quest'ultimo prevede una rete di collaborazione tra tutti gli attori a livello nazionale, regionale e locale con l’obiettivo di istruire, sensibilizzare e informare la popolazione in merito a rischi e conseguenze di atti a finalità terroristica. La particolarità risiede nella partecipazione su base volontaria, che tuttavia non comporta uno sconto di pena a coloro che hanno abbracciato l’ideologia jihadista. Tale approccio, quindi, non deve essere visto come un’alternativa alle misure detentive, ma si integra nel piano nazionale di lotta contro la criminalità.
Il codice penale danese tratta alla sezione 114 (a-e) i reati quali omicidio, aggressione, sequestro di persona, sequestro illecito di mezzi di trasporto pubblico, violazione grave della legislazione sulle armi e sugli esplosivi, incendio doloso, esplosione e diffusione di gas nocivi, possesso e uso di sostanze radioattive. I suddetti reati implicano un’aggravante fino al 50% della pena massima se commessi a scopo terroristico. Rispetto all’ordinamento giuridico italiano, le pene previste da quello danese risultano meno rigide.
È comunque doveroso sottolineare che il modello danese è stato soggetto a critiche, dato che permette una quasi “eccessiva” integrazione degli immigrati senza fare distinzione tra richiedenti asilo per motivi umanitari e coloro i quali tornano in patria dopo essersi volontariamente inseriti nelle dinamiche del terrorismo internazionale. All’esempio della Danimarca guardano però diversi Paesi europei, a loro volta indecisi su come difendersi dai combattenti jihadisti di ritorno.
di Elena Pinton, Lucrezia Menegon e Matteo Colnago
Iraq, il contingente italiano partecipa all'esercitazione Always Connected
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- Creato Lunedì, 21 Novembre 2022 09:28
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- Pubblicato Lunedì, 21 Novembre 2022 09:28
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Presso l’aeroporto militare di Erbil, il Contingente Italiano schierato in Iraq operante su base Brigata Alpina Julia, partecipa all’esercitazione Always Connected al fine di testare sul terreno le proprie capacità operative, affinare le capacità di Comando e Controllo del proprio personale, testare le procedure, migliorare i collegamenti e l’interoperabilità dei sistemi di comunicazione.
L’esercitazione tecnica a guida italiana, con la collaborazione di americani, ungheresi, olandesi e finlandesi, sotto la supervisione della G6 Branch del Comando, branca responsabile delle comunicazioni, ha coinvolto assetti trasmissivi di tutta la missione ed è rivolta a testare l’interoperabilità degli apparati radio tra equipaggiamenti differenti. I trasmettitori della Task Force C5 (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer, Cyber), su base 2° Reggimento trasmissioni alpino, responsabili di fornire servizi di comunicazione per tutto il Contingente, hanno schierato i differenti assetti in grado di garantire in ogni circostanza, le comunicazioni tra i diversi partner della Coalizione. L’esercitazione si inserisce tra le attività addestrative congiunte, in un contesto di spirito di collaborazione e cooperazione, che si manifesta attraverso il sentimento comune di “soldati in missione”. L’attività, oltre ad aver fornito utili spunti addestrativi, ha rappresentato un’ottima occasione per rafforzare i vincoli di amicizia, conoscenza e di stima tra il personale dei diversi Contingenti. Il lavoro quotidianamente svolto contribuisce al conseguimento di un elevato livello di sicurezza, ad un accrescimento professionale delle unità interessate, indispensabile per assicurare la protezione delle unità che operano nel Kurdistan iracheno.
Tutte le attività svolte in teatro operativo sono condotte sotto il coordinamento e secondo le direttive impartite dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI) che è il Comando di Vertice dell’Area Operativa Interforze ed assolve anche alle funzioni di organismo di staff del Capo di Stato Maggiore della Difesa.
Attentato ad Istanbul: le strategie di coping
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- Creato Lunedì, 14 Novembre 2022 09:53
- Ultima modifica il Lunedì, 14 Novembre 2022 09:54
- Pubblicato Lunedì, 14 Novembre 2022 09:53
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Nel pomeriggio di ieri, domenica 13 novembre, alle 16:20 ora locale (14:20 ora italiana) a Istanbul, in Turchia, un ennesimo attentato ha fatto rinascere la paura del terrorismo.
Ormai è stato accertato che si sia trattato di un attentato, l’esplosione è avvenuta in Istiklal Caddesi, nel quartiere Beyoğlu, zona commerciale molto frequentata, dove si trova anche la sede del Consolato russo.
Secondo i media locali sembra che una donna si sia seduta su una panchina per 40-45 minuti e che all’improvviso ci sia stata un’esplosione, che per ora ha causato almeno 6 morti e 81 feriti accertati. La polizia ha effettuato 22 arresti e nonostante ci siano diverse ipotesi sul mandante, nessuna organizzazione ha ancora rivendicato l’attentato. Tali notizie sono state confermate anche dallo stesso presidente turco Recep Tayyp Erdoğan e dal suo vice Fuat Oktav, che hanno definito tale evento “un vile attentato terroristico” e “un tentativo di intrappolare la Turchia e la nazione turca nel terrore”.
Già da subito sono state diffuse in rete le immagini e i video dell’attacco, dalle quali si può notare come vi siano alcune persone che, in preda al panico, sono scappate, mentre altre invece si sono avvicinate al luogo dell’esplosione per aiutare le vittime a terra. È evidente come la situazione sia stata gestita in modo diverso attraverso le svariate strategie di coping adottate dai superstiti.
Con il termine coping si intende la capacità di un individuo di fronteggiare una situazione diversa o nuova che possa causare panico o stress. Coloro i quali, d’istinto, sono scappati, hanno sicuramente attuato una strategia di coping focalizzata sulle emozioni, si sono dunque fatti trasportare dalla paura e, senza gestire le emozioni negative o rimanere paralizzati sul posto, hanno scelto di fuggire. Hanno quindi messo al primo posto la loro stessa sopravvivenza senza pensare agli eventuali feriti. Tale strategia di solito viene messa in atto per affrontare situazioni apparentemente incontrollabili e risulta efficace nell’immediato, ma nel lungo periodo può avere effetti controproducenti, come la nascita del senso di colpa per non essere stati in grado di gestire diversamente la situazione traumatica.
Al contrario, gli altri hanno avuto una maggiore apertura mentale e autocontrollo e sono stati in grado di far fronte alla condizione di stress e di paura, senza lasciare che il panico prendesse il sopravvento. Dopo aver valutato il problema, si sono prodigati per aiutare i feriti e per chiedere aiuto chiamando i soccorsi. Questo tipo di coping si focalizza sulla situazione e prevede una reazione completamente diversa rispetto a quella spiegata in precedenza. I soggetti riescono a prendere le distanze dalle emozioni e quindi a dominare l’evento, intervenendo direttamente sul problema con azioni volte a ridurre l’impatto e le conseguenze negative. Le prime azioni di assistenza sono una pura risposta al disastro (disaster relief) e si concentrano sui bisogni immediati e sulla salvaguardia di vite umane, al fine di minimizzare danni e perdite.
Non esiste un modo migliore o perfetto per reagire alla paura, dato che si tratta di uno stato emotivo presente in tutti gli individui, l’importante è imparare a gestire al meglio le situazioni di panico, per mettere al sicuro se stessi e gli altri. In ogni caso, entrambe le strategie fanno emergere un senso di resilienza, che aiuta a superare il trauma e a riorganizzare positivamente la propria vita, senza alienare l’identità individuale.
di Lucrezia Menegon ed Elena Pinton
Il mercato dell’energia e la dipendenza dal gas russo
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- Creato Sabato, 05 Novembre 2022 09:42
- Ultima modifica il Sabato, 12 Novembre 2022 09:22
- Pubblicato Sabato, 05 Novembre 2022 09:43
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La guerra e le sanzioni non bastano a giustificare gli aumenti: l’invasione russa in Ucraina è iniziata lo scorso febbraio, ma i rincari nelle bollette si sono iniziati a registrare i primi di ottobre 2021.
L’aumento delle bollette è dovuto principalmente dall’aumento prezzo del gas, che condiziona il prezzo dell’elettricità. Il gas viene comprato alla borsa di Amsterdam, che ne determina il prezzo.
I prezzi della luce e del gas nel mercato tutelato vengono aggiornati su base trimestrale, mentre, nel libero mercato, cioè il sistema vigente, il prezzo dell’energia elettrica cambia mensilmente.
Il libero mercato è un mercato variabile in cui il prezzo del gas varia in base a tanti fattori, favorendo la concorrenza, spingendo verso l’abbassamento dei costi. Ogni produttore indica quanta elettricità può fornire e a che prezzo. In un momento storico, come quello attuale, caratterizzato dall’inflazione, il prezzo dell’energia è destinato ad aumentare. L’aumento e l’inflazione sono legati alla ripresa dopo la pandemia, la quale ha prodotto uno scenario in cui l’offerta di gas è calata con una crescente domanda. La Gazprom (multinazionale controllata dal governo russo) ha aumentato i prezzi e la Russia ha usato il gas come strumento di pressione all’occidente e in risposta alle sanzioni. Abbiamo iniziato a cercare alternative al gas russo, dapprima nell’Algeria (che non può essere considerata una soluzione anche per la vicinanza geopolitica al Cremlino) e poi sul GNL (Gas Naturale Liquefatto), il quale viene trasportato via mare, rigassificato (riportando il gas liquido allo stato gassoso) e immesso nella rete. Il GNL non può sostituire però il gas russo, poiché l’Italia ha solo tre impianti di rigassificazione, a cui si aggiunge un quarto a Piombino con cui il governo ha stretto un accordo di tre anni, grazie al quale dovrebbe portare la capacità di rigassificazione italiana al 25 per cento della domanda. L’aumento dei costi è dipeso, principalmente, dalla dipendenza dal gas russo, per cui la guerra in Ucraina è solo una concausa. La vera questione è l’indipendenza energetica dell’Italia, e più in generale dell’Europa. In Italia usiamo il gas per produrre più del 40% della nostra elettricità, di cui la metà lo acquistiamo dalla Russia. Il Cremlino ha rappresentato per l’Italia un ottimo partner commerciale, in quanto garantiva l’approvvigionamento energetico a costi agevolati, sia per la grande disponibilità di risorse della Russia, sia per la vicinanza geografica, ovvero, per i costi di trasporto. Ridurre il gas per non azzerare lo stoccaggio è un primo passo, accelerare la produzione delle fonti rinnovabili deve essere la strada da riprendere. Un cammino che si è inceppato negli ultimi anni ma che deve essere ripreso. Questa crisi energetica può spingerci verso una transizione ecologica definitiva per una indipendenza energetica, accelerando un processo che andava avanti troppo lentamente. una vera alternativa ad un sistema non più sostenibile passa attraverso la ricerca e gli investimenti in nuove tecnologie. Le fonti rinnovabili, oggi, non rappresentano ancora una vera alternativa all’acquisto dell’energia perché l’energia eolica e solare non riescono a soddisfare la richiesta in maniera stabile. Carbone e gas naturale rappresentano delle fonti più stabili ma delle strade non più percorribili. Si sarebbe potuto accumulare, in questi anni, l’energia sovraprodotta per ridistribuirla nei momenti di cali, ma la normativa italiana vigente dal 2013 al 2021 non lo consentiva. La nuova legge ha sbloccato questa situazione e le rinnovabili hanno ripreso a crescere, in un contesto che vede l’Italia ultimo in Europa nelle installazioni delle fonti rinnovabili; anche se quest’ultime non possono impedire l’acquisto dell’energia, potrebbero, comunque, ridurre al minimo l’acquisto di energia per diventare indipendenti da un’unica grande fornitura, come quella russa.
di Daniele Leonardi
La guerra dei fondali
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- Creato Venerdì, 07 Ottobre 2022 09:34
- Ultima modifica il Sabato, 12 Novembre 2022 08:36
- Pubblicato Venerdì, 07 Ottobre 2022 09:35
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Sabotaggio a Nordstream. Sembra il titolo di un film, e se lo fosse, farebbe meno paura. Il Nord Stream è un gasdotto sottomarino lungo 1.224 km, composto da due condotti paralleli. Parte da Vyborg, in Russia, e arriva a Greifswald, in Germania, dove si collega alla rete tedesca e al resto d’Europa. Il gasdotto Nord Stream è stato danneggiato disperdendo nel Baltico ingenti quantità di gas naturale. Dalla notte del 26 settembre si registrano perdite di gas nel Mar Baltico lungo i gasdotti sottomarini Nord Stream 1 e 2 che trasportano il gas dalla Russia alla Germania.
Entrambi i gasdotti in questo periodo non funzionavano. Ad agosto, il colosso del gas russo Gazprom ha chiuso il Nord Stream 1 dopo mesi in cui ha funzionato a capacità ridotta. La chiusura è stata motivata ufficialmente dalla necessità di fare lavori di manutenzione. Alcuni paesi, però, sostengono che si possa trattare di una ritorsione della Russia in risposta alle sanzioni dell’Unione Europea. Il Nord Stream 2, invece, non è mai entrato in funzione, in quanto il governo tedesco ha sospeso l'iter di certificazione dopo il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass da parte di Mosca. È evidente come gasdotti e geopolitica siano due facce della stessa medaglia. L’ipotesi di un malfunzionamento sembra non stare in piedi. I sismografi svedesi hanno registrato, nella notte del 26 settembre, tre microsismi che potrebbero corrispondere a delle esplosioni. L’episodio è stato subito strumentalizzato da tutti i leader politici: Volodymyr Zelensky, su Twitter, lo ha definito «un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Ue». Le fonti russe hanno replicato accusando gli Stati Uniti, riportando le parole di Joe Biden del 7 febbraio, prima dell'invasione russa in Ucraina, quando gli Stati Uniti e la Germania hanno minacciato che il Nord Stream 2 non sarebbe stato aperto se la Russia avesse invaso l'Ucraina. Gli Stati Uniti hanno ovviamene negato qualsiasi coinvolgimento, affermando che quelle parole facevano riferimento alla pressione esercitata su Berlino affinché si fermasse l'avvio del Nord Stream 2, cosa poi effettivamente accaduta. In questa corsa al responsabile e in un clima di rimbalzo di accuse, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha messo in guardia dal giungere a conclusioni affrettate. Intanto, mentre le indagini continueranno, gli attacchi alle infrastrutture potrebbero far entra la guerra dell’energia in una nuova fase, ampliando il conflitto in una vera e propria guerra dei fondali che interesserebbe i cavi sottomarini. In prossimità delle coste, infatti, i cavi, fondamentali per le connessioni Internet, sono sepolti sul fondo dell’oceano, in acque internazionali. Il capo di stato maggiore della marina britannica, l’ammiraglio Sir Ben Key ha affermato: “C’è una vulnerabilità intorno a tutto ciò che si trova sul fondo del mare, sia che si tratti di gasdotti, sia che si tratti di cavi internet”. La vulnerabilità è dovuta alla loro posizione: dovendo coprire tutto il mondo, si trovano, perlopiù, in aree remote. I cavi dati trasportano oltre il 95% del traffico internet mondiale. L’intera catena che ruota attorno alla gestione dei cavi sottomarini è nelle mani del settore privato. Attualmente, i quattro maggiori fornitori sono Alcatel Submarine Networks (Francia), SubCom (Stati Uniti), NEC (Giappone) e il Huawei Marine Networks (Cina). Non è una minaccia nuova, visto che sabotare cavi sottomarini è un classico, ma ora è più urgente incrementare la loro sicurezza. La Russia, da sola, potrebbe attaccare solo la rete dei fondali che collega i paesi baltici con il resto d’Europa. Il vero pericolo sarebbe la Cina, la quale sta aumentando gli investimenti nelle infrastrutture digitali per rispondere alla pressione di Washington, che sta ostacolando i progetti di espansione di Pechino. I cavi sottomarini si trovano spesso a meno di 100 metri sott’acqua e richiedono un sottomarino o un veicolo senza pilota per piazzare esplosivi nei punti critici della rete. Sebbene siano pensati e strutturati per non interrompere la connessione in caso di sabotaggio, manomettere dei cavi sottomarini potrebbe essere la soluzione più facile ed efficace per un attacco internazionale.
di Daniele Leonardi
I nuovi sottomarini U212 NFS della Marina Militare
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- Creato Giovedì, 13 Gennaio 2022 13:57
- Ultima modifica il Giovedì, 13 Gennaio 2022 14:25
- Pubblicato Giovedì, 13 Gennaio 2022 13:57
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Il giorno 11 gennaio 2022 si è tenuta presso il Cantiere Integrato Fincantieri di Muggiano (La Spezia) la cerimonia di varo della fase produttiva dell'U212 NFS. Il programma sarà gestito tramite l'OCCAR, che con 20 anni di esperienza ha una comprovata esperienza nel soddisfare e superare le richieste dei suoi Stati partecipanti nello stabilire nuovi programmi e fornire nuove capacità di difesa. OCCAR assicurerà che lo sviluppo del Programma sia in linea con i più avanzati criteri di System Engineering, Through Life Management, Risk Management e Qualità. Ciò contribuirà a portare il programma alla ribalta dell'attenzione internazionale. Già il 29 novembre 2021, presso la sede della Divisione Programma U212 NFS (Near Future Submarine) a Roma, il Direttore dell'OCCAR ha presentato l'organizzazione e ha fornito una panoramica del portfolio dei Programmi. Si è concentrato sul Programma U212 NFS, le relazioni in corso con le Organizzazioni Partner Internazionali (nel Defence Cooperation Framework) e le opportunità future. Il programma U212 NFS (Near Future Submarine) è il progetto sottomarino più ambizioso e innovativo intrapreso dall'Italia. La proprietà intellettuale dell’U-212 NFS appartiene alla stessa Fincantieri, quindi il progetto garantisce il ritorno alla progettazione e produzione sovrana di sottomarini AIP dell'industria italiana. Il Programma U212 NFS potrebbe integrare ulteriori Nazioni partecipanti che desiderano cooperare nel settore sottomarino, comprese quelle che attualmente non sono Stati membri dell'OCCAR. I nuovi sistemi innovativi saranno anche adattati in vista del retrofit di unità precedenti. Il progetto è un’evoluzione del programma U212A, condotto in collaborazione con i tedeschi di Thyssenkrupp Marine Systems (Tkms), che ha portato alla realizzazione dei sottomarini– “Todaro”, “Scire'”, “Venuti” e “Romei”, consegnati da Fincantieri tra il 2006 e il 2017 – e di sei tedeschi. I 4 nuovi sottomarini U 212 NFS rimpiazzeranno i classe SAURO 3a e 4a serie (PELOSI, PRINI, LONGOBARDO e GAZZANA PRIAROGGIA) ancora in servizio per mantenere la componente subacquea costituita da 8 unità (come previsto anche dalle “Linee di indirizzo strategico” 2019-2034 della MM).
I COMPITI ASSEGNATI- Il Programma U212 NFS svolgerà quotidianamente molti compiti diversi a beneficio dell'Italia, della NATO e della UE. I compiti spazieranno dalle missioni puramente militari alle operazioni relative alla sicurezza delle rotte di approvvigionamento energetico (per la presenza di risorse dei fondali marini o alle infrastrutture sottomarine), alla difesa delle frontiere esterne e salvaguardare le infrastrutture marittime, comprese le infrastrutture essenziali offshore e subacquee, alla libertà di navigazione, all'antipirateria, al rispetto del diritto internazionale, alla lotta al terrorismo.
I COSTI- Il valore complessivo del contratto per i primi due battelli, che dovrebbero essere consegnati rispettivamente nel 2027 e nel 2029, comprensivo di supporto logistico decennale, è di 1,35 miliardi di euro. Il contratto copre anche l’opzione per una seconda coppia di battelli, da consegnare successivamente. Il valore complessivo della commessa raggiunge quindi i 2,3 miliardi.
PRIMA BATTERIA AGLI IONI-LITIO INTRODOTTA SU UN SOTTOMARINO EUROPEO- Mentre l'U 212A monta una batteria al piombo (EnerSys-Hawker (Hagen), in Italia è stato avviato un programma militare di ricerca sulle batterie agli ioni di litio. Non occuperà un volume maggiore di quello occupato dalla batteria al piombo. La tecnologia LiFePO4 (Litio Ferro Fosfato) garantirà più stabilità alle alte temperature e ai vincoli meccanici, aderendo ai requisiti di sicurezza militare per quanto riguarda la prevenzione dei rischi incendio ed esplosione. La futura batteria LiFePO4 sarà composta da un certo numero di celle da 65 Ah collegate in serie e racchiuse secondo un numero indeterminato in una cassa di acciaio inossidabile. Il suo ruolo sarà quello di fornire protezione antiurto alle celle e di assicurare un gradiente di temperatura uniforme. Un circuito di raffreddamento attraversa ogni scatola, con l'aggiunta di dispositivi di sicurezza passivi e attivi. Temperatura, corrente e tensione sono monitorate per poter isolare celle che registrano scostamenti di funzionamento eccessivamente grandi dal range di funzionamento della batteria, al fine di proteggere le celle adiacenti. Sono state adottate misure contro l’invecchiamento chimico e meccanico. La batteria beneficerà di un’architettura aperta. Il LiFePO4 nasce all’Università del Texas nel 1996 come un materiale catodico per le batterie al litio. Garantisce i seguenti vantaggi: una bassa corrente di auto-scarica; la vita media supera abbondantemente i 2.000 cicli completi di vita utile; una ottima stabilità in tensione; effetto di AGING relativamente basso anche ad alte temperature; celle commercialmente disponibili in diversi formati. Gli svantaggi: l’energia specifica di un accumulatore LFP è inferiore a un accumulatore LiCoO2; possono subire dei malfunzionamenti se scaricate più del 66%, quindi è consigliato un periodo di rodaggio che però, con nuovi catodi, non è più necessario. Le batterie LFP soffrono durante la ricarica rapida, ma i nuovi catodi, permettono correnti di carica pari anche di 5-7 volte la capacità nominale.
CAPACITA' DI NAVIGAZIONE IN IMMERSIONE- I battelli a propulsione air independent, per il loro contenuto tecnologico, hanno spostato gli equilibri tra unità nucleari e convenzionali creatisi nel dopoguerra (a favore di questi ultimi). Tuttavia anche con questa nuova tecnologia un SSK AIP non competerà con un SSN in velocità data la differenza di potenza installata. Gli U212 già oggi garantiscono una autonomia in immersione che gli consente di operare per almeno due settimane (ormai 3!) in immersione senza snorkel, valore 6-7- volte superiore a quello di un sommergibile convenzionale senza AIP. Per sottomarini di quelle dimensioni due-tre settimane continuative in mare sono considerabili il massimo sostenibile dall’equipaggio, sufficienti per l’espletamento di operazioni in bacini come il Mediterraneo. L’autonomia in immersione degli NFS sarà di circa 30 giorni. Le nuove celle a combustibile più piccole e potenti consentono di installarne di più nello stesso spazio; con un sottomarino più grande, si può generare con le sole celle a combustibile potenza per navigare a 10-12 nodi senza l’ausilio delle batterie che, essendo al litio-ferro, sono più piccole di un terzo delle attuali; quindi, se ne potrebbero installare il triplo accoppiate ad un motore/ generatore di una potenza adeguata, garantendo spunti di velocità importanti.
CLIMATIZZAZIONE- Gli U212 NFS utilizzano un nuovo sistema di condizionamento per le operazioni in acque e climi tropicali, come l’Oceano Indiano, nell’ambito nel bacino di operazioni previsto dal “Mediterraneo Allargato”.
IL SISTEMA PROPULSIVO: DIESEL-ELETTRICO + FUEL CELL POLYMER ELECTROLYTE MEMBRANE- Gli U212 NFS manterranno lo stesso schema propulsivo diesel/elettrico delle piattaforme U212A:
- il motore diesel MTU 16VTB396 SE84 da 3120 kW accoppiato all’alternatore Piller (l'opzione è tra una versione più potente dell’MTU 16V396, di Tipo 209 PN / Tipo 214 da 2692 CV / 1980 kW o conservare l'MTU 12V4000 (2012 CV / 1500 kW) del Tipo 212 CD. Sarebbe conveniente che l’incapsulamento dei motori diesel previsto per i sottomarini svedesi del programma A26 e anche per il Tipo 212 CD sia adottato anche dal 212 NFS.
- il motore elettrico a magneti permanenti Permasym da 2850 kW,
- il complesso di celle a combustibile fornito dalla TkMS e basato sulle Fuel Cell di tipo PEM (Polymer Electrolyte Membrane) Sinavy Siemens da 272 kW di potenza elettrica,
- sistema di stoccaggio e gestione dell’energia scaturito dal progetto ‘Far Seas’ del PRNM.
SOLLEVAMENTI NON PENETRANTI CALZONI-L3 HARRIS- Avranno un nuovo design della falsatorre, attuatori elettrici per tutti i sollevamenti degli alberi presenti. Saranno sollevamenti non penetranti nello scafo (eccetto che per il periscopio d’attacco con una visione diretta dell’esterno) del tipo (E-UMM, Electric-Universal Modular Mast) forniti dalla Calzoni, facente parte del gruppo statunitense “L3Harris”, soluzione già adottata in via parziale sui battelli classe Todaro e diffusa sui sottomarini nucleari della US Navy.
IL RIVESTIMENTO ANECOICO “STEALTH” A BASE DI META-MATERIALI DEI NUOVI U 212 NFS- I meta-materiali sono composti macroscopici costruiti artificialmente, costituiti di celle elementari che possono avere disposizione periodica o anche non periodica, ma che devono soddisfare la condizione di avere dimensioni molto più piccole della lunghezza d’onda della radiazione con cui interagiscono. Il meta-materiale è un mezzo artificiale che dal punto di vista elettromagnetico, esibisce proprietà che vanno al di là di quelle possedute dagli ordinari mezzi naturali. Dopo le oramai innumerevoli applicazioni aeronautiche, si avvicina a grandi passi anche l’utilizzo di questa tecnologia anche nei mezzi subacquei.
IL TRASPORTO VEICOLI SUBACQUEI AUTONOMI (AUTONOMOUS UNMANNED VEHICLES, AUV)- Sono in grado di estendere le capacità esploranti ISR occulte dei battelli grazie alla possibilità di tali veicoli di poter imbarcare suite di sensori ed operare in ambienti operativi non permissivi e ostili senza mettere in pericolo la piattaforma madre, o operare in bassi fondali ed acque ristrette. L’U212 NFS (come i 212A), disporrà di capacità di supporto all’impiego degli operatori del Gruppo Operatori Incursori (GOI).
LE ARMI IMBARCATE- Il nuovo “NFS” sarà dotato di sei tubi da 533 mm per i siluri pesanti Leonardo Black Shark Advanced (BSA) e missili da crociera per attacchi terrestri e UUV. Il Black Shark Advanced (BSA), evoluzione dell’A184, utilizzando i più avanzati sistemi ECCM e sonar. I progressi subiti dal motore elettrico e batteria hanno garantito un aumento di portata e velocità. Il nuovo BSA armerà già le classe Todaro, con circa 80 siluri attesi e i nuovi Pattugliatori classe Paolo Thaon di Revel (versione full), con due lanciatori sotto il ponte di volo. I nuovi missili cruise in dotazione agli u212 NFS saranno o il TOMAHAWK o lo SCALP NAVAL (al momento favorito) che garantirebbe una maggiore autonomia.
IDRODINAMICA MIGLIORATA ED ESTENSIONE DELLO SCAFO- L’idrodinamica migliorata dello scafo Tipo 212 NFS trarrà vantaggio dal Propeller Boss Cap Fins (PBCF) e una nuova forma delle barre di immersione; l’acqua che scorre lungo lo scafo viene pre-turbinata prima di raggiungere le pale del propulsore al fine di ridurre il rumore generato dalla cavitazione. La prua del Type 212 NFS sarà ridisegnata per aumentare la discrezione acustica dai sonar multi-statici. L’acciaio dello scafo sarà italiano e non più tedesco, ma sempre amagnetico, con limite elastico alto (HY100) per poter sostenere immersione operativa compresa tra 350 e 400 metri. Il Tipo 212 NFS otterrà l’allungamento dello scafo da 55,9 a 57,2 metri rispetto all'U 213/212, in corrispondenza della falsatorre e della camera di manovra che a partire dai moderni tipo U212A viene denominata CIC (Combat Information Centre). Mentre in totale la lunghezza dei nuovi sottomarini raggiungerà i 58,3 metri; il dislocamento in immersione raggiungerà le 1.750 tonn. L’allungamento incrementerà anche gli spazi per le casse del combustibile e quindi l’autonomia della piattaforma con il sistema propulsivo diesel/elettrico.
APPARECCHIATURE ECM, ECCM, ESM PRODOTTE DALL'ITALIANA ELETTRONICA SpA- Il contratto prevede la consegna di 2 sistemi per il primo lotto di due sottomarini più altri 2 sistemi come opzione per i lotti successivi. “Elettronica SpA” è già fornitrice degli apparati di Guerra Elettronica per i Programmi FREMM e PPA gestiti dall’OCCAR. La capacità di gestire lo Spettro Elettromagnetico attraverso l’utilizzo di sistemi di Difesa Elettronica supporta la capacità del sottomarino di operare in aree ostili ad alto rischio, in operazioni conflittuali e di peace-keeping. Il Sistema si integra funzionalmente e svolgerà compiti di auto-protezione, sorveglianza ed intelligence.
ANTENNE- I nuovi sottomarini disporranno di un’antenna RESM/CESM integrata, avanzata con elevate prestazioni, con dimensioni compatte e forma stealth, e con due ulteriori antenne: una di sorveglianza e scoperta nel campo radar e una di allarme.
IL NUOVO COMBAT MANAGEMENT SYSTEM LEONARDO “ATHENA MK.4”- Il Leonardo’s “Athena”® Combat Management System è una soluzione per la gestione avanzata del combattimento, modulare e scalabile. E' operativa su tre pattugliatori della Marina militare lituana classe FLYVEFISKEN (ordinativo di un programma di ammodernamento della Marina militare lituana per adeguare le proprie forze navali agli standard NATO); ed ha già equipaggiato unità navali maggiori e minori della Marina Militare italiana e degli Emirati Arabi Uniti.
IL CENTRO DI ADDESTRAMENTO E I SIMULATORI A TARANTO- La realizzazione di nuovo centro d’addestramento con simulatori dedicati sarà presso la Scuola Sommergibili della Marina Militare Italiana a Taranto.
di Antonio Frate
Suicide bombers in the new context of asymmetric warfare
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- Creato Venerdì, 04 Giugno 2021 10:26
- Ultima modifica il Venerdì, 04 Giugno 2021 10:28
- Pubblicato Venerdì, 04 Giugno 2021 10:26
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The nature of contemporary conflicts has changed from traditional territorial conflicts between states, to conflicts between states and non-state actors with enormous disparity of means and with aims different from the conquest of territories. 'Asymmetric warfare' is an undeclared conflict, with considerable disparities in military or financial resources and in the status of the two contenders. Through the influence of Chinese strategic thinking in the 1990s, the term 'asymmetrical warfare' took on the meaning of a conflict conducted with scarce resources and unconventional methods of warfare to fill its military, technological and financial deficiencies, transforming weaknesses into strengths in order to hit the opponent where he does not expect it and create strong psychological shocks.
The strategic debate was influenced in particular by the literary success of the classic "Art of War" by Sun Tzu and above all by the book "War without limits: the art of asymmetrical warfare between terrorism and globalization" published in 1999 by Qiao Liang and Wang Xiangsui, two upper colonels of the Chinese Air Force.
Liang and Xiangsui indicated in the 1991 Gulf War the beginning of a mutation in the nature and function of war. War could be waged in any field: political, technological, commercial, financial, cultural or media, especially by combining and adding other methods to military methods in a hybrid way, in order to multiply the lethal effects, causing enormous damage.
The attacks of 11 September represent the definitive affirmation of the term asymmetrical warfare. In an asymmetrical conflict, heterogeneous parts fight: the protagonists, state or not, have unequal forces, are equipped differently, use different means and methods, pursue different aims. Asymmetry, therefore, consists in acting, organizing and reflecting differently from the opponent in order to maximize their strengths and take advantage of the weaknesses of the opponent. The belligerents who suffer from a strong technological inferiority often have to resort to unconventional weapons such as chemical, bacteriological, radiological, nuclear, improvised devices, and especially suicide martyrs.
Therefore, unlike the great majority of traditional war actions and the same majority of those carried out by the "old" terrorism, the tactic on the field of the new terrorism does not provide for the protection, as far as possible, of the life of its combatants, but, on the contrary, for its programmed destruction; in this context, the kamikaze are systems of arms that the commanders do not count on recovering and reusing. They are human containers to be lost, mere vectors of an explosive charge to be conducted on the target. In its dual application to the enemy and to oneself, thus, the human sacrifice from relative becomes absolute.
It is in this context of new terrorism, therefore, that the figure of the kamikaze re-emerges, considered the unconventional weapon par excellence.
di Noemi Genova
The last words of the martyrs
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- Creato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
- Ultima modifica il Lunedì, 16 Novembre 2020 16:16
- Pubblicato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
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«I chose to say with my own body what the Arab leaders could not say. My body is a case of gunpowder that blows up enemies. To the Arab leaders who are watching, I say WAKE UP. Do your duty. It is shameful that Arab soldiers remain asleep while the daughters of Palestine fight. While they go towards their deaths». These are the last words of Ayat Akhras, taken from the traditional video-heading of the 16-year-old human-bomb, born and raised in the Dheisheh refugee camp in Bethlehem. It was recorded before being blown up in the name of the Alqsa Martyrs Brigades on 29 March 2002 in a supermarket on the outskirts of West Jerusalem. Ayat's mother says: «My little star was tender. She was very sweet. She was also always happy. And she was smart. She was one of the best at school. She never felt discouraged. She believed in the one God, Allah, like all of us. But she was modern. Only in public she used to cover her hair with the veil. Just like God wants. But she didn't wear the Jilbab . I didn't know about her contacts with the armed activists. If I'd known, I'd have locked her in the house. And we didn't even know that she had joined the Alqsa Brigades. But here everyone is fighting for our land. Oh, my daughter actually always had an interest in politics. And she cried a lot when she heard about Palestinians being killed by Israeli soldiers. But she was leading a normal life. She loved to study. She was in her high school and always said obsessively that she wanted to continue her studies. She dreamed of becoming a nurse or a journalist».
Another testimony is that of Reem al Rayashi:«Yes, yes, since I was 13 I've dreamed of becoming a martyr and dying for my people», says 20-year-old Reem at Rayashi in her video-heading. «I've always wanted to turn myself into mortal splinters against the Zionists and knock on the doors of Heaven with their skulls. I've always wanted to be the first woman to sacrifice herself in the name of Allah. And my joy will be complete when the parts of my body fly everywhere». Reem was hired by Hamas because she was an adulteress. And leaving her husband for another had stained herself with an unforgivable guilt for Islam. Only by martyrdom she could have regained her honour. On 14 January 2004 she exploded, killing 5 people and injuring 12.
«With this action I have decided to send the occupants the message that there is no security for the Jews on our land. To attack, according to God's will, the arrogants of the damn checkpoint and kill them». These are the words that the woman-lama left written in her spiritual will in a letter to her family. While in a second letter she asks her classmates not to forget at all to grow up, to educate their children in love with the Jihad. «Pray, pray, pray», concludes the text, «so that God will not fail to accept me as a martyr. Fight for the freedom of your country».
Imane and Sanae, 14-year-old Moroccan twins who were born together, decide to die together. And it is by martyrdom that they want to interrupt the life spent on the margins of society, to redeem the miserable existence with a striking gesture. As a kamikaze. «Because they have been too much fascinated by the attack of September 11th in the USA», say friends and acquaintances. Theirs is the classic profile typical of women-bombing: psychological graft poured into a mix of indoctrination and desire to clean up their image. In the neighborhood they are considered prostitutes, women who are now lost. To get by, they make do as they can. They ask for alms, they offer themselves. They don't have any real family behind them.
di Noemi Genova